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Sui ragazzi un po' truzzi che sanno tuffarsi e sulla segreta voglia di essere come loro. Riflessioni dal bordo di una piscina di metà giugno

Creato il 24 giugno 2013 da Nicola_pedrazzi @Nicola_Pedrazzi
      Sono sempre loro, ogni anno. Li vedo da quando ho memoria. Forse sono, anzi lo sono di certo, il mio primo ricordo della più umana delle sensazioni: il senso d'inferiorità. Parlo dei ragazzi spigliati, o meglio, di un sottogruppo specifico dei vari "fighi che non sarai mai": parlo di quei zovan chiassosi che sanno tuffarsi bene di testa, magari anche all'indietro, magari con qualche mezza rotazione di condimento, e che quando vengono su fanno così bene quel movimento secco con la testa per togliersi l'acqua dal viso (rigorosamente senza usare le mani).
      Loro, sono sempre loro. Cioè, qualcosina è cambiato: hanno avuto i capelli corti col gel, poi lunghi, poi di nuovo corti ma senza più gel, poi boh, forse ora sono pelati (tra parentesi: anche i loro costumi oscillano tra il lungo e il corto, ma tendenzialmente a periodo invertito). Tuttavia, al di là dell'evanescenza delle mode, i ragazzi spigliati in acqua sono sempre gli stessi. E non parlo mica dei bombers che si buttano dagli scogli pugliesi, o siciliani, o di qualsiasi altra regione ad alto tasso di disoccupazione giovanile. Perché provare invidia per loro è più che comprensibile (quanto è figo uno del posto e quanto è brutto un turista...). Sto parlando dei disinibiti da piscina, che puoi invidiare solo se hai degli irrisolti problemi di self-confidence derivanti da una qualsivoglia tettona delle medie che al massimo, una volta, ti ha scritto TVB sul braccio con una bic blu masticata e senza più il tappino (che orrore) - in verità, su quel pullman, tutte scrivevano sulle braccia di tutti... e quasi tutti avevano un tvttttb con non so quante t: sempre una più di me, comunque.
      Attenzione: non sto abbozzando i miei problemi adolescenziali affiché emerga, per contrasto, quanto li abbia superati brillantemente - questa è la tecnica segreta degli emo-fighi 2.0, i quali ritengono che l'esibizione preventiva delle proprie incapacità trasformi le medesime in punti di forza (si tratta, fidatevi, di gente che semplicemente ha creato un diversivo per non imparare a tuffarsi). Il punto qui è un altro: notare anche quest'anno quei ragazzi inconsapevolmente truzzi (si legga: spontaneamente vivi) mi ha restituito un vigore dimenticato. Perché il fatto che li veda ancora, e che, a tutt'oggi, vorrei essere come loro, significa che sono giovane. In altre parole, il giorno che i loro tribali e il loro accento napoletano (non quello di Murolo, quello di "Levate a' minigonna") offuscheranno l'invidia decennale che nutro nei confronti dei tuffi disinibiti che sono in grado di eseguire - non ci vuole certo Freud per capire l'origine di questo sentimento - significa che sarò un adulto.
      Dio me ne scampi.

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