Storie di vita: l’importanza di ascolto e reciprocità

Da Postpopuli @PostPopuli


di Claudia Boddi

“Ḕ necessario accettare di mostrarsi, davanti a una tale sofferenza, nudo. Occorre avere profondo rispetto per colui o colei che si denuda e bisogna sentire la nudità come occasione, come un dono”.

“Dentro le storie” – libreriadelsanto.it

La prima volta che lessi questa frase – a pagina 93, di “Dentro le storie”, scritto a sei mani da Rosanna Cima, Lorenzo Moreni e Maria Grazia Soldati, nel capitolo secondo, intitolato “Lavorare nella tossicodipendenza con le storie di vita” di Lorenzo Moreni -, la trovai meravigliosa. Lo stesso mi capita ancora tutte le volte che la rileggo perché, al di là delle istanze professionali che mi richiama, esprime il significato profondo che secondo me dovrebbe essere connaturato alle relazioni umane. Ma non è questo, quello su cui oggi voglio soffermarmi. Attraverso gli spunti che derivano da questo libro, voglio invece porre l’attenzione sull’importanza delle storie di vita.

Se ci pensiamo, la narrazione di una storia (di vita, propria o altrui) – e di conseguenza l’ascolto, quello non giudicante ed evocativo, quello rimesso in circolo nella relazione, che fa risuonare, incoraggia e custodisce – consente di aprire un tempo e uno spazio interno in cui riconoscersi e ritrovarsi, favorendo l’ingresso verso un orizzonte nuovo che tenga conto del passato, del presente e del futuro. Questo accade perché dando voce all’esperienza “si liberano ricordi e memorie , si affronta il tema dell’identità attraverso la rievocazione di come si è stati nel passato, come si è nel presente e come si desidera o si desiderava essere nel futuro.” Il passato cui gli autori si riferiscono è quello che esiste solo in relazione al presente attuale, non come eventi dati in sé, ma come significati e vissuti che ad essi vengono attribuiti.

Inoltrarsi nella narrazione di sé, nell’ascolto delle storie sospinge a rileggersi come soggetto di un’esperienza per prendere coscienza di se stessi sul piano percettivo, emotivo e intellettivo. Come nelle parole di Moreni: “[…] partire dalle emozioni per trovare un legame di senso con la propria storia ed è anche per questo che l’ascolto di sé risulta importane”. Il processo che anima le storie vive infatti del concetto di reciprocità poiché attraverso l’ascolto degli altri è possibile entrare nella propria storia: sentimenti e immagini non si esauriscono nell’individualità ma si accedono in un contesto di relazione.

“La storia acquista il potere di modificare la vita quando da autobiografica diviene storia a due: condivisa, composta, osservata, costruita”.

Entrare in contatto con la propria storia significa dare una chance in più allo sviluppo della propria essenza interiore. Vuol dire risentire emozioni, ascoltando parti di sé “in un delicato tentativo di investigare le origini e le ragioni ultime della propria identità.” Raccontare non ha quindi lo scopo di ripetere cronologicamente gli episodi accaduti. Al racconto è affidato il compito di entrare nella soggettività, dando voce all’anima.   

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