Storie di ordinaria dittatura: due esempi dal Vietnam

Creato il 05 aprile 2011 da Milleorienti

La parola “dittatura” è fuori moda. In quest’epoca post-ideologica gli Stati – democratici e no – sono tutti “partner”, e nessuno si preoccupa del rispetto dei diritti umani, tema pericoloso se si vuole fare affari con uno “Stato partner”. Salvo poi scoprire che qualche partner non è proprio un fiorellino bensì un massacratore, come ha tardivamente scoperto l’Italia con Gheddafi. Ma non di solo Gheddafi muore la libertà, e il crescente benessere economico può servire a nascondere gravi minacce ai diritti umani. E’ il caso della Repubblica Socialista del Vietnam, accreditata di un grande potenziale di crescita economica fra i Paesi emergenti del futuro, ma pur sempre….quella-parola-fuori-moda, un dittatura.

Cu Huy Ha Vu al processo (foto da Le Monde)

Come dimostra la storia di un uomo coraggioso finito in galera. Si chiama Cu Huy Ha Vu, ha 53 anni, è un avvocato vietnamita e lunedì 4 aprile 2011 è stato condannato da un tribunale di Hanoi a sette anni di carcere per reati di opinione: “diffusione di propaganda contro lo Stato; pubblicazione di articoli; intervista con media stranieri con lo scopo di gettare fango sull’autorità del governo del popolo; messa in atto di una guerra psicologica, domandando la caduta del regime e la messa in atto di un sistema multipartito”. La storia di Vu e il significato politico (e simbolico) della sua condanna è ben raccontata dal quotidiano Le Monde.

Cu Huy Ha Vu non ha la licenza per esercitare l’avvocatura in Vietnam, ma riusciva a farlo attraverso uno studio legale di cui fa parte sua moglie; la sua vera colpa – oltre a quella di aver accusato il Partito comunista di “tutelare solo gli interessi di un’oligarchia” – è quella di avere denunciato personalmente il Primo Ministro vietnamita Nguyen Tan Dung, per avere concesso l’autorizzazione allo sfruttamento di una miniera di bauxite nel Vietnam centrale, un progetto – finanziato dalla Cina – che provoca enormi danni ambientali e mette a rischio la vita di alcune minoranze etniche della zona.

Ma la pesante sentenza emessa dal tribunale di Hanoi va letta anche alla luce di altri due fatti: 1) come un regolamento di conti interno al regime, con l’ala dura del Partito, capeggiata dal Primo ministro, che ha voluto riaffermare una regola ben nota in Cina: libertà di mercato non significa libertà politica; 2) Cu Huy Ha Vu appartiene a una famiglia gloriosa in Vietnam: suo padre infatti era un compagno del leggendario comandante Ho Chi Minh, fu membro del suo governo ed è ben noto anche come poeta; il figlio dissidente è stato quindi trattato alla stregua di un “traditore della rivoluzione”.

Ma è molto significativo anche il legame fra Cu Huy Ha Vu e la comunità cattolica vietnamita. A questo proposito

Cattolici in preghiera per la liberazione di Cu Huy Ha Vu (foto agenzia Asia News)

l’agenzia Asia News ricorda che «…Nei giorni precedenti (il processo, ndr.) decine di migliaia di cattolici hanno partecipato a momenti di preghiera e veglie a sostegno di Cu Huy Ha Vu che, come avvocato, ha spesso difeso cattolici ingiustamente arrestati». Inoltre l’Agenzia scrive che «…Stamane, ore prima del processo, migliaia di poliziotti, in uniforme e in borghese, avevano sbarrato la zona del tribunale per un’area di 500 metri, nonostante il governo avesse detto che il processo sarebbe stato aperto a tutti. Migliaia di giovani hanno manifestato con striscioni e slogan, bollando il processo come una farsa, chiedendone la cancellazione e la liberazione di Vu..
Due giornalisti stranieri hanno ottenuto il permesso di entrare nell’aula, ma senza interpreti. Vietato l’ingresso anche a due familiari dell’accusato, sebbene essi avessero il pass per entrare. Molte persone che volevano entrare sono state arrestate dalla polizia. Fra essi diversi blogger cattolici, giornalisti, avvocati e leader di gruppi giovanili. Almeno due attivisti cattolici sono stati arrestati stamattina presto per evitare che essi guidassero una protesta davanti al tribunale».

L’arresto di Cu ha dunque significati che vanno ben al di là della sua persona e segue di poco un altro arresto, quello di Nguyen Dan Que, avvenuto il 26 febbraio 2011.

Il dottor Nguyen Dan Que

Come denuncia Amnesty International, «Nguyen Dan Que, noto endocrinologo e attivista per i diritti umani (nonché membro della stessa Amnesty, ndr.) è stato accusato di possesso e diffusione di documenti che chiedono il rovesciamento del governo.  Rischia da un minimo di 5 anni di carcere alla pena di morte. L’arresto è avvenuto il giorno stesso in cui il “Washington Post” aveva pubblicato un articolo di Nguyen Dan Que, contenente critiche nei confronti della situazione dei diritti umani in Vietnam». Sull’onda delle critiche internazionali, Nguyen Dan Que è stato poi rilasciato e successivamente riconvocato in commissariato. Il regime, per non dare un’idea di “impunità” del dissenso, ha quindi pensato bene di colpire il meno noto Cu Huy Ha Vu.

Mia osservazione finale: negli anni Sessanta e Settanta si gridava (giustamente) nelle piazze “Vietnam libero!” per protestare contro la guerra americana al popolo vietnamita. Ma oggi bisognerebbe tornare nelle piazze per chiedere al regime Vietnamita di porre fine alla guerra contro il suo popolo.


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