Filippo La Porta
Qualche anno fa ho scritto una cosa contro il giallo, perciò ogni tanto mi invitano a qualche convegno come nemico ufficiale del giallo italiano. Io ho mosso alcune obiezioni fondamentali al giallo, o al noir, però leggendo il libro di Friedrich Ani ho avuto la sensazione che lui, involontariamente, replicasse alle mie obiezioni. La prima obiezione al genere è il fatto che mettere in scena dei serial killer e delle azioni efferate sia un pretesto perché non si sa raccontare la quotidianità. Per me il serial killer non è interessante, secondo me è più interessante il male. Non il male dispiegato, ma il male potenziale, il male incerto, ed effettivamente il libro di Ani ci racconta proprio la quotidianità, i conflitti famigliari tra madre e figlio, il conflitto di coppia. Un’altra obiezione che facevo al noir è che in un certo senso ci fa identificare con i criminali e ci rende indifferenti alle vittime, quindi è tutto un po’ sadomaso.
Invece nel libro di Ani c’è in ogni pagina un sentimento di pietas verso le persone sofferenti e sventurate. Poi un’altra obiezione era che il giallo italiano importa dei modelli dall’estero e alla fine il punto di riferimento non è neanche più la realtà: sono i film e la fiction televisiva americani. Si parte da quello non dalla realtà. In realtà il giallo di Ani è profondamente radicato nel suo paese, nelle sue città, nelle birrerie, nelle stazioni, nei treni tedeschi e questa cosa mi piace molto. Ultima obiezione a cui risponde Ani, è che il giallo ci diseduca perché ci abitua a pensare che la letteratura è solo intreccio. In molti gialli c’è solo il gusto dell’intreccio, invece secondo me la letteratura è visione del mondo, è rappresentazione di un destino, è interrogazione morale ed effettivamente nel giallo di Ani contano tantissimo i dialoghi. Alla fine noi dell’intreccio quasi ci disinteressiamo, non è così importante sapere come va a finire.
Friedrich Ani
Io sono un autore di gialli che durante le presentazioni vuole leggere sempre la fine del romanzo per distogliere l’interesse dal plot e indirizzarlo verso le dinamiche più profonde. Il plot e la suspense sono come il parmigiano sulla pasta, si può anche non metterlo e però amare la pasta. Quello che conta è la qualità della pasta.
Giancarlo De Cataldo
Questo Süden. Il caso dell’oste scomparso è un libro del quale mi sono innamorato subito per le ragioni opposte a quelle che diceva Filippo La Porta col quale da anni abbiamo un’affettuosa polemica sul genere giallo. Io non sapevo come sarebbe andato a finire fino all’ultima riga – come ogni buon giallo che si conviene – e sono uscito da questa lettura, conciliato con la soluzione dell’enigma che Friedrich ha trovato.
Friedrich Ani
Sono contento che dici questa cosa perché anch’io non sapevo come sarebbe andata a finire e veramente ero curioso di vedere come si sarebbe comportato questo personaggio, ma alla fine Süden mi ha convinto che dovevo seguirlo.
Giancarlo De Cataldo
Io so che Ani è molto popolare in patria. Il romanzo poliziesco tedesco ha una grande tradizione che però noi conosciamo pochissimo, invece c’è un editore che ha deciso di aprire una finestra su questo mondo culturale. Süden è una persona che non è mai al suo posto ma sa stare in tutti i posti nei quali si trova. Io ho collegato questo fatto con l’origine di Friedrich Ani che è tedesco, ma è anche siriano. E’ il prodotto della fusione di due culture. Allora mi sono domandato se non ci sia una fusione anche nei suoi personaggi e l’ho trovata. Ho trovato uno sguardo tedesco sulla Germania, ma di un tedesco che è come se esplorasse un mondo che è solo in parte suo. Il personaggio di Süden è capace di muoversi tra le due frontiere.
Friedrich Ani
Sì. Se in futuro mi mancherà di nuovo l’ispirazione, verrò in Italia e me la farò dare da Giancarlo. Sono convinto che gli autori che scrivono in maniera più interessante scrivano sempre in maniera autobiografica e non c’è una storia di Kafka in cui non ci sia lui come autore. Non mi piacciono i libri che hanno solo un plot interessante, ci deve essere anche la voce di un autore che parla di sé.
