Dopo il padiglione del Nepal, l’unico abbandonato per necessità, rimasto a simbolo di un momento interrotto; accanto al padiglione della Corea, coinvolgente per entusiasmo e voglia di esserci; accanto al padiglione svizzero, unico per impegno di pensiero che con le sue torri piene di cibo che si andranno a svuotare con il passaggio dei visitatori in corso ci vuole lasciare un messaggio chiaro volto all’ecosostenibilità; nella pagella di chi ha dato il meglio o più degli altri c’è sempre e solo lei, sua Maestà Italia (del resto si parla di orgoglio nazionale, che non poteva rimanere deluso).
Deluso ha invece, lo devo dire per obiettività, la grande kermesse nel suo insieme, dove si comprende che dietro alla vetrina di facciata, più o meno curata o più o meno improvvisata, manca ancora una vera e seria sensibilità mondiale verso il tema del CIBO, inteso come ciò che raccogliamo dalla TERRA, a beneficio delle nostre comunità così attualmente DISPARICATE e distribuite nel globo, come di TUTTE le GENERAZIONI future, i veri interlocutori di questa grande mostra.
Non si è parlato abbastanza insomma del nutrimento, non lo si è fatto vedere e toccare come si sarebbe potuto (solo il padiglione del Camerun proponeva un approfondimento simile, ma anche il padiglione di Israele ha puntato tutto sulla sua capacità di sapere ADDOMESTICARE anche un luogo ingrato a esigenze di ordinaria agricoltura).
Il padiglione America punta tutto sul consumo a kilometro zero, sul ritorno al coltivare l’orto, mettendo a frutto nuove e semplici politiche alimentari intelligenti, ma non mette in evidenza come avrebbe potuto il loro grande problema alimentare che è quello dell’obesità e del cibo spazzatura.
Le immagini e gli oggetti proposti sono riguardati per lo più la bellezza paesaggistica, la cultura locale, le tradizioni e l’artigianato, ma penso si dovesse di più PARLARE E FARE VEDERE LA COSTRUZIONE ED IL CONSUMO delle migliori tradizioni alimentari di ogni paese, che hanno contribuito a fare più o meno sano quel paese.
Forse anche questo è segno di un momento economico e politico difficile, dove si percepisce l’insicurezza e l’instabilità di un insieme di equilibri molto precari e per nulla ancora disposti a mettersi seriamente in discussione.
I padiglioni non sono riuscita a vederli tutti, per un giro completo ci vogliono almeno due visite.
La carta di Milano ho voluto firmarla, per dire “C’ero anch’io…” ma purtroppo non so quanto veramente dalla teoria il mondo è disposto a passare alla prassi.
Certo, noi possiamo contribuirci con i nostri piccoli gesti quotidiani, che sono il nostro fare la spesa, il nostro coltivare se ne abbiamo il modo, il nostro rispettare l’ambiente, il nostro nutrirci ed il nostro fare ristorazione.