Queste storie di sogni impossibili, di indiani, di ragazzi, di cercatori d’oro, di uomini soli con se stessi nel momento della prova suprema, oltre la quale nulla può esistere, sono tra le più belle che London abbia mai scritto.
Il pomeriggio passava e sotto l’incubo del Silenzio Bianco i taciti viaggiatori si piegavano alla loro fatica. La Natura ha molti espedienti per convincere l’uomo dei suoi limiti – l’incessante scorrere delle correnti, la furia dei temporali, il sussulto del terremoto, il lungo rullìo dell’artiglieria del cielo – ma il più tremendo, il più sconvolgente è la passività del Silenzio Bianco. Ogni movimento cessa: il cielo è limpido, l’aria tersa, il più lieve bisbiglio sembra sacrilegio, e l’uomo diventa timido, terrorizzato al suono della propria voce. Unica particella di vita in movimento attraverso le spettrali distese di un mondo morto, egli trema di fronte alla sua audacia, capisce di essere un verme, e nulla più. Inusitati pensieri si affacciano alla mente non chiamati, e il mistero di tutto il creato lotta per esprimersi. La paura della morte, di Dio, dell’universo lo assale – la speranza della Resurrezione e della Vita, l’anelito dell’immortalità, il vano sforzo dell’essere imprigionata – è allora, se mai, che l’uomo cammina solo con Dio.
…