E’ evidente che la maggior parte della gente non ha la possibilità di prepararsi un bagno caldo in casa propria molto spesso: scaldare ogni volta l’acqua nel camino è decisamente troppo costoso e non alla portata di tutti. Per questo, soprattutto a partire dal XII secolo, le città si dotano di stabilimenti pubblici, volgarmente detti stufe, frequentatissimi.
Interno di stufa - miniatura inglese, XIV secolo.
Una città di circa 70.000 abitanti come Parigi, nel 1292, ne conta ben 26, Bruxelles e Bruges 40, Baden Baden (Svizzera) 30; ve ne sono anche a Pisa, Firenze, Roma, Palermo. Persino una piccola città come Salerno ne conta più di una, e molto apprezzate da chi arriva in città da tutta Europa per curarsi.
Almeno in Francia, chi possiede una stufa è associato in una corporazione a parte, che sottopone i bagni a regole severissime, soprattutto per quanto riguarda l’igiene. Infatti, il Livre des métiers compilato verso il 1268 da Etienne Boileau, prevosto di Parigi sotto re Luigi IX, stabilisce: «I maestri che sovrintenderanno il detto mestiere, potranno ispezionare e sturare le tubature e le condotte delle stufe, e controllare se siano pulite, efficienti e adeguate, a causa del pericolo per gli abbeveratoi dove vanno le acque.» Particolare interessante, questo, perché già si ha una qualche coscienza dei pericoli dell’acqua inquinata. Per la stessa ragione, è vietato l’ingresso ai malati e ai lebbrosi: la sorveglianza è affidata a dei chirurghi-barbieri, un modo per tentare di tutelare la salute dei clienti. Sono aperti tutti i giorni tranne la domenica e i giorni festivi. Anche i prezzi vengono fissati. Questa la situazione nel 1380: 2 denari all’ingresso, per usufruire del bagno di vapore, dato che si tratta solo di secchi d’acqua gettati su pietre roventi; per il bagno caldo, 4 denari, perché per scaldare l’acqua servono grandi quantità di carbone o di legna; sauna e bagno insieme, 8 denari; a questo si aggiunga 1 denaro per l’asciugamano. Ma esistono anche degli “sconti”: ad esempio, per due persone che usufruivano di bagno e sauna il prezzo era di 12 denari invece che di 16; oppure, nel 1410, la regina di Francia ricompensa gli artigiani che lavorano per lei offrendo loro un “abbonamento” alle stufe. Per un confronto ricordiamo che, nello stesso periodo, una grossa pagnotta costa un denaro. Possedere uno stabilimento balneare è dunque un grosso affare, cui non resistono nemmeno diversi ecclesiastici. Non si risparmia nulla per attirare i clienti, nemmeno la “pubblicità vocale”! Ogni mattina, per le strade di Parigi, si viene svegliati da questo grido:
Signori che voi andiate a bagnarvi,
a prendere un bagno caldo, senza indugio,
i bagni sono caldi, non c’è inganno!
Si arriva al punto che le autorità parigine devono proibire di “far gridare le stufe” finché non sia sorto il sole.
Calidarium dei cosiddetti "Bagni Arabi" di Girona (Spagna), XII secolo - In realtà si tratta di bagni in stile romanico concessi alla città dal re d'Aragona.
Le stufe, come le terme di epoca romana, non sono puri e semplici luoghi di igiene: come le osterie e la chiesa, divengono, specie nei piccoli centri, luoghi di socializzazione. Alcune offrono anche un “servizio di ristorazione”, si può consumare da mangiare e da bere su una tavola di legno, anche rimanendo nella vasca. Lo storico francese dell’Ottocento Joseph Garnier, studiando i documenti, ci ha descritto una stufa trecentesca situata nell’attuale Rue Cazotte di Digione. Anzitutto, un sotterraneo con due enormi forni in terracotta che servono a scaldare l’acqua (nei bagni privati delle case nobiliari questi forni possono anche essere di bronzo). La stufa vera e propria è al pianterreno, diviso in due grandi ambienti uniti da un’anticamera comune che serve anche da spogliatoio: il primo è una vasta sala in cui vengono sistemate le vasche di legno per una o due persone (all’uso nordico), mentre in Spagna e nel Sud Italia, più influenzate dalla moda araba, si preferisce la grande piscina comune; il secondo è la sala per il bagno di vapore, che ricorda un po’ il laconicum romano, dal soffitto a cupola solcato da nervature ad ombrello che servono a incanalare il vapore verso il foro centrale dal quale fuoriesce l’aria calda, e fornito di gradinate e sedili di pietra per i clienti.
