Il problema non è soltanto l'Islam. Qualunque fede è violenza, a tutte le latitudini e in tutte le sue forme. Dopo un eccidio commesso al grido di Allah è grande, prime pagine dedicate allo sdegno del Papa. La Chiesa Cattolica porta sulla coscienza duemila anni di persecuzioni e torture contro pagani, ebrei, protestanti, valdesi e compagnia bella. In un mondo normale, tra gente normale, la reazione istintiva dovrebbe essere di rifiuto, disgusto nei confronti di del sistema-religione. Di ogni religione.
Siamo (anzi, saremmo) in uno stato laico. Uno stato laico che freme per il Giubileo, che va a Messa e a puttane con la stessa disinvoltura, che esporta armi ma ripudia la guerra, che oggi grida alla crociata contro i cattivoni musulmani. Nel 2001 ero a Roma a manifestare contro la guerra in Iraq. Quasi quindici anni dopo penso che questi siano alcuni degli effetti di quella gran cagata. Non si possono abbattere regimi con la pretesa di consegnare la democrazia, chiavi in mano, a popoli che non hanno mai vissuto in uno stato di diritto: è fisiologico che in questo modo il potere cadrà nelle mani di qualche gruppo di rincoglioniti armati. Persino il colonialismo, nella sua atrocità, aveva più senso di questa idiozia: perlomeno i territori conquistati restavano occupati e controllati.
Oggi un intervento militare per fermare quei quattro cialtroni agli ordini del califfato appare indispensabile, ma ciò non deve distogliere l'attenzione dal fatto che siamo nel 2015 e sarebbe magari ora di smetterla con gli amici immaginari su nel cielo. Non esiste una fede moderata: i testi sacri sono pregni di violenza, incitano all'odio e alla discriminazione. L'indottrinamento religioso è un'arma, non una risorsa. Un'arma che prima o poi il Breivik o il Coulibaly di turno useranno contro il prossimo, convinti di essere nel giusto. Per dirla citando il buon Dr. House, se si potesse ragionare con i credenti, non ci sarebbero credenti.