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Strage di Brescia: tutti assolti. La fantastica teoria del doppio Stato

Creato il 17 novembre 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Strage di Brescia: tutti assolti. La fantastica teoria del doppio Stato Quella bomba, il 28 maggio 1974, è esplosa da sola. Probabilmente un residuato bellicoche giaceva da oltre vent’anni sotto piazza della Loggia, e che all’improvviso aveva deciso di rianimarsi. Di anni ne sono passati altri 36 da quando quella deflagrazione, che a sentirla ancora oggi nelle registrazioni dell’epoca mette i brividi, pose fine alla vita di 8 persone e ne ferì più di cento. Chi sapeva tutto se n’è andato recentemente. Si chiamava Francesco Cossiga e quando è morto si è alzato il coro delle prefiche alle quali non ci siamo sentiti di unirci perché per noi, il Kossiga con la K, era e resta uno degli ideatori ed esecutori della “strategia della tensione”, il capo di Gladio, il ministro dell’Interno degli agenti “speciali” che freddarono con un colpo di pistola alla schiena Giorgiana Masi su Ponte Garibaldi e che fecero volare fuori dalla finestra della questura di Milano l’anarchico Giuseppe Pinelli, quello dell’altra bomba alla Banca dell’Agricoltura, del treno Italicus e della stazione di Bologna. Semplicemente, se volessimo liquidare la vicenda con una battuta, potremmo dire che l’assoluzione arrivata ieri nell’aula 67 del Tribunale della Corte d’Assise di Brescia, rientra fra i grandi misteri della nostra Repubblica, un modo come un altro per bearci di essere un paese “figo” solo perché riusciamo abilmente a non far venire mai a galla la verità. Ma le cose non stanno propriamente così e se qualcuno volesse comprendere meglio l’Italia di oggi dovrebbe andare a rileggersi le pagine buie dell’Italia di ieri, quelle che molti organi di stampa hanno rimosso da tempo dai loro archivi. Dei quattro ergastoli richiesti dai pubblici ministeri Francesco Piantoni e Roberto Di Martino per i cinque imputati, neppure uno ne è stato accordato. Pino Rauti, ex segretario del Msi, è stato assolto come gli altri. Come Delfo Zorzi (al quale sono stati revocati anche gli arresti visto che  è scappato in Giappone da anni e vive come un rispettato samurai). Come Carlo Maria Maggi, oggi medico in pensione ma allora capo di Ordine Nuovo nel Triveneto. Come l’ex comandante dei Carabinieri Francesco Delfino che all’epoca dirigeva il nucleo operativo di Brescia. Come Maurizio Tramonte informatore e collaboratore dei servizi segreti (mavala!). Tutti innocenti o, come si usa dire oggi nel paese di Mr. B, “tutti colpevoli nessun colpevole”. Continua la vergogna. Continua a non dissolversi quella nuvola ad alto tasso di inquinamento che copre l’Italia da quando in questo paese convivono due Stati, quello che appare e quello reale che interagiscono in un modo talmente forte e coeso che non sappiamo mai da quale siamo governati. Non sappiamo (e non sapremo mai insomma) se a guidarci è lo Stato che nasce dalle elezioni e quindi democratico, o quello sommerso delle logge, dei comitati d’affari, dell’oligarchia politico-economica, delle mafie, della chiesa temporale, dei frati trappisti, degli idraulici tecnologici, dei parrucchieri old fashion o delle mignotte carrozzate Bertone. La nostra maggiore fonte di schizofrenia è quella che arrivati a questo punto, le due forme di potere convivono a volte sovrapponendosi, altre distanziandosi di poco, altre ancora in perfetta simbiosi e sintonia, tanto che uno che vorrebbe solo vivere una vita normale, si ritrova a fare i conti con chi effettivamente lo sta governando in quel momento. Il “merito” di Berlusconi è stato proprio quello di farci capire che quei due Stati, di cui tutti ventilavano l’esistenza ma che nessuno aveva mai provato a chiamare con nomi propri, ci sono davvero, esistono e che, grazie al suo intervento, oggi possono dire di aver trovato il modo migliore di interagire. L’assoluzione di Brescia non è che una delle dimostrazioni che lo Stato legale e quello “clandestino” sono oggi la stessa cosa e che tutti, indistintamente, sono colpevoli di un qualsiasi reato, si chiami evasione fiscale, corruzione, peculato, millantato credito, spaccio abusivo di arti, mestieri e professioni o più semplicemente, favoreggiamento o istigazione alla prostituzione. Che Berlusconi non voglia mollare l’osso è comprensibile e, visto dalla sua ottica, perfino giustificabile. Dopo anni di misteri sulle sue fortune affaristico-finanziarie, tanto che Bossi gliene chiese pubblicamente conto ma oggi ha dimenticato tutto, Silvio ha deciso che il modo in cui ha fatto i soldi sono solo cazzi suoi (mistero più mistero meno in Italia non cambia mai nulla) e che non deve risponderne a nessuno, né da presidente del consiglio né, come vorrebbe tanto, da presidente della Repubblica. E se Saviano dice che a Milano governa la ‘ndrangheta (che nel frattempo ha evidentemente ha soppiantato la mafia e messo in un angolo la camorra) il ministro dell’Interno, che queste cose le sa, si inalbera e pretende il contraddittorio dopo aver elogiato l’operato dei magistrati milanesi che avevano beccato Francesco Valle mentre cercava di mettere le mani sull’affaire Expò. La ‘ndrangheta c’è? La ‘ndrangheta non c’è? Ma non vi ricorda “Sant’Antonio vince san Giuseppe perde” del gioco delle tre carte del fratacchione di C’eravamo tanto amati?

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