Molto interessante l’intervista di “Avvenire” a Francesco Paolo Casavola, giurista, presidente emerito della Corte costituzionale e dal 2006 presidente del Comitato nazionale di bioetica, autore del recente libro “Bioetica. Una rivoluzione post moderna” (Salerno Editrice-Roma 2014). Casavola ha affrontato i temi eticamente sensibili su cui si sta confrontando la società, offrendo il suo autorevole punto di vista.
Innanzitutto ha criticato il fenomeno per cui per molti anziani «può esserci una scelta eutanasica anche dal punto di vista collettivo, della società, che dice: facciamo a meno di loro, liberiamoli dal peso dell’esistenza. Ci sono fattori oggettivi che spingono verso soluzioni non di fraternità umana ma di calcolo egoistico, come il computare i costi sociali della lunga vita. E gli egoismi collettivi sono più insidiosi di quelli individuali, perché più nascosti».
Molti attivisti parlano “diritto a nascere sani” o a “non nascere come un’aberrazione”, dove «l’aberrazione è innanzitutto nel fatto che questo diritto non è rivendicato dall’interessato ma è una rivendicazione dei già vivi e dei già sani che non vogliono sobbarcarsi la convivenza e le relazione con i figli che nasceranno. Da questa aberrazione può nascere una psicosi collettiva, con la ricerca di rimedi eutanasici non per se stessi ma per gli altri. L’eutanasia in senso stretto è il momento in cui l’essere umano finisce per auto-espellersi dal legame sociale, è la solitudine che assedia e poi finisce per avere ragione della persona. Ma quando i vivi e sani vogliono conservare la serenità della propria esistenza pensando di eliminare chi la potrebbe incrinare, non siamo più di fronte a un problema di autodeterminazione».
Si parla di maternità surrogata e di utero in affitto, attraverso cui «lediamo o non riconosciamo la dignità della persona. Le legislazioni più apparentemente permissive in realtà tengono conto solo di calcoli di opportunità e di egoismo da parte di chi fa scelte improprie, ovvero di chi – usando quel tanto di ironia che le metafore portano con sé – è come se andasse al supermercato a comprare un pupazzo».
Non poteva mancare il tema del gender e dell’omosessualità e delle adozioni per persone dello stesso sesso. «Anche questa è una delle tante incognite del tempo postmoderno, che tende a sostituire esigenze di affetto con esigenze di acquisto. L’affetto è dedizione, l’acquisto è egoismo. Andare oltre le diversità di genere per avere una prole rispecchia una visione di acquisto non di dedizione. Bisogna guardarsi bene da quelle che possono essere mode minoritarie ed elitarie, che non si confrontano con l’universalità delle esperienze umane».
La redazione