Sugli insubri e gli insubrici

Creato il 19 ottobre 2012 da Bagaidecomm @BagaideComm
Quanto sappiamo sugli Insubri eponimi del nostro ateneo? Ma soprattutto, quanto abbiamo in comune con loro? Quello che voglio proporvi è un, forse folle, parallelismo tra noi studenti insubrici e quei Celti che qui risiedevano prima dell’avvento della romanitas. Prima di iniziare con il confronto faccio una breve (per quanto mi è possibile) introduzione agli Insubres e al loro rapporto con il nostro territorio, basandomi principalmente sulle lezioni del professor Giorgio Luraschi* a proposito delle origini di Como, che ahimè le novelle matricole non hanno avuto il piacere di ascoltare. I primi comaschi furono liguri, appartenenti cioè a quel popolo preindoeuropeo insediato dalle coste catalane della penisola iberica sino alle valli a ridosso dell’arco alpino, passando per l’Occitania e per la regione che da loro prende il nome. Un popolo pacifico, aperto alle altre culture (come quella etrusca), prospero. In pratica sembrava di stare nell’aurea aetas di cui scrivevano i greci e i latini; questo fino all’invasione celtica del V sec. a.C. con cui giunsero gli Insubri. I Ligures-Comenses furono soggiogati e con i nuovi dominatori arrivò anche una diminuzione dei traffici, della popolazione ma anche del livello culturale della società. La bellicosità dei Celti li portò presto a scontrarsi con l’avanzata di Roma. Subirono diverse sconfitte (225, 223,221 a.C.), l’ultima nel 196 a.C. da parte del console Marco Claudio Marcello: da quel momento ebbe inizio il processo di romanizzazione. Degli Insubri, e dei Celti in generale, gli scrittori latini non danno una bella immagine: irascibili, oziosi, ubriaconi, chiassosi, incostanti. Ma avevano una grande qualità: la capacità di comprendere la superiorità dei vincitori e di recepirne la cultura al punto che Cicerone, nelle Philippicae Orationes, definisce la Gallia Transpadana e il suo popolo “flos Italiae”. Ecco il collegamento: lo studente da barbaro deve latinizzarsi, trasformarsi, crescere, deve abbracciare quel nuovo modello di vita che è l’università (e non intendo solo libri, lezioni, esami ma anche idee, esperienze, dialogo con gli altri). Ci si deve metaforicamente spogliare delle bracae e del torque per passare alla tunica e magari alla fine togliersi l’elmo e farsi cingere d’Alloro. Ma in quanto Insubri ed Insubrici non possiamo dimenticare la nostra barbaritas, così ben descritta dagli autori classici, e a cui dobbiamo dar sfogo: solo lo spirito della goliardia può aiutarci. 
* in onore del quale sabato 20 ottobre nel chiostro di S.Abbondio si terrà il quarto incontro di aggiornamento sulle scoperte archeologiche della società archeologica comense, di cui il professore era membro http://www.archeologicacomo.it/admin/news/immagini/Convegno_2012_abstract.pdf
Jacopo Borghi

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