Esso ha importanti implicazioni per capire meglio il cosiddetto “Gender Identity Disorder” (GID), ovvero la patologia di cui soffrono, secondo il “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” e “l’International Classification of Diseases”, le persone transessuali. Esso, come stabilisce questo lavoro del professor Simon Baron-Cohen, direttore dell’Autism Research Centre presso l’Università di Cambridge, deriverebbe da forme di autismo, presenti fin dalla giovinezza.
La transessualità è considerata dalla scienza una patologia psichiatrica, anche se è l’unica a non essere curata psichiatricamente perché i tentativi che si fecero negli anni ’60 (con metodi di anni ancora precedenti), non funzionarono. I ricercatori hanno stabilito che sopratutto i “Transmen” (femmine che pensano di essere maschi) mostrano un incremento di 11 volte di tratti autistici rispetto ai maschi tipici. «Noi ipotizziamo», scrivono i ricercatori, «che questo aumento del numero di tratti autistici abbia impedito di essere assimilati in un gruppo di coetanee femmine, facendo gravitare la persona verso i maschi. Questo può anche avere portato a difficoltà di socializzazione in un gruppo di femmine di pari età e una sensazione di maggiore appartenenza da un gruppo maschile, aumentando così la probabilità di Disturbo dell’identità di genere (GID)».
Ma anche per i “Transwomen” la situazione è migliore solo di poco: «all’interno del gruppo di 198 transwomen, ci sono stati 6 individui (cioè il 3%) con una diagnosi di autismo. Questo tasso è circa 3 volte di più che nella popolazione generale». Ma lo studio è concentrato sui “Transmen” e «in conclusione, questa ricerca fornisce la prova che i transmen hanno un elevato numero di tratti autistici», concludono gli scienziati, così che queste persone «credono di avere la mente di un ragazzo nel corpo di una ragazza».