Il personaggio ha un aspetto orribile. Il suo volto è sporco di fuliggine e presenta delle tracce di rosso, la testa è coperta da un fazzoletto nero femminile; porta un copricapo con corna caprine, bovine o di cervo tra le quali è sistemato uno stomaco di capra (“sa ‘entre ortata”). Sul petto sono legati i “marrazzos” (campanacci), sulla pancia seminascosto dai campanacci porta “su chentu puzone” , uno stomaco di bue pieno di sangue e acqua, che ogni tanto viene bucato per bagnare la terra e fertilizzare i campi.
Intorno a lui si muovono maschere dal volto nero i Battileddos. Essi si distinguono in Battileddos (Massajos) che sono in i veri custodi e padroni del “rito”. Con il viso imbrattato di fuliggine, recano pungoli e sas Socas, con le quali, talvolta, legano la vittima, per poi percuoterla ripetutamente, strattonarla, trascinarla per terra, farla rinvenire ed infine portarla alla morte.
Seguono, in un piccolo corteo, i Battileddos (Gattias), uomini vestiti da vedove che interagiscono con il pubblico mostrando una bambola di pezza: si lamentano, improvvisando degli “attitos”.
E, finalmente, su Battileddu cade a terra, viene caricato su un carro trainato da due buoi fra le grida della gente, mentre le vedove mettono in scena il funerale. Questa fase della cerimonia rappresenta la rinascita del personaggio e con esso delle forze della natura e del cosmo: la vita, la terra riprenderà a fiorire.