Ricostruzione dell'interno di una stufa - dall'Aquademie Water-Bath-Design Museum di Schiltach (Germania).
La curiosità è che all’epoca non esiste il costume da bagno e che, contrariamente alle terme romane, almeno fino al XV secolo, non c’è un settore maschile e uno femminile. Ne consegue che uomini e donne si bagnano in comune e nudi, cosa che a noi appare sconcertante. Ma nel Medioevo la concezione del pudore è diversa: una scena ricorrente nei romanzi cavallereschi è quella che vede delle fanciulle, spesso le figlie stesse del nobile anfitrione, spogliare il cavaliere spossato dal torneo o un viaggiatore esausto, e fargli il bagno con le loro mani senza alcuna malizia: è semplice cortesia riservata a un ospite. Lo stesso vale per i bagni all’aperto, nei fiumi, come documenta la miniatura delle Très Riches Heures du duc de Berry che rappresenta il mese di agosto, in cui si vedono contadini, maschi e femmine, nuotare nudi nel fiume. Voler coprirsi durante il bagno, anzi, può essere mal visto: significherebbe che si ha qualcosa da nascondere, una deformità o una malattia. Le stufe sono frequentate da intere famiglie, bambini compresi, che s’incrociano nudi senza che vi sia percepito nulla di male, un po’ come accade oggi nei bagni giapponesi. Altro topos ricorrente nella letteratura è quella di un marito talmente geloso da mandar via perfino i servi quando la moglie fa il bagno: comportamento giudicato come minimo ridicolo, e che le novelle vedono quasi sempre punito. Le cose cambieranno radicalmente in seguito alla Riforma protestante, e la nudità verrà aborrita. Un San Francesco d’Assisi, nel Settecento o nell’Ottocento, non avrebbe potuto permettersi di concretizzare la sua rinuncia denudandosi davanti a tutta la città e un fra Ginepro di fare penitenza camminando nudo per le strade di Viterbo; fu soltanto richiamato dal vescovo per la sua trovata, nell’Ottocento lo avrebbero immediatamente messo in manicomio!
Bagno nel fiume - particolare dal mese di agosto delle "Trés riches heures du duc de Berry", XV secolo.
E’ ovvio, comunque, che, nel momento in cui, nel XIV secolo, le stufe, da piccoli stabilimenti a livello locale frequentati sempre dalle stesse persone, divengono dei grandi complessi cui accorre anche gente di altre città, le cose cambiano non poco. Numerosi decreti tentano di vietare l’accesso alle stufe a chi non è della città e alle prostitute: invano. Le stufe di Marsiglia fissano un giorno di accesso per gli Ebrei e un altro per le prostitute, per evitare il contatto con gli altri clienti. Certo, basta andare negli stabilimenti giusti per evitare di fare certi incontri, ma le stufe acquistano la pessima reputazione di bordelli travestiti, e nemmeno troppo. Lo mostrano bene le miniature quattrocentesche che decorano l’opera di Valerio Massimo Factorum Et Dictorum Memorabilium, oltre che romanzi e novelle, che ne fanno la scenografia più adatta per adulteri e scene piccanti, come la fin troppo nota novella dell’ottava giornata del Decameron di Boccaccio, in cui la cortigiana siciliana Jancofiore seduce il mercante fiorentino Salabaetto proprio in una stufa, per poi svuotargli le tasche.
