Sugo Finto: Affari di Famiglia

Creato il 29 febbraio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il febbraio 29, 2012 | TEATRO | Autore: Laura Cavallaro

Torna ancora una volta sul palcoscenico del Brancati uno spettacolo firmato da Gianni Clementi, “Sugo Finto”. Il titolo rimanda ad un termine di origine toscana legato al periodo post-bellico, quando la povertà era tanta e tale che la gente non poteva permettersi il lusso di comprare la carne e fare un ragù di tutto rispetto ed allora arricchiva la salsa di pomodoro con molte verdure nel soffritto. L’opera racconta la vita di due sorelle nella Roma dei nostri giorni: due zitelle che vivono insieme, Rosaria (Alessandra Costanzo) e Addolorata (Paola Tiziana Cruciani), risparmiando quanto più possono per la vecchiaia. Tra le due è Rosaria la vera risparmiatrice: lei, infatti, lavora tutto il giorno nella bottega di bottoni e tessuti di famiglia ed è solita preparare il sugo finto per la sorella la quale invece vorrebbe poter godere qualcosa di più dalla vita. L’una formica, l’altra cicala. Rosaria dominatrice, Addolorata piegata ai voleri della sorella. Due caratteri perennemente in conflitto, un conflitto che si accentua in occasione del matrimonio del cugino Augusto sessantenne con una badante moldava molto più giovane di lui. Addolorata vorrebbe tanto far bella figura con un “tailleurino beige” nuovo e con un bel regalo, ma la sorella è molto più pratica e opta per una soluzione più economica. Al ritorno dalla cerimonia, Rosaria viene però colpita da ictus. Da questo momento la situazione cambia radicalmente: Addolorata comincia a vivere una vita molto più agiata, dissipando, quasi per rivalsa, i risparmi di una vita della sorella prevaricatrice. L’unico modo che resta a Rosaria, ormai ridotta sulla sedia a rotelle ma sempre lucida di mente, per fermarla è quello di rifiutarsi di bere e mangiare. Soltanto così Addolorata tornerà sui suoi passi, abbandonando le sue smanie materialiste e i vecchi rancori per mostrare una pietas fraterna.

Lo spettacolo, diretto da Ennio Coltorti, è recitato interamente in dialetto romanesco, noto al teatro di Clementi, il quale mescola in questo grande pentolone che è la vita vera più elementi. Le sue opere, e soprattutto questa, presentano tematiche estremamente attuali. Rosaria per esempio è xenofoba nei confronti dei cinesi, che ormai hanno invaso la via attorno alla quale è sita la sua bottega, ogni giorno i prezzi si fanno sempre più competitivi e la loro piccola realtà rischia costantemente la chiusura. Ma è anche la stessa che al mercato compra i “pommodori di Israele” per risparmiare. Il teatro di Clementi attenziona più che altro la parola, che ha un peso non indifferente. È un teatro grottesco, fatto di battute esilaranti, comiche ma che non sono fini a se stesse. C’è dietro un senso profondo, un riso amaro, che ci riporta alla vita di tutti i giorni. Non ama difatti rappresentare la dimensione immaginaria, si concentra sulla realtà. Rosaria e Addolorata sono in ciascuno di noi, in tutte le famiglie, in quegli anziani che non riescono ad arrivare a fine mese, che sono costretti spesso a comprare la frutta e la verdura marcia al mercato perché costa meno, che non possono permettersi il lusso di una bistecca o del pesce.

Non di solo corpo è fatto l’uomo. Addolorata proprio perché è stata sempre privata di ogni cosa coglie la malattia della sorella come una valvola di sfogo per realizzare tutti quei sogni che fino a quel momento ha sempre e solo osservato in quella scatola magica che si chiama televisore. È molto ingenua, si lascia abbindolare facilmente proprio perché non conosce il mondo. Le piace la tecnologia, i bei vestiti e, quando si presenta l’occasione, non ci pensa su due volte prima di lasciare la sorella sola ed andare al cinema con un ubriacone russo, che le ha fatto qualche complimento e che le darà comunque buca. Alla fine si renderà conto però che le manca quella figura, che la conosce più di ogni altro, con la quale discutere su ogni singola cosa in maniera estenuante. Inutile ribadire la straordinaria bravura di queste eccezionali interpreti, perfettamente calate nei loro personaggi. La scena è molto semplice, l’interno di una modesta casa anni ’50, ma perfettamente funzionale al racconto. Un altro successo per Clementi, autore contemporaneo di cui si sentirà ancora parlare.

Per gli scatti inseriti in questo articolo si ringrazia il Teatro Brancati di Catania

Fotografie di Michele Tomaiuoli



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