Strange Days: quando la distopia diventa ucronia

Da Bangorn @MarcoBangoSiena

Strange Days rimane dopo vent’anni uno dei miei film preferiti di una decade d’oro. Nella mia videoteca personale, era accanto ad altri titoli di quegli anni, come Il Corvo, True Romance e Pulp Fiction, per fare altri esempi, e a ritmo regolare tornavo a guardarli.

La storia partiva il 29 dicembre 1999, in una distopia in cui la droga più in auge è lo squid, un impianto che si interfaccia alla corteccia cerebrale attraverso una specie di caschetto plastico. Con lo squid, si possono registrare scene di vita e farle rivivere all’acquirente. Immaginiamo quindi un apparecchio che ci faccia provare l’emozione di un atleta che vince una gara, ci faccia rivivere i brividi di un soldato in un’operazione militare, fino all’applicazione più estrema nel campo dell’erotismo. Ovviamente, qualcuno pensa di spingersi più in là, e vendere filmati in cui la gente ci rimette la pelle, definiti “blackjack”.

Lo Squid

Il protagonista, o meglio, uno dei protagonisti, è un ex poliziotto, Lenny Nero (Ralph Fiennes) un imbroglione che traffica in dischetti e si strugge per la sua ex, Faith (Juliette Lewis) che ora è diventata la stella promessa di un discografico potente e altrettanto stronzo, interpretato dal villain di quegli anni, Michael Wincott.

Faith e Philo Gant

La Rete, in quegli anni, era ancora sconosciuta, e non immaginavamo che nelle nostre case che sarebbe arrivata a breve. Pensare quindi a un apparecchio come lo squid era ancora affascinante e allo stesso tempo terribile: rivivere la vita di qualcun altro, sentirne le sensazioni, le emozioni e i sentimenti a noi estranei.

Mace e Lenny

Nonostante siano passati vent’anni, come dicevo in apertura, Strange Days è invecchiato benissimo, avendo osato guardare avanti e proponendo personaggi come Mace, l’angelo custode di Lenny, una donna che lavora come autista e bodyguard per chi se la può permettere. Angela Bassett la interpreta in maniera eccellente, accostando ai muscoli delineati e al fisico agile, una femminilità che spesso a Hollywood si dimenticano di lasciare alle donne con un’arma in mano. La Bassett non scimmiotta gli uomini, ritrae invece una donna in grado di difendere qualcuno più debole di lei, come Lenny.
Ed è interessante vedere che per una volta il protagonista non è per forza un McClane, ma le busca per quasi tutto il film, continuando nella sua ricerca, guidato solo dal ricordo che ha di Faith, e della loro vita passata.

Un personaggio da studiare

Ma Strange Days non era una distopia (ora diventata ucronia a causa dell’epoca in cui ambientato che è già passata) con una storia di amore all’interno, anzi, è un thriller che usa bene gli elementi, e sfrutta come perno centrale proprio lo squid. Questo è sicuramente il suo punto di forza, insieme alle scenografie, ai tagli degli abiti, alle musiche, che dopo vent’anni non hanno subito il passare delle mode. Stange Days ha una sua moda interna che rimane attuale, come se avessero visto nel futuro per darci un prodotto che non diventasse obsoleto, almeno dal punto di vista estetico.

Kathryn Bigelow

Come per altri film, e non posso che pensare a Escape from New York, si deve accettare che siano ucronie, non badare che l’anno sia passato, che certe cose siano andate diversamente[1] e goderselo. Sì, perché Strange Days ha ancora tanto da dire, molto più di altri film di oggi.

[1] Sennò a cosa serve il termine “ucronia”?


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