Stufa - Miniatura, miniatura da Factorum et Dictorum Memorabilium di Valerio Massimo, XV secolo.
La descrizione che Boccaccio fa della stufa di Palermo in cui avviene l’incontro è fin troppo eloquente: è composta da stanze che possono esser prese in affitto da singoli clienti, stanze in stile moresco, con la grande piscina e una lettiera per il bagno di vapore su cui possono esser stesi materassi e lenzuoli, in un’atmosfera di sapone aromatizzato al muschio e al garofano, e di asciugamani alla rosa, ed essenze orientali che creano un’atmosfera esoticamente erotica. Le stufe giocano sempre più su questo aspetto per attirare i clienti: le inservienti sono rappresentate giovani e belle, dai capelli sciolti, vestite di abiti succinti e quasi trasparenti. Le si può vedere nelle miniature della Bibbia di Vencesilao re di Boemia (1390): loro attributi sono una spugna di crine o di piume che serve per sfregare i clienti e una specie di secchio di legno per far lavare i capelli. Quello della “ragazza da stufa” non è sicuramente un bel mestiere: quasi sempre è l’anticamera della prostituzione, come quello della serva di taverna.
Re Vencesilao al bagno - miniatura dalla Bibbia di Vencesilao, 1390.
Premesso questo, si capisce perché, nel XV secolo, si moltiplicano i processi contro i proprietari di stufe. Avere una stufa sotto casa è come avere un bordello a due passi, con tutte le conseguenze per il vicinato, soprattutto al livello sonoro. Le autorità cominciano a prendere provvedimenti più drastici: s’instaura la separazione tra i sessi. Nella stessa città, alcuni stabilimenti vengono riservati agli uomini, altri alle donne; oppure, in uno stesso stabilimento, donne e uomini vi sono ammessi in giorni diversi. Ma per far rispettare questi provvedimenti è molto difficile… Cattiva reputazione o no, i bagni pubblici sono molto amati, almeno quanto lo erano state le terme in epoca romana. Addirittura, le filippiche di alcuni vescovi del XII secolo ci informano che alle stufe si possono incontrare monaci e persino monache; evidentemente, nei casi in cui il monastero non comprende bagni propri, non per questo si rinuncia alla pulizia! Si arriva al punto che, nel 1309, re Luigi X di Francia deve far costruire a Provins delle stufe nuove, perché quelle esistenti non bastano più a contenere tutti.
Stufa - miniatura del "Regime dei Corpi" di Aldobrandino da Siena, XIV secolo.
Il Medioevo sa anche apprezzare, inoltre, le acque termali e la loro utilità in caso di malattie varie. Si potrebbe addirittura parlare, soprattutto dal XIII secolo in poi, di vero e proprio turismo termale diffuso in tutta Europa, come ha dimostrato nei suoi studi lo storico Didier Boisseuil. Questo perché buona parte delle terme che fin dall’epoca romana erano state costruite su sorgenti minerali o sulfuree è stata conservata.
Il Roman de Flamenca, del XIII secolo, racconta di una dama che, con la scusa di curarsi, si fa portare dal marito (il solito Barbablù) alle terme di Bourbon-l’Archambault, per raggiungervi il cavaliere che ama:
C’erano numerosi stabilimenti dove tutti potevano prendere un bagno comodamente. Un cartello, posto in ciascun bagno, dava le indicazioni necessarie. Non c’era zoppo né paralitico che non ne fosse tornato guarito. Ci si poteva bagnare fin da quando si fosse contrattato con il proprietario dell’albergo, che era al tempo stesso il gestore delle sorgenti. In ogni bagno si mescolavano acqua calda e fredda. Ciascuno era chiuso e coperto come una casa, e vi si trovavano camere tranquille nelle quali ci si poteva riposare e rinfrescarsi a proprio piacimento.
