Sud Sudan e l’incombente Catastrofe

Creato il 12 giugno 2014 da Gianluca Pocceschi @geopolitiqui

La Croce Rossa ha disposto alla fine di maggio dei rifornimenti aerei per centinaia di migliaia di sud sudanesi in fuga dalle loro case. Questa operazione è la prima al mondo dopo quasi 20 anni dall’ultima a testimoniare la terribile situazione in cui versa il giovanissimo stato del Sud Sudan.

“La stagione delle piogge ha interrotto le maggiori strade per i rifornimenti e molte delle persone in fuga cercano di sopravvivere mangiando foglie .Campi incolti, disperazione e rabbia crescente disegnano parte  dell’orizzonte di questo paese grande quanto la Francia”. Così descrive la situazione  delle ultime settimane il settimanale britannico The Economist.

Su una popolazione di circa 13 milioni di persone, 1.3 milioni sono in fuga dalle loro case. Una nuova generazione di sud sudanesi si accalca negli stessi campi che furono “allestiti” in Kenia e in Etiopia per i profughi della prima guerra civile sudanese (1955 – 1972) e dell’ultima (1985 – 2005). Mezzo secolo di guerra produssero al tempo, i così soprannominati “giovani perduti”, coloro che non avevano conosciuto la pace.

Un paese che non riusciva ha nutrire se stesso anche prima dell’inizio degli spari, dopo 5 mesi di guerra tra i supporters di Salva Kiir, il Presidente, e Riek Machar, il suo vice “licenziato”, le Nazioni Unite annunciano che un terzo della popolazione è sull’orlo di morire di fame.

I donatori internazionali sono chiamati ad uno sforzo per raccogliere almeno 1.8 miliardi di dollari entro la fine dell’anno per evitare la catastrofe.

Una fragile tregua è stata “arrangiata” il 10 maggio scorso ad Addis Abeba sotto l’egida del segretario di Stato americano John Kerry durante una sua visita nella capitale etiope.  Da dicembre, mese in cui Machar fuggi dalla capitale Juba, quella è stata la prima volta che i due rivali si sono incontrati vis à vis nuovamente.

Machar e Kiir rappresentano due etnie prima che due visioni politiche. Quella che infatti iniziò come discussione politica si è tramutata in una guerra civile etnica tra Dinka, gruppo etnico di Kiir, e Nuer, gruppo etnico di Machar.

L’incontro è durato solo 4 ore e nessuna dichiarazione comune, nessuna stretta di mano e nessun accordo a lungo termine è uscito dai colloqui di Addis Abeba.

Dopo 24 ore la violenza di nuovo è eruttata nella città petrolifera di Bentiu al confine con il Sudan. L’accordo fatto sotto le pressioni internazionali mancava forse dei necessari dettagli. Per esempio, ha mancato un aspetto vitale per ogni tregua ovvero quello di disporre una “mappa” delle posizioni militari dei due contendenti in modo da tracciare una linea di cessate il fuoco chiara.

Non c’è stato nessun richiamo ad un possibile governo di transizione. Entrambe le parti vedono questo aspetto differentemente. Kiir non vuole rinunciare al mandato fino alle nuove elezioni previste per il 2015; Machar chiede le sue immediate dimissioni.

Una potenziale scappatoia poteva essere ricercata in un gruppo di 11 politici influenti arrestati a dicembre da Kiir, ma recentemente rilasciati che però non hanno preso parte ai colloqui di Addis Abeba.

Tra di loro, spiccava la figura di Pagan Amum come leader “compromissorio” vista la sua appartenenza alla tribù Shilluk più piccola dei Nuer e Dinka pertanto meno influente e super partes delle due grandi comunità etniche.

Il fallimento e la carestia alle porte hanno portato ad un altro tentativo e martedì scorso come riporta il quotidiano sudanese Sudan Tribune ad Addis Abeba sembra essere stato trovato un accordo duraturo tra i due contendenti sotto la guida del presidente ugandese Yoweri Museveni, considerato dalla entnia di Machar il vero architetto del colpo di mano del 15 dicembre scorso.

I due rivali si impegneranno a trovare un nome per un governo di transizione nei prossimi 60 giorni. Nel frattempo è stata accordata una tregua e il ritiro graduale delle truppe ugandesi Ugandan People’s Defence Forces (UPDF) presenti sul territorio fin dal dicembre 2013 per difendere il governo di Salva Kiir.

Tutti i dettagli non sono stati ancora resi noti, ma forse questo accordo di pace potrebbe reggere. Il Pianeta Terra comunque è avvertito della catastrofe incombente.

Foto – Credit by handicap-international.ca