Sudafrica - Inghilterra part II: infamous basterds

Creato il 17 giugno 2012 da Rightrugby
Copione preventivabile, quello delle Boreali bene o male messe sotto nell'Episodio I delle serie in Nuova Zelanda, Australia e Sudafrica e poi alla riscossa a produrre il massimo sforzo nell'Episodio II.  Copione pienamente confermato a Christchurch e Melbourne  dalle euroceltiche di punta Irlanda e Galles, contrapposte alle prime due del ranking mondiale Nuova Zelanda e Australia. Massimo sforzo che produce due sconfitte di misura, maturate in parallelo con calci negli istanti finali: uno sfruculiare la completezza delle Australi, sfidate a tirar fuori il loro lato più resilient e cinico.  Andrebbe onestamente riconosciuto che normalmente più di così non si può a giugno, quando le batterie mentali oltre che fisiche europee sono agli sgoccioli e gli australi invece approssimano il massimo della forma. Salvo impennate particolari sinora riservate ai Galletti, a qualche annata super doc inglese o a qualche congiura degli eventi in Australia (Samoa l'anno scorso, Scozia quest'anno).
Copione invece del tutto e sorprendentemente disatteso dall'Inghilterra alle prese con l'Episodio II della Serie col Sudafrica all'Ellis Park di Johannesburg. Se le celtiche le avevan prese di brutto nella prima gara, l'Inghilterra invece aveva mostrato tutt'altra tempra, chiudendo la partita in crescendo fino a soli 5 punti di svantaggio: ci si attendeva una sfida aperta. Invece no, era solo illusione ottica di chi guardi troppo le vicine e veda male gli oggetti lontani. E' stato il Sudafrica a riprendere i fili di dove l'aveva lasciati nel secondo tempo di gara uno: straripante fisicità infarcita di distrazioni. In cui una Inghilterra ridotta al puro cinismo s'è infilata ogni volta che ha potuto, o meglio che le è stato concesso. Intendiamoci bene, questa non è una critica, è un riconoscimento: così come lo era il film Infamous Basterds con cui vogliamo titolare la prestazione di entrambe le contendenti, sia pure per motivi opposti.  E' finita 36-27, quattro mete a tre e 16 punti al piede di Morne Steyn contro i 12 di Toby Flood.
Se un tizio grande, grosso e cattivo è incazzato con voi, il saperlo prima è fonte di gran pensate strategiche che però, quando poi alla fine te lo trovi di fronte, non aiutano granché. S'era fatto un gran parlare in fase di pre-partita di contro misure inglesi alla tradizionale ma rinverdita aggressività mostrata dai sudafricani a Durban nel secondo tempo. Rispondere con pari foga sui punti di incontro etc.etc.: ovvio sulla carta, ma dal fischio d'inizio a Johannesburg dell'arbitro Rolland gli inglesi vengono letteralmente travolti, blown away nel deliquio del pubblico Afrikaner: gente come piace a me, che non si appassiona alle gare di fioretto ma adora quando il toro vien preso per le corna e tramortito a testate.
Al terzo minuto è Willem Alberts ad accorgersi che la palla sta uscendo dal suo lato chiuso in una mischia ordinata sui cinque metri ad introduzione inglese, non deve far altro che raccoglierla e portarla in meta, cantando ca' nun ce sta nisciuno ... La distrazione in sè è riprovevole a questi livelli ma càpita nelle migliori famiglie; il punto è che dal kickoff in poi è tutta e sola pressione montante dei sudafricani, che hanno nei mediani Francois Hougaard e Morne Steyn gli unici autorizzati a passar palla quando non a contatto con un difensore, più Bryan Habana e JP Pietersen con facoltà di deviare la corsa di qualche grado dalla perpendicolare alle linee di meta, mentre tutti gli altri sono tenuti a fare gli sfondatori dritto per dritto, uno dopo l'altro e lo fanno con partecipata dedizione. Qual pulito ed efficace minimalismo, bello e poetico quanto un haiku giapponese!
Non passano cinque minuti e tocca a Bismark DuPlessis ad allungarsi in meta dopo una azione fotocopia (di quella che aveva portato alla mischia ai cinque metri, non della meta rapinosa dello sveglio Alberts). Poco prima della fine del primo quarto di gara arriva la terza meta, guizzo di Francois Hougaard da dietro la milionesima ruck. Al 20' siamo 22-3: per rimanere nella scenografia, è come assistere agli Impi Zulu che a sprezzo della vita sommergono i quadrati inglesi nella battaglia di Isandlwana.
Va tutto troppo bene ai sudafricani, che guarda caso si distraggono un filo. Mal glie ne incoglie immediatamente, perché alla prima occasione gli inglesi li infilano: al 24' Ben Youngs batte veloce una punizione a metà campo, serve Chris Ashton che corre centrale, scarica al sostegno di Toby Flood che marca in mezzo ai pali, praticamente nella prima incursione che arrivi a toccare - e superare - la linea dei 22 metri sudafricani. La cosa viene parzialmente coperta dalla azione successiva che sfocia in un drop taglia gambe di Morne Steyn, quando sembrava che finalmente la difesa inglese riuscisse a tenere i ball carrier sudafricani lontani dalla linea di meta. Ciò chiude le marcature del primo tempo sul 25-10. E' dominio quasi totale del campo  e del possesso da parte Boks, attivato "alla neozelandese" sin dai calci di rimessa, con la variante che vengono effettuati lunghi, ma la pressione arriva immediata a guadagnar decine di metri. L'aspetto negativo è che continua la imprecisione nei piazzati di Steyn, che alla fine produrrà in un insufficiente 50%.
Vuoi l'imprecisione nei piazzati (non al piede: anzi la superiorità nell'uso e sfruttamento del kicking game da parte delle Australi è caratteristica precipua di questi Test Match di Giugno e dovrebbe essere oggetto di seria riflessione tattica), vuoi l'inevitabile distrazione di chi controlli regolarmente campo, possesso e iniziativa, il secondo tempo rivela che sotto il vestito Boks ci sta tanta buona volontà e saggia leva sui constituents classici del rugby sudafricano, ma latita ancora una reale impostazione da parte di coach Heineke Meyer, che s'è affidato alla semplicità efficace ma non ha ancora potuto serrar bene tutti i bulloni. Mentre lato inglese, il più giovane degli uncapped mostra di avere alle spalle secoli di cinica esperienza, per cui tanto per cominciare sconfitta è solo quando arbitro fischia la fine e non prima, e ogni lasciata dagli avversari è persa - per loro. E così va a finire che pur perdurando la supremazia di territorio e possesso Boks anche se con minore intensità, alla fine il parziale del tempo è a favore degli infamous basterds  inglesi che non se ne fanno scappare una: 11-17, col punteggio che al 64' arriva a un vicinissimo 31-27.
Dopo un piazzato di Steyn al 47' e dopo che coach Lancaster ha immesso le forze fresche di Tom Palmer e soprattutto di Thom Waldrom al posto di Botha e Morgan, al 50' il mediano Youngs può approfittare di un enorme malinteso tra Bismark e i suoi saltatori in una rimessa vicina alla linea di meta sudafricana, per portare in meta senza problemi un ovale pasquale cioè regalato. Al 56' un poco efficace Joe Marler viene rimpiazzato da Alex Corbisiero che dà nuova efficacia alla mischia ordinata inglese, sulla base della quale i bianchi con la Rosa (... dei Lancaster, guarda il caso) iniziano a impostare qualche azione offensiva articolata, affidandosi soprattutto alle portate di Waldrom, Parling e Tuilagi, più Ben Foden anche nel primo tempo il più pericoloso dei suoi.
Poco dopo l'ora di gioco, quando Steyn ha appena piazzato il 31-17, i Boks si trovano in 14 per una testata rimediata da Juandre Kruger a metà campo. L'arbitro non ferma un bel niente e fa effettuare una rimessa laterale nei 22 sudafricani, sugli sviluppi della quale Ben Youngs va a pareggiare il conto totale delle mete, marcando la sua seconda personale, nel mentre entra la macchinetta della barella per rimuovere il lock sudafricano. E' 31-24, dopo pochi minuti la mischia inglese conquista la punizione per il 31-27: siamo on the verge di una beffa clamorosa? Al 72' ci pensa JP Pietersen a togliere le castagne dal fuoco: finalizza una fase di supremazia Boks entrando a destra in area di meta con tanto di tuffo, a premiare una partita anzi due ricche di iniziative personali e di ottima presenza difensiva.

Tutto è bene quel che finisce bene, altrimenti c'era proprio da ridere, a trovar le parole politicamente corrette per commentare un'impresa da infamous basterds. Alla fine a coach Meyer non resta che lodare il capitano Jean DeVilliers, (nella foto), bravo a tener "composti" i ranghi dei suoi basterds sull'orlo di diventar infamous mentre lo score avversario si arricchiva, dati anche i numerosi rimpiazzi subentrati: Olivier per Lambie con Frans Steyn costretto a tornare estremo, Keegan Daniels al posto di Alberts, Flip Van der Merwe al posto di Kruger,  tutta gente probabilmente persa per l'ultima partita della serie.

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