Come le stufe, le terme comprendono diversi ambienti: il tepidarium, l’ambiente principale, in cui la temperatura è calda ma non troppo; il caldarium, con la piscina d’acqua calda che stimola la circolazione del sangue e purifica la pelle e le vie respiratorie; il laconicum, la sauna, per riscaldare in fretta il corpo e aumentare la respirazione; il frigidarium, ambiente per il bagno freddo situato spesso a nord dell’edificio per lavare via tutte le impurità che il bagno caldo ha fatto uscire fuori e per tonificare il corpo.
Balneum Tripergulae - particolare da miniatura del Codice Angelico del "De Balneis Puteolanis" di Pietro da Eboli.
Il turismo termale del Medioevo ha le sue mete, diffuse un po’ in tutta Europa: non c’è Paese che non abbia le sue terme. L’Inghilterra ha quelle di Bath, nel Somerset, sulle rive del fiume Avon, con edifici costruiti su diverse sorgenti naturali di acqua calda, il più grande dei quali prende il nome di King’s Bath (Bagno del Re). La Francia, oltre a quelle già citate di Bourbon-l’Archambault, ha come fiore all’occhiello le terme di Aix-la-Chapelle, già apprezzate da Carlo Magno, e lo stesso Petrarca in una sua lettera dice che non hanno nulla da invidiare a quelle di Baia. Altri stabilimenti termali sono disseminati tra Svizzera, Austria e Germania, come quelli di Bad Teinach, che nel XV secolo frequenta perfino il duca Guglielmo di Sassonia, o quelli di Hall nel Tirolo. Ma le terme di gran lunga più famose ed apprezzate al livello mondiale sono quelle di cui la Campania è disseminata, a cominciare da Napoli: le sorgenti di acque sulfuree sulle colline di Monterone e San Marcellino rimarranno conosciute dal popolo napoletano fino a Settecento inoltrato, e danno origine al mestiere dell’acquaiuolo; apprezzatissime anche dall’imperatore Federico II sono poi le terme di Pozzuoli, Cuma, Baia; Pietro da Eboli, erudito alla corte degli imperatori Enrico VI e Federico II, vi dedicò un’opera intera, il De Balneis Puteolanis, ma le virtù curative delle acque delle terme campane sono decantate anche da Bartolomeo Anglico.
Bagno di Sant'Anastasia - miniatura di manoscritto di XIV secolo del "De Balneis Puteolanis", Morgan Library, New York.
I frequentatori delle terme sono soprattutto gente benestante che va lì per curare in particolare dolori alle articolazioni e problemi respiratori. I medici sono molto pignoli nel distinguere i diversi tipi di acque termali, e, di conseguenza, i benefici che esse portano. Queste proprietà possono essere valorizzate aggiungendo all’acqua erbe medicinali, e perfino pietre: ad esempio l’agata, utile contro i gonfiori e la gotta, e, se lavata nel vino prima di venire immersa nella vasca, guarisce il mal di denti e fa tornare le regole alle donne con problemi di fecondità. Si danno dei consigli precisi per affrontare una cura termale. Alle terme di Porretta (Bologna), nel 1345, viene consigliato di aspettare un giorno intero prima di iniziare la cura, per avere il tempo di abituarsi all’aria del posto; poi, prima di bere le acque curative, bisogna passare almeno un’ora in un bacino di pietra pieno d’acqua tiepida, finché i polpastrelli non si corrugano, per maturare gli umori e prepararli all’espulsione. Il tipo di terapia balneare da intraprendere deve anche tener conto dell’età e del temperamento della persona (sanguigno, collerico, melanconico o flemmatico). Ma, come le stufe, le terme sono anche un luogo di ritrovo, e queste ultime lo sono per l’alta società; secondo i testi, come nelle stufe, uomini e donne fanno il bagno in comune, tranne che nei casi in cui si curano malattie tipicamente virili o femminili, come la sterilità.
Balneum Contorellus - manoscritto del XV secolo del "De Balneis Puteolanis", biblioteca dell'Università di València.
