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Sud Sudan. Nuovi colloqui di pace tra governo e ribelli; Igad minaccia sanzioni

Creato il 04 agosto 2014 da Giacomo Dolzani @giacomodolzani

sud_sudan_flagdi Giacomo Dolzani

Riprendono per l’ennesima volta i colloqui di pace tra il governo del Sud Sudan ed i ribelli fedeli a Riek Machar, in guerra dalla metà dello scorso dicembre.
L’incontro tra i rappresentanti delle due fazioni avverrà, come sempre è stato, ad Addis Abeba, sotto l’egida dell’Igad, l’Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo, un organismo sovranazionale formato da Sudan, Somalia, Etiopia, Eritrea, Kenya, Uganda, Gibuti e, appunto, Sud Sudan, finalizzato a garantire pace, sicurezza alimentare e difesa dell’ambiente nei paesi del Corno d’Africa.
I mediatori, guidati da Seyoum Mesfin, ex ministro degli Esteri etiope, cercheranno di far convergere entrambe le parti ad un accordo che possa porre fine alla guerra civile la quale, ormai da otto mesi, sta insanguinando un paese che già di per sé è il più povero e sottosviluppato al mondo; Mesfin ha inoltre aggiunto che se neppure questo tentativo sarà coronato da successo e se gli scontri non cesseranno “ci saranno conseguenze serie”, minacciando di prendere provvedimenti contro chiunque continuerà a combattere. Il 10 agosto è stato fissato quindi come termine ultimo per il raggiungimento di un’intesa e la creazione di un nuovo governo, scaduto questo scatteranno le sanzioni previste dall’organizzazione.
Le forze governative, guidate dal Presidente Salva Kiir, sono infatti in lotta con i guerriglieri di quello che, prima di essere deposto, era stato il suo vice, il generale Riek Machar, alla guida dei reparti dell’esercito sudsudanese a lui rimasti fedeli.
Dopo il fallito colpo di stato, avvenuto nella notte del 17 dicembre 2013, le truppe ribelli sono state respinte fuori dalla capitale ma, nel contempo, hanno preso il controllo di diverse città strategiche; ora le forze di Machar controllano buona parte del nord del paese, dove sono collocati i pozzi petroliferi, unica fonte di guadagno per un paese che dipende dall’esportazione di greggio.
Con il tempo il conflitto, nato per ragioni politiche, si è trasformato in una guerra tra etnie: i Dinka a cui appartiene Kiir ed i Nuer, gruppo di Machar, portando quindi a diversi massacri ai danni di una o dell’altra; ora, secondo le Ong umanitarie, gli sfollati sarebbero circa 1.5 milioni (oltre il 10% della popolazione) ed il rischio di epidemie e di una nuova carestia, dovuta alla distruzione dei raccolti, rimane molto elevato.

da Notizie Geopolitiche



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