Nonostante lo sembri, allora, e nonostante non faccia nulla per evitarlo, "Suburra" non è un film ideato appositamente per trafugare attraverso il cinema quegli scandali politici ed extrapolitici che ancora adesso non smettono di ruotare attorno alla Capitale. Al contrario "Suburra" è messo li a ricordarci che quegli scandali, la Capitale, li ha sempre avuti intorno a sé, e per una certa logica, è destinata a non liberarsene mai, a prescindere dagli sforzi umani e non che decidano di combatterli. E' tutta una questione di potere, del resto, ispirato magari proprio da una città che, tornando ai simbolismi, i poteri li rappresenta: vedi il parlamento così come il Vaticano. Vivere a Roma significa ambizione, un ambizione personale, da coltivare e incoraggiare a qualunque costo, pagando ovviamente il giusto (caro) prezzo. Ecco perché sono tutti personaggi di secondo piano quindi quelli che la pellicola va a mettere sul piatto, gente che la scalata la sta facendo e che, nel frattempo, fa le prove con ciò che più avanti mira ad esercitare a pieni poteri. Sotto questo aspetto non lascia indietro nulla Sollima: racconta la Politica, la Mafia, gli Zingari e i Clan più piccoli confinati alla periferia, indispensabili per futuri progetti a spese milionarie.
Abituato alla televisione, alla serialità e alla lunghezza a sua disposizione, Sollima sembra, dunque, avere ancora qualche problemino a scegliere cosa vale la pena tenere o tagliare al cinema. Con "Suburra" stecca clamorosamente l'intera prima parte, cominciando a far funzionare i meccanismi esclusivamente giunto al cuore del suo racconto, limitando quindi l'efficacia non tanto dei temi, ma del coinvolgimento. Il suo lavoro, seppur imperfetto, deve fare i conti, paradossalmente, anche con quella cronaca che lo ha preceduto e che, anziché aiutarlo, tende di più a farlo sembrare un operazione furba arrivata al punto giusto.
Ma queste, purtroppo, sono fatalità simili al mondo di mezzo, effetti collaterali incalcolabili, scomodi, e che non dipendono da noi.
Trailer: