Storie di ordinaria follia-social

Da Pin@ @LaCorteseIrr

Ormai credo che sia universalmente riconosciuto che su Facebook accadano cose da far nettamente invidia alle navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione. Può capitare di trovare gente che asserisce con assoluta convinzione che Kurt Cobain sia vivo, altra che vede e trova assurde testimonianze di globotti!!!111!1! mondiali, buonisti del “ma che male c’è? che c’è di male?” pronti a difendere il diritto di un maiale di mangiare a tavola con i propri padroni.

Il delirio regna sovrano ma in fondo è anche questa la bellezza di un social network: trovare gente che con la testa sta più fuori di un balcone (rotto) innalzando nettamente il tuo ego e facendoti sentire iper intelligente.

Capita, ahimè, che il soggetto di qualche stramberia diventi proprio tu, che stai lì a ridacchiare perché leggi i commenti di un tizio che accusa di maltrattamenti una tizia che ha postato la foto del suo cane durante un normalissimo lavaggio.

Una volta una donna che avevo fra i miei contatti, che non conosco personalmente e con la quale non ho mai interagito, decise di togliermi l’amicizia. Questo terribile gesto fu seguito da un suo messaggio: “Ciao, ti chiederai perché ti ho levato l’amicizia (No, mi chiedevo chi fossi! Che vuoi? Giuro che non sono io ad inviare le notifiche di Candy Crush!), non ho nulla nei tuoi confronti (eh meno male, anche perché vivi in Papuasia, mi verrebbe difficile averti recato danno in qualsivoglia modo) ma non posso sopportare ulteriormente il tono che utilizzi nei tuoi post ( da quando i post di facebook hanno un tono? io sono rimasta alle nuove emoji di whatsapp…aiuto!) e le tante parolacce che scrivi (…rompere le scatole è una parolaccia!? WTF? )”.

Decisi di reprimere l’incredibile Hulk che c’è in me e le risposi scrivendole: ” Non ti preoccupare, me ne farò una ragione”.

Shehulk

Nonostante tutti proclamino a gran voce: <<Non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire>> il mio contatore di amici è diminuito drasticamente dopo essermi lamentata del concorso di Miss Italia, dell’ultimo film di Tarantino (ma non era De gustibus non est disputandum? ), in seguito alla foto con il mio ragazzo (in molti\e speravano che morissi zitella e attorniata da gatti), per aver criticato aspramente la notizia di un prete e le sue assurde e schifose perversioni e per altri motivi strambi che fatico a ricordare. 

Personalmente non amo discutere sotto post di vario genere, né scrivere insulti o offendere chicchessia. Preferisco godermi la mia vita virtuale girovagando pacificamente per il web e mi limito ad esprimere le mie opinioni all’interno dei miei spazi. Purtroppo però un giorno contravvenni a queste mie “regole” e venni accusata in malo modo di essere una persona poco sensibile e mi fu chiesto di porgere pubblicamente le mie scuse.

Non offesi la mamma di nessuno, non pubblicai le foto scattate di nascosto di un fedifrago qualunque, non bestemmiai nessuna divinità, non scrissi parolacce contro alcuno e non mi proclamai omofoba e\o razzista.Mi macchiai di una terribile colpa, e giuro che me ne vergogno ancora adesso nonostante sia passato diverso tempo: “Offesi” un cavallo.   

Il tutto avvenne durante una tranquilla domenica di agosto quando, boccheggiante sul letto a causa del caldo asfissiante, scorrevo distrattamente la mia bacheca Facebook. La mia attenzione fu catturata dalla foto profilo di una mia, all’epoca dei fatti, carissima amica. Nella foto c’era lei sorridente e un bellissimo cavallo nero come la notte e con qualche macchia bianca qua e là. L’immagine era simpatica e sentii l’irrefrenabile impulso di premere il famigerato “mi piace” e  di commentare: ” che belli che siete, hai un cavallo color mucca!”.

L’associazione del cavallo ad una mucca scatenò un’indomita ira funesta da far impallidire il pelìde Achille. Dopo il “mi piace” al mio commento imposto dal bon ton di Facebook, mi arrivò un messaggio privato nel quale mi accusava di essere un’insensibile e “come ti permetti ad offendere il mio cavallo”. Pensai ad uno scherzo e continuai ingenuamente a dirle che aveva un cavallo che ricordava, per via del colore, una mucca: “E’ bellissimo con il suo manto maculato!”. La situazione iniziò a degenerare, si passò rapidamente da un “ma come ti permetti” ad un “sei una stronza, ora scrivi pubblicamente scusa su facebook”. Ero esterrefatta, stavo basita davanti al pc e aspettavo che, da un momento all’altro, calasse dall’alto un telone con scritto: ” Scherzi a parte”. Non calò nulla e nell’arco di 10 minuti mi arrivarono altri due messaggi: uno da parte del fidanzato, un sir Lancillotto dei poveri che venne lasciato con un bel paio di corna qualche mese più tardi,  nel quale mi metteva a conoscenza di quanto fosse vergognoso il mio commento; e un altro da parte di una tizia a caso dove mi invitava in malo modo a chiedere scusa.

Hulk bussava prepotentemente, ma riuscii a mantenere la lucidità per qualche altro minuto e andai a controllare il mio commento: possibile che qualcuno fosse entrato nel mio profilo e si fosse dilettato nello scrivere un turpiloquio al mio posto? In fondo avevo solo commentato bonariamente il colore di un cavallo, facendo anche dei complimenti ad entrambi.

“Che belli che siete, hai un cavallo color mucca!” continuava a troneggiare sotto la foto, nessuna parolaccia, nessuna offesa vera al cavallo. Rilessi le chat e, a parte gli insulti di questi illustri signori, non trovai parolacce e frasi che potessero essere interpretate male. Insomma, nessuno era entrato nel mio profilo e lo aveva utilizzato impropriamente.

Sfinita da tanta assurdità, lasciai Hulk libero di prendere il sopravvento. Il resto lo lascio  immaginare, vi dico solo che non seguirono scuse pubbliche di nessun genere.

Nel tempo tante sono state le vicende  virtuali assurde che ho visto, ma ho imparato a fare la spettatrice poiché nel mondo dei social tanti utenti sono convinti di avere ragione, magari perché hanno letto un articolo sul corrieredelculo.it o perché è la convinzione che frega la gente. E spesso elargiscono le loro sacrosante verità in modo violento e con arroganza e prepotenza.  Lo stare dietro ad uno schermo trasforma completamente alcune persone: il mite omino che non dice parolacce, è capace di offendere in malo modo anche un santone; la dolce omina che somiglia a Biancaneve diventa una strega che elargisce mele avvelenate a chiunque.

Si decanta il rispetto, si inneggia alla libertà di parola, si condividono link e immagini con bambini sofferenti che dovrebbero sensibilizzare gli utenti, si fa a gara con l’hashtag del momento per partecipare ad una causa che non si conosce neanche perché sia nata; ma basta dire che un cavallo ha il manto simile, per colore, a quello di una mucca per scatenare gare di insulti ed eserciti pronti a lanciare messaggi minatori con richieste di scuse.

Non si rispettano le persone -nel caso specifico la povera Pin@- ma si pretendono cose assurde. Che poi… chissà come si chiede scusa ad un cavallo!

E come direbbe Peter Griffin:“Non siamo persone orribili, i cavalli sono persone orribili.”

Pin@


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