L'agriturismo dove alloggiamo non ci piace nemmeno un po', a dire il vero non lo abbiamo scelto noi, ma l'ha fatto chi ha commissionato il lavoro a Luca e così ce lo dobbiamo fare piacere per forza. Mi viene da ridere pensando a quando Luca ieri sera diceva che gli sembrava di essere stato catapultato nel Medioevo, già, è tutto molto spartano qui, in questa stanza con lettone, tavolo, lavello e fornello e il bagno vicino alla porta d'ingresso. Apparentemente non manca nulla, in verità non funziona niente, o almeno, non funziona come dovrebbe, dalla porta d'entrata che si apre girandola in senso contrario rispetto alla logica comune e che si chiude dopo avere tentato inutilmente mille volte di farlo, tirato, strattonato e imprecato altrettante volte, e poi c'è il telefono che non prende, con la linea che cade di continuo, nemmeno fossimo in mezzo al deserto o circondati dai monti. No, è lo stato di decadenza di questo posto a indisporre maggiormente e la sua disaccoglienza, parola coniata al momento, per descrivere la sensazione che abbiamo provato varcando quell'enorme cancello. Se Luca ed io pensiamo ad un agriturismo la prima cosa che ci viene in mente è il senso di ospitalità che questo tipo di struttura è solita offrire, a differenza di tanti più asettici alberghi. E poi la cura nell'allestimento delle stanze, della prima colazione, quando a tavola vengono portate confetture e prodotti fatti in casa con amore, fette di pane e crostate uscite dal forno la sera prima e altre cose di questo tipo. Ma qui non c'è nemmeno l'ombra di questo repertorio, la colazione tanto per fare un esempio è un tristissimo fai da te con due fette di pane e un caffè con le cialde, ti guardi intorno e quello che vedi è uno stato di, se non totale, almeno di semiparziale abbandono.
L'affaccio del portone su un filare di viti, con grappoli d'uva ancora acerba, nascosti tra le foglie non riesce a togliere strati di grigio da ciò che vediamo e percepiamo. Indoro la pillola a me stessa ed a Luca, aggrappandomi alla verità più vera, dicendogli che ciò che conta è essere qui insieme, anche se catapultati in mezzo al Medioevo, a due passi da Milano.
Parte dell'agriturismo a quanto scopro, è stato destinato ad accogliere una decina di rifugiati provenienti dalla Nigeria e sbarcati a Lampedusa più o meno una settimana fa.
Già ieri avevo notato questo gruppo di ragazzi, che se ne stavano tutto il giorno seduti su di una panchina, isolati, perennemente annoiati, a scambiarsi una parola ogni tanto, ad accendersi una sigaretta, a fissare il vuoto e stamattina, mentre passeggiavo avanti e indietro con Alice Ginevra tra le braccia, ho avuto modo di scambiare quattro chiacchiere con uno di loro, un ragazzo dallo sguardo gentile, forse un po' troppo triste. Non parlando per niente in italiano abbiamo dialogato in inglese, inizialmente l'argomento principale è stata Alice Ginevra che continuava a guardarsi attorno con i suoi occhioni a tratti pieni di meraviglia.
"Ma è un bimbo o una bimba?" mi ha chiesto e ammetto di avere pensato "Ma come, sei cieco? è vestita di rosa, persino il telino dentro cui è avvolta è rosa, ha i lineamenti inequivocabilmente da bimba, ma va bene, forse è solo un modo per rompere il ghiaccio. Questo ho pensato. La sua seconda domanda è stata "Quanti mesi ha?" e quando ho risposto "Uno, appena compiuto ieri", ha sgranato gli occhi e allungato le braccia, dicendo "ma è tanto grande!". Già, è molto lunga, ha le cosce belle tornite ed è il ritratto della salute. Soddisfatte tutte le curiosità che aveva circa Alice Ginevra, sembrava interessato a sapere perché mai alloggiassimo in questo posto.
"Siete qui per un soggiorno di piacere?" mi ha chiesto.
