Storie di ritratti: Alessandro Conti, da Cavalese alla Tasmania

Creato il 12 gennaio 2015 da Storiediritratti @GianmariaSbetta

Vista la mancanza di informazioni e di esempi nelle nostre valli, abbiamo deciso di effettuare una serie di interviste a giovani come noi che, stufi della monotonia e curiosi di scoprire, si sono lanciati in nuove avventure ed esperienze di vita. Ecco qui la seconda intervista di storie di ritratti: Alessandro Conti, da Cavalese alla Tasmania.

Ciao Alessandro! Sappiamo che hai viaggiato in Australia in questo ultimo periodo, ma fra poco tornerai a casa. Sei felice oppure un po' spaventato di lasciare quella meravigliosa terra?

Non è mai facile tornare a casa dopo un lungo viaggio, però devo dire che lascio questa terra con il sorriso sulle labbra, consapevole di aver vissuto ogni attimo di questa mia esperienza australiana al massimo. Ho avuto la fortuna di conoscere amici incredibili con i quali ho avuto la possibilità di vivere quest'avventura veramente intensamente. Non riesco nemmeno a immaginare un modo migliore per vivere un'esperienza simile. Per questo parto sereno, felice di aver vissuto quest'indimenticabile avventura e felicissimo di riabbracciare la mia splendida ragazza, rivedere i miei amici storici e ritornare nelle mie Dolomiti.

Nei sei mesi scorsi hai vissuto delle esperienze incredibili e condiviso momenti di pura vita con altri ragazzi e ragazze da tutto il mondo. Cosa ti mancherà più di tutto di questa avventura?

A: Il senso di libertà che la vita all'avventura ti regala tutti i giorni. Il non sapere dove esattamente si arriverà. Il viaggiare per il piacere di viaggiare e non di arrivare ad una destinazione prestabilita.

Come ci si sente così lontani da casa e dal proprio paese? Ci sono stati dei momenti più difficili e come li hai affrontati?

Devo dire che sono piuttosto fortunato da questo punto di vista. Credo di avere uno spirito di adattamento piuttosto sviluppato, il quale rende ogni mia avventura un concentrato di entusiasmo e stupore. Inoltre ho la tendenza (positiva o negativa) a vedere veramente sempre il bicchiere mezzo pieno. Questi due ingredienti, più un pizzico di fortuna hanno fatto si che tutto filasse per il verso giusto. La cosa più difficile? Stare lontano da Giorgia. Ah... l'amor!

A noi però piace l'avventura, raccontaci un po' di questa vita alla Kerouc, sempre on the road...

Tutto è partito davanti ad una pinta di "pale ale" durante una delle prime serate passate in uno dei pub di Hobart, dove ho conosciuto alcuni ragazzi che, come me, avevano voglia di prendere e andare. Senza troppe pretese. Senza grandi piani. Ci siamo raccontati le nostre avventure collezionate in giro per il mondo. Storie di treni persi, di risvegli in spiaggia, di autostop di centinaia di chilometri, di nottate in stazione... storie di viaggio. Qualche giorno dopo stavamo prendendo a noleggio un van 5 posti con il quale abbiamo esplorato la costa sud dello Stato del Victoria, tra cui la splendida Great Ocean Road. Ogni volta che si saltava sul van la frase di rito era " On the road again " che, in realtà, suonava un po' piú come un "home sweet home". Sì, perché la strada, il van, erano un po' come casa. Non in senso fisico ovviamente ma nel senso di "heimat" come direbbero i tedeschi, il luogo in cui in quel momento stai bene e ti senti a casa. Non a caso una delle colonne sonore di questo nostro viaggio è stata " I feel good". E così a ritmo di blues e di James Brown abbiamo scoperto uno dei tanti angoli remoti di quest'incredibile globo. Qualche settimana dopo eravamo invece sul ciglio della strada con i nostri zaini con dentro quelle quattro cose indispensabili: la tenda, il fornelletto, l'attrezzatura da arrampicata e due vestiti. Questa volta niente van, ma "climbing trip" in autstop alla scoperta delle falesie più belle della Tasmania. Si viveva lentamente, ma intensamente, si viveva la giornata senza sapere fino a dove esattamente quel passaggio ti avrebbe portato, si conoscevano persone interessanti e si scalava insieme ai climber più pazzi del "southern hemisphere". Ed era bello così, semplice e senza destinazione precisa.

