Eppure la cultura laicista, avendo come unica proposta la reazione distruttiva rispetto alla proposta cristiana, cerca sempre la competizione: sono particolarmente fissati nell’informare che loro fanno più filantropia, o comunque dimostrare a tutti i costi che è una loro priorità. Lo si è capito abbastanza bene dopo il terremoto di Haiti nel 2010, quando Richard Dawkins (il guru mondiale degli atei militanti) ha occupato per giorni i quotidiani inglesi raccontando di aver organizzato una donazione “atea” (chiamata “Non-Believers Giving Aid”) attraverso la “Richard Dawkins Foundation for Reason and Science”. Tanto di cappello, verrebbe da dire senonché si è poi scoperto che tutti i fondi raccolti saranno stati inoltrati alla Croce Rossa Internazionale e a Medici senza Frontiere. La domanda è sorta a tutti spontanea: perché non donare direttamente a queste due organizzazioni senza passare per un mediatore? La risposta è stata data qui.
A questo punto diventa divertente ogni tanto scendere al loro livello e leggere i risultati di uno studio sociologico di cui abbiamo già parlato, dove si rileva che i non credenti preferiscono sostenere opere a favore degli animali e della vegetazione mentre i credenti sostengano primariamente Ong (maggiormente non confessionali) impegnate per disastri ambientali, riduzione della povertà, persone con disabilità e progetti per lo sviluppo del bambino. Nel 2011 su “Social Behavior and Personality: an international journal” è stato rilevato invece che a Taiwan, area con un buon mix di religione popolare, ateismo e religioni (buddismo e cristianesimo), gli adulti hanno maggiori probabilità di fare donazioni verso enti di beneficenza confessionali e che le persone non religiose appaiono molto meno inclini a fare beneficenza rispetto alle altre categorie di persone, sopratutto i cristiani. Un mese fa è stato invece rilevato da “Charities Aid Foundation” (CAF) che le persone religiose donano soldi in beneficenza due volte di più rispetto a persone senza fede, e solo il 31% dei donatori religiosi hanno dato soldi ad una attività religiosa. Il direttore di CAF, Richard Harrison, ha dichiarato: «Questi risultati dimostrano che non solo le persone di fede religiosa sono più generose e caritatevoli, ma che la loro donazione non è unicamente focalizzata sui propri enti confessionali. La cultura del “dare” nei circoli religiosi si dimostra ammirevole, un fenomeno che arricchisce in modo chiaro la nostra società».
Luca Pavani