"A dire il vero si tratta di un soggiorno di lavoro, mio marito è un tecnico nel campo della sicurezza e deve concludere un lavoro a pochi chilometri da qui, all'ora di pranzo lo raggiungo tutti i giorni con la bambina e passiamo il resto della giornata assieme".
A questo punto ho iniziato io a fare le domande. "E tu da dove vieni?"
"Dalla Nigeria" mi ha risposto.
"Sei qui per un soggiorno di piacere?" gli ho domandato, sapendo bene che mi avrebbe detto di no. Avevo colto la storia difficile che aveva alle spalle.
"Sono un rifugiato!"
"Siete tutti rifugiati e venite tutti dalla Nigeria?"
"Sì, è così"
E poi ha aggiunto che dalla Nigeria, attraversando la Libia, hanno raggiunto Lampedusa e da lì, una parte di loro è stata dirottata qui, a San Giuliano Milanese, che lui chiama semplicemente Milano. Mi racconta del viaggio su di un barcone sovraccarico, una traversata in condizioni disumane, ben oltre l'umana immaginazione, alcuni suoi conoscenti sono morti, è stato terribile, ripete, un viaggio che non dimenticherà mai.
Dopo un po' che parliamo mi dice senza mezzi termini che questo posto, ovvero questa sistemazione in questo agriturismo, non gli piace e per sottolinearlo, lo ripete ben tre volte, "I don't like this place!", calcando l'accento sul don't. Nemmeno a me piace, nemmeno a mio marito, gli dico io con un sorriso. Il fatto che non piaccia nemmeno a lui, fuggito da una guerra, scampato ad un viaggio infernale, rende l'idea di com'è messo male questo agriturismo. Comunque rincara la dose e aggiunge che non gli piace nemmeno il cibo che viene servito loro, pentoloni di pasta al pomodoro a pranzo e a cena e mi fa sapere che in questo posto non c'è nulla da fare se non mangiare e dormire. Ecco spiegati quegli sguardi annoiati che avevo notato nei giorni scorsi. Questi ragazzi vivono reclusi dentro i confini di questo agriturismo, passando la giornata tra il letto e la panchina. Fuori da qui c'è il nulla e poco più avanti una strada provinciale senza sbocchi.
"Quanto tempo resterete qui?" domando.
"Non lo so, ma ci è stato detto che verremo spostati altrove e che troveremo un lavoro".
"Chi ve l'ha detto?" chiedo io.
"L'assistente sociale, però non sappiamo quando sarà, spero presto, voglio andare via da qua!"
"Ma tu cosa stai cercando?" gli domando.
"Un posto migliore e un lavoro"
"Nel tuo paese che lavoro facevi?"
"Per un periodo ho lavorato in una radio, trasmettevo musica, mi piace tutta la musica"
"E qua che lavoro vorresti fare?"
"Anche il muratore o il giardiniere, dicono che è facile trovare lavoro nei cantieri, è vero?"mi domanda.
"Non saprei, c'è tanta crisi qui in Italia, il lavoro manca, tanti Italiani sono a casa, disoccupati, non è facile per nessuno sbarcare il lunario." Purtroppo questa è la triste realtà.
Gli domando se sono stati costretti a raggiungere l'Italia o se è stata una loro scelta. Non capisce subito il senso di quello che gli sto domandando, così riformulo la domanda.
"E' stata una mia decisione raggiungere l'Italia, nel mio Paese non ci sono le condizioni per vivere e per pensare al futuro. Ci è stato detto che in Italia avremmo trovato un lavoro, avremmo avuto una casa e avremmo potuto crescere la nostra famiglia ed è quello che stiamo aspettando."
"Chi vi ha detto queste cose?" faccio io.
"Tutti quanti"
Non capisco a chi si riferisca. "Di chi parli quando dici tutti quanti? Tutti quanti in Italia o nel tuo Paese!"
"Tutti quanti nel mio Paese sanno che è così".
Rimango perplessa. Mi rendo conto di quale immagine distorta abbiano del nostro Paese, mi chiedo quanti interessi ci siano intorno a questa faccenda dell'immigrazione, da chi gestisce i barconi e i cosiddetti disperati viaggi della speranza, ai politici e ai governanti.