E così dopo queste prime avventure è stata la volta di Sydney, di parte del New South Wales, delle Blue Mountains e dell'entroterra del Victoria. Sempre con il mio zaino, la mia roba da arrampicata e tanta voglia di non fermarsi mai.

Non dimentichiamo però che in realtà hai frequentato un semestre di università. Com'è il sistema universitario in Tasmania, ci sono molte differenze rispetto all' Italia ed in particolare Bolzano?

A: Devo essere sincero... l'università in questi ultimi mesi non era nella top 5 delle mie priorità. Questo perché il sistema universitario australiano mi permetteva di riuscire ad ottenere buoni risultati con uno sforzo decisamente minore rispetto a Bolzano. Il sistema universitario australiano assomiglia un po' al modello americano, dove la valutazione finale è un mix di semplici prove intermedie sparse nell'arco del semestre e un esame finale che, ad uno studente abituato agli esami italiani, faceva solo sorridere. Devo dire che a livello accademico non ho trovato il sistema universitario australiano particolarmente eccellente, però non posso nemmeno lamentarmi, giacché questo mi ha dato la possibilità passare intere giornate a fare surf, a scalare, alla scoperta di luoghi così remoti e incredibilmente affascinanti invece che sui libri.

Hai mai pensato di prolungare (se possibile) la permanenza o il visto e rimanere ancora un po' di tempo dall'altra parte del mondo?

A: Credo che ci sia un giusto tempo per ogni cosa e in questo caso il giusto tempo è proprio un semestre. Come ho già detto sono felice e sereno di ripartire Ho vissuto questi mesi così intensamente da non poter desiderare altro che tornare a casa dove ho lasciato la mia dolce metà.

Sentimentalismi a parte, ripartirò quando qui starà iniziando l'estate quella vera. Tutti i miei amici stanno pianificando viaggi ed esperienze in giro per la pausa estiva e fa ovviamente gola, ma no, non ho mai realmente pensato di prolungare la mia esperienza. Non ho mai pianificato nulla durante questi mesi, perché iniziare proprio ora. ;)

Cosa pensi che ti abbia portato questa magnifica esperienza e a chi la consiglieresti?

Difficile riassumere in qualche riga cosa ti riesca a insegnare un'esperienza simile. Credo di aver imparato in parte il bello della semplicità. Ho conosciuto persone che mi hanno fatto tanto riflettere su quali siano veramente le cose importanti nella vita, sulla velocità alla quale la nostra vita dovrebbe correre (o camminare). Questo viaggio mi ha portato in luoghi talmente selvaggi da non vedere alcuna traccia umana nel raggio di centinaia di chilometri. Luoghi dove l'unico ritmo è quello naturale che, in condizioni così remote, si fa sentire più forte che mai facendoti sentire parte integrante di questo tutto in maniera piuttosto profonda.
A tutti coloro che hanno voglia di avventura, lasciandosi trasportare un po' dal momento, partite quando potete (per un giorno, per un mese, o per una vita).

Dicci l'ultima cosa, ma il viaggio finisce qui?

A: Accidenti speriamo di no! Sarebbe terribile. Io credo che la vita sia un viaggio. O meglio, che la vita vada vissuta come un viaggio. È fondamentale essere trasportati nella vita di tutti i giorni, come in viaggio, dall'entusiasmo e da un senso di avventura e di amore per ciò che si fa. Quindi siate viaggiatori, sempre! (e non turisti!)

Grazie Alessandro! Buon viaggio!

Non perdetevi le altre interviste cliccando qui: storie di ritratti


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :