Storie (IX). "Il tallone di Achille..."

Creato il 25 dicembre 2012 da Lucabilli
Strepsiade sarebbe arrivato a Tebe il giorno dopo e ancora non sapeva come avrebbe ucciso Achille piè veloce. L'aedo che aveva cantato la storia dell'ira di Achille - Strepsiade lo aveva conosciuto, vecchissimo e cieco, e aveva imparato da lui quei bellissimi versi - si era fermato al momento della morte di Ettore, facendo comunque capire che a quel punto sarebbe inevitabilmente arrivata la morte per il figlio di Teti. A sua volta l'aedo che aveva raccontato la presa di Troia - quello che aveva inventato la storia del cavallo - presupponeva la morte di Achille, tanto che tra i combattenti di quella notte fatale aveva inserito Neottolemo, il figlio dell'eroe. Quindi Achille era morto prima della caduta di Troia, ma non si sapeva come. Gli aedi della Tessaglia cercavano di far passare la versione secondo cui Achille sarebbe stato ucciso da una folgore di Zeus; il piè veloce era l'eroe della loro terra ed era naturale che vantassero per lui un uccisore divino. A Strepsiade questa storia non piaceva, la considerava troppo banale: un eroe invincibile poteva essere ucciso soltanto dal fuoco, ma quell'espediente lo avevano già usato con Eracle. Comunque sia, Strepasiade era stato a Tebe un anno prima e aveva promesso che la prossima volta avrebbe cantato la morte di Achille, ma si stava avvicinando alla città di Cadmo e non aveva idea su come risolvere il problema.
Prima o poi - rifletteva Strepsiade, mentre camminava da solo nel bosco - dovremo riunirci tutti noi aedi e definire una volta per sempre questi punti fondamentali. Certo ogni aedo poteva cambiare l'altezza del cavallo o il catalogo delle navi, tanto il pubblico non si ricorda mai i numeri. Non è necessario neppure definire esattamente l'ordine dei viaggi di Odisseo: al pubblico importa poco se ha incontrato prima Polifemo o Circe. Ma ci sono cose su cui bisogna trovare un accordo, ad esempio la morte di Achille.
Strepsiade pensava a queste cose, quando sentì una fitta improvvisa al tallone sinistro, si piegò e fece cadere la cetra. Mentre si toccava il tallone dolorante, all'improvviso uscì dai cespugli un ragazzo vestito di stracci: fu come un fulmine, afferrò la cetra caduta e cominciò a fuggire. L'aedo, superata la sorpresa e capita la situazione,  si mise a correre inseguendo il giovane ladro, che evidentemente non si aspettava quella reazione. Il ragazzo si voltò e così inciampò in un grosso tronco; Strepsiade ne approfittò e riuscì a prenderlo. "Ti prego, lasciami. Riprenditi questa e lasciami andare". L'aedo riprese la sua cetra, controllò che non si fosse rotta e si sedette ansimando sul grosso tronco. Il ragazzo stava per scappare, ma Strepsiade gli chiese di fermarsi e poi gli domandò: "Ragazzo, cosa mi hai fatto al tallone?". "Ti ho colpito con la mia cerbottana, ma tu come sei riuscito a rialzarti e a correre? Di solito quelli che colpisco cominciano a zoppicare e così io riesco a fuggire". "Ragazzo, sono molti anni ormai che cammino per la strade della Grecia, e sempre scalzo, così i miei piedi sono diventati duri e callosi", e mentre diceva così si toccava il tallone colpito. "E tu, ragazzo, vivi così, derubando i viandanti?". Il giovane abbassò lo sguardo e sembrò in quel momento ancora più giovane. L'aedo gli disse "Tieni questo pezzo di pane". Il ragazzo si sedette anche lui sul tronco e cominciò a mangiare, in silenzio; Strepsiade rimase in silenzio, continuando a toccarsi il tallone.
"Ragazzo, sai chi è Achille piè veloce?". "Certo, un giorno un cantastorie è venuto nel villaggio dove vivevo e ha raccontato che ha ucciso Ettore sotto le mura di Troia e che ne ha trascinato il cadavere, legato al suo carro, straziandolo. Ma poi il vecchio Priamo è andato da solo nell'accampamento degli achei e l'ha supplicato di rendergli il corpo del figlio e il piè veloce ne ha avuto pietà, vedendo in lui suo padre". "E sai come è morto Achille?". "No, questo non l'ha raccontato". "Già, non lo raccontano mai. Te lo dirò io. Un giorno, mentre gli eserciti si scontravano come al solito davanti alle porte Scee, Paride prese il suo arcò, si appostò e mirò al tallone sinistro di Achille, perché quello era l'unico punto vulnerabile del suo corpo. La madre Teti infatti lo tenne proprio per il tallone sinistro quando lo immerse nello Stige per renderlo invulnerabile ai colpi dei nemici.". Il ragazzo lo guardò stupito: "Lo hai inventato adesso?". Strepsiade sorrise: "Sì, grazie a te".
Poi continuò: "La tua memoria è buona quanto la tua mira?". "Sì". "Bene, allora ti insegnerò le storie di Achille e di Odisseo, diventerai un aedo. Verrai con me, anzi mi accompagnerai". Strepsiade prese dal suo sacco un pezzo di stoffa e si bendò. "Vedi ragazzo, un aedo cieco guadagna sempre di più, il pubblico pensa che sia più bravo. E adesso dobbiamo guadagnare di più, visto che siamo in due: e questo sarà il nostro segreto. Avanti, conducimi a Tebe, mentre ti racconto ancora come Paride caro agli dei uccise Achille piè veloce. A proposito, ragazzo, qual è il tuo nome?". "Al villaggio mi chiamavano Omero".  

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