Filippo La Porta
Credo che si sia capito che a me il libro è piaciuto molto e saluto con piacere questa nuova collana di Emons che finora si è occupata di audiolibri. Anche per me il romanzo è un genere popolare. Io non ho mai amato l’Ulisse di Joyce, mi è sempre sembrato un romanzo molto accademico, mentre amo molto i racconti di Joyce. Ma la vera sfida per chi fa romanzi di genere è andare oltre il genere. L’autore di un noir deve saper usare la drammatica, la retorica del suo genere, riuscendo ad andare su un terreno di interrogazione morale che di solito appartiene alla letteratura alta. Questo lo hanno fatto degli scrittori di genere come Simenon, Le Carré, Graham Greene. C’è una pagina di questo libro in cui parla degli scomparsi che è bellissima. Lui ci mostra che l’essere scomparsi, l’essere dispersi di queste persone, contiene una verità che è più vicina alla condizione umana rispetto a quelli che hanno presenza, visibilità, successo. Questo sembrerebbe un interrogativo da letteratura alta. Allora vorrei capire se anche per lui questa è la sfida della letteratura di genere.
Friedrich Ani
Sono arrivato molto tardi alla scoperta del romanzo di genere. Scrivo da quando avevo undici anni. Scrivo poesie, racconti. Ho scoperto che il romanzo criminale mi permetteva di esprimere con la massima libertà i temi e i personaggi che mi stavano a cuore e forse anche i due aspetti, le due nazionalità, presenti in me che vanno alla ricerca di un personaggio scomparso che è mio padre. Una persona che, anche quando era in vita, non era per niente decifrabile, che aveva molte zone d’ombra.
Giancarlo De Cataldo
Molte delle cose che tu dici sul genere, Filippo, andavano bene negli anni Cinquanta, adesso è una cosa completamente diversa. Ora c’è l’altro rischio, che è quello del manierismo, dei prodotti fatti a stampino in cui c’è il commissario con il matrimonio a pezzi alle spalle, un po’ di corruzione, un intrigo di potere. Qui invece siamo su un piano decisamente più alto e questo romanzo ci ha fatto conoscere una voce veramente interessante della narrativa tedesca. Vorrei sapere come gli è venuto in mente il suo personaggio. Chi è Süden?
Friedrich Ani
Quando ho cominciato a scrivere a undici, dodici anni, scrivevo tantissimo e volevo scegliermi uno pseudonimo. Non perché non mi piacesse il mio nome, ma perché volevo nascondermi. L’unico nome che mi è venuto in mente è Süden, però ho pensato che nessuno mi avrebbe creduto con questo nome e allora l’ho utilizzato per il mio personaggio.
Filippo La Porta
Io volevo chiedergli se secondo lui la birra aiuta ad aprirsi nella conversazione. Questo perché in tutti gli interrogatori bevono la birra. Anche Maigret lo fa durante gli interrogatori. Per esempio, se devo fare un discorso serio con mio figlio, lui mi consiglia di metterci a bere birra.
Friedrich Ani
(Friedrich Ani si fa un po’ di risatine prima di rispondere, poi dice)
La birra è come la pasta. Io sono di Monaco e per noi la birra è un alimento, non è un alcolico. Ma secondo me non fa parlare bene, fa urlare, fa sconfinare, fa arrabbiarsi, ma non fa veramente parlare, non fa bene.
Giancarlo De Cataldo
Gli appassionati di gialli riconosceranno un certo passo di giallo del nord. Il giallo scandinavo è più lento di quello americano. Dovete immaginarlo con la neve. Però essendo Monaco al sud, per i tedeschi c’è un altro tipo di calore che ci rimanda a questa dualità “nord sud” in cui la birra è una maledizione perché il protagonista cerca in tutti i modi di non bere.
C’è un conflitto continuo fra restare e scomparire e mi accorgo che Süden è più autobiografico di quanto io voglia ammettere.
Giancarlo De Cataldo
Ci racconta dei suoi scritti ripresi da cinema e televisione?
Friedrich Ani
Hanno fatto due puntate di Süden e doveva diventare una serie. Hanno scelto anche un regista famoso e degli attori molto bravi ma poi la serie è morta perché giudicata troppo dark e malinconica. Merda! E’ stato veramente un peccato e gli attori e il regista ci sono rimasti malissimo. E’ di ieri sera la notizia che il mio ultimo romanzo, Giorno senza nome, che in Italia verrà pubblicato nel 2017, è stato scelto da Volker Schlöndorff, un regista che è una leggenda vivente, che ne farà un film.