Strategia e geopolitica degli stati barbareschi nel XVI sec.

Creato il 17 settembre 2010 da Cultura Salentina

di Vincenzo Scarpello

La corsa dei barbareschi si inserì nell’ambito geopolitico dello scontro tra le superpotenze europee per il controllo dei traffici mediterranei, in un secolo, il XVI, nel quale il Mediterraneo continuava ad essere il centro delle rotte commerciali che rifornivano l’Occidente, nonostante  la recentissima scoperta del Nuovo mondo. Occorre fornire una visione d’insieme che vede l’espansionismo ottomano, del quale la corsa barbaresca costituì il principale strumento navale, incunearsi nello scontro tra Spagna e Germania da un lato (dapprima con l’unificazione delle due corone nella persona dell’Imperatore Carlo V, e poi con la politica perseguita nei due stati dai suoi successori) e Francia dall’altro, con gli stati italiani a fare ora da teatro di questo scontro, ora a rendersi veri e propri strumenti diplomatici a favore dell’una o dell’altra parte.

Il mutamento geopolitico avvenuto nel secolo successivo, con l’ingresso nel panorama europeo e mondiale di nuove potenze che incentravano sul dominio navale la propria politica di predominio (Inghilterra e Olanda) complicò ulteriormente la già intricata rete di rapporti diplomatici dai quali gli Stati barbareschi seppero sempre trarre un vantaggio immediato.

Da un punto di vista istituzionale gli Stati barbareschi, che costituirono sempre l’avamposto in profondità della politica militare ottomano, quando proprio non assunsero la fisionomia di veri e propri stati vassalli, nacquero in seguito alla cacciata da parte dei re cattolicissimi di Spagna, che avevano da poco concluso l’estenuante opera di Riconquista di tutto il suolo spagnolo, dei mori di Spagna, che costituirono il nerbo dei primi contingenti corsari. Le popolazioni nordafricane ebbero pur un certo rapporto con la pirateria, ma non si era ancora creata quella sinergia tra popolazione dell’interno e ciurme corsare che caratterizzò, con alterni fasi di “idillio” e di scontro, la storia delle Reggenze dell’Africa settentrionale. Il rapporto con i pirati si basava su di un patto di reciprocità, che vedeva gli arabi nordafricani tollerare la presenza sul loro territorio delle navi piratesche, che si rifugiavano nei porti e nelle città di Algeria, Tunisia e Libia, in cambio delle ricchezze scaturenti dal commercio delle prede di guerra, al quale partecipavano anche gli stati “cristiani”, soprattutto nel porto franco di Livorno, e della fiorentissima tratta degli schiavi.

La composizione delle flotte piratesche era oltremodo varia: non si poteva con precisione delineare una fisionomia o una caratterizzazione che non trovasse un punto di sintesi nel solo fatto di essere pirati.

Anche nell’ambito della storia degli stati italiani si può affermare che i corsari assunsero un ruolo strategico, di stabilizzazione del mantenimento di equilibri di potenza consolidati. Se tutti gli stati italiani si proponevano  solennemente di sconfiggere la piaga della corsa, in tutte le circostanze nelle quali si sarebbe potuto definitivamente debellare decisivamente il nemico, gli stessi, per i soliti dissidi e per la politica di reciproca influenza, concessero sempre una via di fuga al comandante corsaro di turno, quando non, come nel caso di Andrea Doria nella battaglia di Prevesa nel settembre 1538, accadde che l’inerzia dei comandanti fu fondamentale per la vittoria delle armi corsare. Proprio per questo motivo la piaga dei corsari non fu mai debellata, pur disponendo i soli stati italiani dei mezzi e degli uomini ampiamente capaci di cancellare le ciurmaglie a servizio dell’Impero Ottomano, contro il quale, e la scarsa volontà di sfruttare vittorie decisive lo dimostra, non fu mai assestato un colpo di grazia in irripetibili occasioni di debolezza e di dissidi interni della compagine ottomana.

Dissidi interni che furono non solo il pretesto di reciproche accuse per gli stati italiani medesimi, ma anche l’occasione per intessere machiavellici rapporti diplomatici tra stati cristiani e reggenze barbaresche, sfociati talora in veri e propri accordi con l’Impero Ottomano, come quello che passerà alla storia col nome di “Empia Alleanza”, ossia quella in funzione antispagnola stipulata tra la Francia di Francesco I e l’Impero Ottomano di Solimano il magnifico nel 1537.


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