Poggio Bracciolini, umanista fiorentino del Quattrocento, ci dà una descrizione molto dettagliata sulle raffinate abitudini delle terme di Baden Baden, in Svizzera, in una sua lettera all’amico Niccolò Niccoli:
Una vasta interna piazza che occupa la metà del luogo è circondata da magnifici alberghi nei quali può gran moltitudine di ospiti comodamente alloggiare. Ciascuna casa ha il suo bagno particolare per quelli che vi abitano. I bagni sono in numero di trenta. Due di questi del tutto aperti servono di pubblico lavacro al volgo d’ogni età e d’ogni sesso. […] Divide i maschi dalle femmine un basso steccato, qual si conviene a gente non nemica. E’ curioso il vedere insieme con le vecchie decrepite, le fresche giovinette scender senza veste nell’acque, ed esporsi nude agli sguardi profani degli uomini. […] I bagni delle case private son molto puliti: anco in questi i maschi son separati dalle femmine solo per mezzo di una sottil divisione, con certe finestrelle basse, dalle quali posson vedersi, conversare, darsi la mano e bere insieme; cose tutte che accadon comunemente. […] Gli uomini non portano che un cinto. Le donne hanno certe camicette di tela aperte dai lati, e che non coprono, né il collo, né il petto, né le braccia. Le donne spesso mangiano a comuni spese nel bagno ad una tavola che galleggia alla quale sono volentieri ammessi anco gli uomini.
Non riusciamo a non avvertire una certa sorpresa nelle parole di questo erudito la cui mentalità già si avvicina a quella del Rinascimento.
Il punto di rottura è stato il 1348, quando la terribile peste nera ha falciato in pochi mesi un terzo della popolazione europea. Si dà la colpa all’acqua contaminata, che dilata i pori e lascia entrare le malattie del corpo: il che, effettivamente, non è del tutto privo di fondamento, dato il terribile inquinamento dei fiumi prodotto da tintori, macellai, conciatori. I medici raccomandano di evitare categoricamente i luoghi dove può esserci concentrazione di persone: mercati, piazze, bagni pubblici. Il colpo di grazia viene dato dalla comparsa della sifilide, alla fine del XV secolo.
Le stufe, dunque, nel Cinquecento, scompaiono, mentre le terme sopravvivranno, anche se il loro uso verrà raccomandato sempre più raramente. I medici ormai si sono convinti che sia l’acqua stessa ad essere pericolosa per la salute e che vada usata con moderazione. Di conseguenza, nell’Età Moderna si preferisce la toilette a secco, cioè invece di lavare il corpo lo si ricopre di biancheria e la si cambia spesso perché lo sporco vi si attacchi. In effetti, non è un caso se questa sarà l’età d’oro della distillazione dei profumi, sotto cui si dissimula la sporcizia e il cattivo odore. A questo si aggiungerà la mentalità introdotta dalla Riforma protestante, dal puritanesimo e dal giansenismo, che porterà alla negazione del corpo. Bisognerà aspettare l’Ottocento perché le terme siano riabilitate.
Bibliografia:
Federigo Melis, La frequenza alle terme nel basso medioevo, in “Atti del I Congresso italiano di Studi storici termali”, Centro italiano di storia ospitaliera, Salsomaggiore Terme 1963, pp. 38-49;
Georges Vigarello, Lo sporco e il pulito. L’igiene e il corpo dal Medioevo a oggi, Marsilio 1996;
Monique Closson, Propre comme au Moyen-Age, in “Historama”, n°40, giugno 1987;
Andrea Martignoni, Les bains, lieux de plaisir et de thérapie, in “Historia”, n°735, p. 22;
Regìne Pernoud, Luce del Medioevo, Gribaudi 2002;
Didier Boisseuil, Le thermalisme en Toscane à la fin du Moyen Âge: les bains siennois de la fin du XIIIe siècle au début du XVIe siècle, École française de Rome, 2002;
Id., Le bain: espaces et pratiques, Presses Universitaires de Vincennes-Paris VIII, 2002;
Joseph Garnier, Les Etuves dijonnaises, E. Jobard, 1867.