Gli domando come fanno a gestire le loro spese personali, per esempio per comprare le sigarette, vestiti, eccetera e mi risponde che hanno a disposizione un budget giornaliero da spendere. Non gli ho chiesto a quanto ammonta, per quanto sarei stata curiosa di saperlo.
L'ultima domanda che gli faccio riguarda l'impressione che ha degli Italiani. Mi risponde che purtroppo non ha intessuto rapporti personali tali da potere rispondere, in dieci giorni non ha avuto molte occasioni per parlare con altre persone che non fossero i suoi compagni d'avventura, ma spera che gli Italiani siano friendly. E mentre lo dice accenna un sorriso ed è il primo che vedo da quando abbiamo cominciato a parlare.
Lo saluto e lo lascio alla sua panchina, nel frattempo arriva un suo amico coi capelli rasta e cominciano a parlare in una lingua che non conosco.
Con Alice Ginevra tra le braccia rientro in camera e mentre infilo le ultime cose nella borsa, perché tra un po' Luca arriverà a prenderci, ripenso a quanto ho sentito e ripenso alla parola friendly, che contrasta nettamente con l'immagine di quella panchina isolata, in fondo al marciapiede. La Nigeria è lontana e qui forse la gente ha paura di ciò che non conosce, la gente ha paura di confrontarsi, specie se crede solo a se stessa e a quello che sente alla televisione.
***___***___***___***___***___***
ORZO CON POMPELMO ROSA, POLLO E GAMBERI
Ingredienti:
250 gr orzo perlato
12 gamberi freschi
3 fettine di pollo
1 spicchio d'aglio
1/2 limone (il succo)
2 pompelmi rosa
1/2 mela rossa
1/2 mela Granny Smith
olio extravergine d'oliva
sale e pepe
prezzemolo
Per prima cosa cuociamo l'orzo per circa 35 minuti in acqua salata.
Grigliamo anche le fettine di pollo, dopo averle lasciate marinare per una mezzora con olio extarvergine d'oliva, aglio tritato e il succo di mezzo limone. Una volta cotte, le tagliamo a cubetti.
Sbucciamo i pompelmi e li peliamo a vivo, tenendo da parte qualche fettina per decorare il piatto, raccogliamo il succo in una ciotolina. Sbucciamo anche le mele, le tagliamo a cubetti e li lasciamo marinare nella ciotolina con il succo dei pompelmi.
Laviamo e puliamo i gamberi e li facciamo saltare in padella per alcuni minuti, insieme ad un filo d'olio e a mezzo spicchio d'aglio schiacciato, che poi toglieremo. Una volta cotti li sgusciamo.
Scoliamo l'orzo e lo condiamo con dell'olio extravergine d'oliva, poi lo lasciamo raffreddare.
Mescoliamo insieme all'orzo, il pollo, i gamberi e i dadini di mela con tutta la marinata. Aggiungiamo una macinata di pepe, un po' di prezzemolo fresco e qualche fettina di pompelmo ed il piatto fresco ed estivo è pronto, ottimo anche il giorno dopo.
ORZO SALAD WITH CHICKEN, SHRIMP AND GRAPEFRUIT
Ingredients:
250 g uncooked orzo pasta
12 shrimp
3 chicken fillets
2 grapefruit
2 apples
extravirgin olive oil
1 clove garlic
salt and pepper
fresh parsley
the juice of half a lemon
Cook orzo in boiling salted water, then drain and rinse with cold water to cool quickly. Season with extravirgin olive oil and allow orzo to cool completely. In the meantime prepare a marinade. In a bowl combine lemon juice, extravirgin olive oil and chopped garlic and sprinkle all over the chicken meat. Grill chicken until well done, then cut into small cubes.
Heat a pan with extravirgin olive oil and cook shrimp for a few minutes, season with salt and pepper, then remove from heat.
Peel and cut the apples into cubes and let them marinade in a bowl with the grapefruit juice.
In a large bowl combine orzo, chicken, shrimp and the apples with their marinade, mix well and complete with fresh parsley and extravirgin olive oil.