Luca De Biase la scorsa settimana scrive di come sia ora che gli editori prendano con coraggio la strada della ricerca di modelli a pagamento identificando cinque elementi:
1. Abbonamenti
2. Micropagamenti [il mobile è un luogo nel quale questi si fanno con qualche buona probabilità di successo]
3. Connessione tra informazione digitale e incontro fisico [un po’ come i concerti per i musicisti]
4. Media civici
5. Informazione formativa
Una nuova interpretazione della trasformazione, con perfetta consapevolezza tecnologica e chiara centralità della dimensione umana, culturale, prospettica. Che tende a mancare oggi, ma il cui bisogno è sempre più evidente. Questa è innovazione. E questa potrebbe essere la premessa per “the next big thing”.
Una visione che viene confermata dando uno sguardo a settori attigui a quello dell’editoria da “How The Subscription Economy Is Disrupting The Traditional Business Model” che descrive il cambiamento dei modelli di business dal pay-per-product [o servizio] ai subscription-based business models.
Un cambiamento che è già la norma per alcuni mercati, quale quello del software ad esempio, e che diviene sempre più rilevante anche per altre tipologie come testimonia, uno per tutti, il successo di Netflix, che a partire dall’inizio di quest’anno sarà disponibile praticamente in tutto il mondo, e che ha tassi di penetrazione assolutamente rilevanti non solo negli Stati Uniti ma anche in molte altre nazioni quali Regno Unito, Svezia ed Olanda per restare in Europa.
Tre i punti chiave della subscription economy:
1. La necessità di riorientare i propri dati attorno al sottoscrittore
2. Focus sull’esperienza di sottoscrizione
3. Tenere sempre a mente che le sottoscrizioni devono focalizzarsi sulla relazione, continua, con i sottoscrittori in un dialogo permanente a due vie.
È proprio questa l’idea alla base di Wolf, non solo quella di creare un nuovo prodotto editoriale, ma anche di offrire strumenti, costruire relazioni per una comunità che ha bisogno di rivendicare la propria professionalità, di riappropriarsene, di conoscere gli strumenti a disposizione, di rimettersi in gioco. Sia per iniziative di autoimprenditorialità sia per mettere le proprie competenze al servizio di gruppi editoriali che vogliano cavalcare il cambiamento in atto e sfruttare tutte le opportunità che offre.
Offriremo tutta la nostra esperienza in un prodotto editoriale che non ha precedenti in Italia, convinti come siamo che non sia pericoloso condividere ciò che si sa, perché sono la pratica quotidiana e lo studio che fanno la differenza. Metteremo a disposizione il nostro tempo per rispondere a domande e accogliere osservazioni e idee, creeremo uno spazio di confronto attivo e un servizio che vorremmo avesse un reale impatto sulle nostre vite professionali e su quelle delle persone che faranno parte della comunità che serviremo.
Per tutti questi motivi, abbiamo scelto di utilizzare, per il lancio di Wolf, una formula che si basa proprio sulla fiducia, sulle relazioni e sulla conversazione, con una campagna di autofinanziamento. Vogliamo fare di Wolf una piattaforma collaborativa e persino di mutuo soccorso. Wolf. è qui. Risolve problemi, propone soluzioni, crea conversazioni e relazioni e sino al 26 gennaio è possibile sottoscrivere a condizioni estremamente vantaggiose con soluzioni per tutte le tasche e tutte le esigenze.
Che il 2016 avrebbe dovuto essere l’anno del fare l’avevo anticipato. Sono stato, siamo stati, di parola.
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