Non ho quasi mai scritto nella tristezza. Nella tristezza solitamente leggo. Devo ammettere che scrivo più di quanto non legga. Non è una dichiarazione di contentezza. Cosa sia non lo so e comunque so che questo del quanto scrivo non sta bene ammetterlo.
Scrivere più di quanto non si legga significa che per poco che uno legga legge almeno un libro al mese e altrettanto, un libro e una vocale o un libro e una consonante al mese per scrivere di più dovrebbe scrivere. E questo è molto anche per uno come me che scrive tanto.
Diciamo allora che scrivo parecchio, che, personalmente, non significa che una buona parte del tempo che vivo sono contento. Ma semplicemente che appena c’è un momento di buon vento mi metto e scrivere, e potrebbe benissimo trattarsi di una manciata di minuti, durante i quali tuttavia io riesco a scrivere tantissimo, freneticamente.
Se un giorno di mio non si leggeranno più storie – non se ne sono mai lette – è perché non sarò più contento neanche per una manciata di minuti? Credo di poter ammettere una cosa del genere.
Il fatto è che ho scritto talmente tante altre cose nel tempo in cui sono stato contento, che se usciranno con la cadenza con cui escono solitamente i libri degli scrittori, ci saranno libri miei per almeno altri 5-6 anni. Naturalmente, se nel frattempo non sarò contento, non si capirà mai perché ormai va da sé che scrivo se sono contento e che pubblico cosa scrivo. Forse questa cosa non succede solo a me, ma a tutti quelli che al fondo al libro ci mettono la data. Forse scrivono anche loro solo da contenti e la data sta per dir questo. In quel periodo ero contento, e attenzione: potrebbe darsi che ora io non voglia più scrivere certe cose.
Carlos Franz, nel suo “Otto ipotesi sulla malinconia” di Roberto Bolaño, nella prima ipotesi ci dice che la malinconia dei personaggi di B. ci appare romantica, sentimentale. Una forma che il Romanticismo mascherò con l’apatica malinconia del Werther. No, dice Franz, quella dei personaggi di B. è la mela-cholé, la bile nera, quella che quando esplode, come dice qualcuno in Stella distante, fa desiderare di “bruciare il mondo”.
Non solo io non voglio che questa sia la malinconia dei miei personaggi, forse lo è stata ma non lo voglio più.
Io d’ora innanzi scriverò, proverò a scrivere, come passeggiava Robert Walser, mi allontanerò da un punto e lascerò che le cose mi guardino. Io d’ora innanzi scriverò
come se ogni volta trovassi una panchina. Ecco, farò questo quando scrivo, mi siedo su una panchina come mi ha insegnato Sebaste e prima di scrivere attenderò le lacrime. Io d’ora in avanti quando desidererò scrivere, mi metterò gli scarponcini e uscirò a cercare il cane di pezza che la bambina in La prima notte solo con te di Arnaldo Colasanti ha perduto.
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