“A Midland, in Georgia, due minatori scoprono una strana e cremosa sostanza, l’assaggiano e decidono di metterla sul mercato: questo nuovo dessert viene chiamato “The stuff” ed ha un enorme successo in tutta la nazione. Non è però innocuo quanto sembra: s’impossessa infatti del cervello di chi lo mangia e lo fa diventare una sorta zombie; dovranno fermarlo l’ex agente dell’FBI David, la sua ragazza Nicole, che inizialmente faceva la pubblicità del dessert e Jason, un ragazzino che ha visto tutta la sua famiglia vittima del malefico dessert”
Di totale coerenza con la poetica “di genere” di tutta la cinematografia di Larry Cohen - Q Il serpente alato, L’ambulanza, It’s alive… E sceneggiatore della trilogia horror Maniac Cop – Stuff: il gelato che uccide raggiunge, con grazia ed capacità, quell’armonia preziosa che contraddistingueva tanto cinema horror del passato: un’idea forte, originale e bizzarra, sviluppata in maniera da divertire l’audience e lanciare al contempo qualche sana stoccata al sistema.
Questo gelato assassino, candido e cremoso, è l’icona perfetta di un’America ingorda e benestante, ossessionata dalla forma fisica ma troppo impegnata per seguire diete alimentari complesse. Il dessert dal gusto indefinito (ma incredibilmente piacevole) è la risposta adatta nel contesto storico giusto, tanto che gli esperti di marketing troveranno nel prodotto lo sfogo creativo tanto atteso, i supermercati lo esporranno in ogni dove e le aziende concorrenti ricorreranno invece al più spietato spionaggio industriale per comprenderne gli ingredienti. La fattura è quello di un diligente b-movie, con un eccellente cast artistico che annovera presenza del calibro di Paul Sorvino e Danny Aiello, senza dimenticare l’ottimo protagonista Michael Moriarty, attore feticcio dei titoli più riusciti del regista statunitense. Non marginale anche il lato splatter dell’intera vicenda, che rivaleggia con Horror in Bowery Street (1987) di J. Michael Muro il titolo di film con effetti speciali più grotteschi: lo stuff infatti, una volta entrato nel corpo delle sue vittime, rende i loro corpi fragili come polistirolo o molli come burro (soprattutto quando decide violentemente di abbandonare i corpi che lo ospitano) con le inimmaginabili soluzioni visive che ne conseguono. Da riabilitare, come gran parte dei lavori di Cohen passati ingiustamente inosservati.
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