Nei piani dell'autrice Suite francese si sarebbe dovuta comporre di cinque parti, ma nei fatti ne esistono solo due, visto che la Némirovsky, ebrea francese, morì nel 1942 ad Auschwitz e non riuscì mai ad arrivare in fondo ai suoi piani di scrittura. A essere pubblicate, solo una decina di anni fa grazie a un fortuito ritrovamento da parte delle figlie dell'autrice, sono state soltanto Tempesta di giugno e Dolce: la prima narra dell'esodo dei parigini prima dell'arrivo dei tedeschi in città, nei giorni dell'armistizio; la seconda invece dell'occupazione nazista, che costrinse francesi e tedeschi a convivere, talvolta anche in un clima tutt'altro che di odio.
In questo post parlerò della prima parte, quella che, delle due, ho amato di meno (ma che ho comunque amato).
2- Gabriel Corte e Florence;
3- la famiglia Michaud;
4- Charlie Langelet. La famiglia Péricand appartiene all'alta borghesia, è una famiglia molto ricca e influente. Quando i tedeschi sono ormai alle porte, il padre deve restare a Parigi per lavoro, mentre la madre si mette in fuga insieme ai suoi quattro figli minori, con un pensiero sempre fisso per il maggiore, Philippe, sacerdote impegnato con un gruppo di terribili ragazzini. A dare più problemi alla povera Charlotte, che sta tentando di raggiungere Nimes dove ha dei parenti che possono aiutarla, è Hubert: troppo piccolo per essere chiamato alle armi, ma troppo grande per restare a guardare. Hubert una notte scappa via e raggiunge l'esercito francese, impegnato nel difendere un ponte dall'attacco tedesco, lui ha solo 17 anni, non ha armi, non ha una divisa, è romanticamente patriottico, ma in realtà è più l'impiccio che l'aiuto ciò che offre ai militari suoi compaesani. Capito l'errore, deluso per via dell'armistizio, torna sui suoi passi alla ricerca della famiglia che ha lasciato. Ci ritornerà ormai uomo, dopo aver visto l'orrore della guerra e dopo aver conosciuto anche una notte d'amore con Arlette Corail. Arlette è una ballerina che lascia Parigi grazie al suo amante Corbin, direttore della banca in cui sono impiegati i coniugi Michaud, persone semplici, con un grande amore e un figlio, Jean Marie, soldato francese di cui non hanno più notizie. Temono che sia morto, ma in realtà, dopo essere stato gravemente ferito, ha avuto la fortuna di ricevere le amorevoli cure di una famiglia di campagna, dove ha incontrato anche Madeleine, che, prima di lui, voleva farsi suora. Forse i due si amano, ma non se lo dicono, può darsi che sia stata solo la guerra a farli avvicinare, ma ormai è stato firmato l'armistizio e forse tutto può ricominciare, normalmente, perciò lui riparte e lei sposa Bonait, un prigioniero di guerra che è riuscito a fuggire. Senza famiglia è invece Gabriel Corte, scrittore pieno di sé, che cerca con tutte le forze di proteggere i suoi manoscritti, quasi più della sua vita. Nella fuga porta con sé l'amante Florence. Charlie Langelet infine non ha neanche un'amante, è uno scapolone d'oro con una profonda passione per le porcellane. Una volta terminato l'esodo, una volta evitata con un'immensa fortuna la morte, quando ormai pensa di essere al sicuro, incontra una donna che lo stuzzica e con cui decide di uscire: lei è, ancora, Arlette, la donna onnipresente che è tanto brava con gli uomini quanto non lo è con le automobili.
Suite francese, nel suo complesso, mi ha conquistata, nonostante questa prima parte mi abbia ispirato lentezza, come se tutte le vite che racchiude, come se tutte le persone che brulicano per le vie di una Parigi che all'improvviso si svuota, come se i protagonisti e tutti quelli che stanno loro intorno, ma che non conosciamo, costituissero un lento fiume che noi abbiamo la fortuna di poter guardare scorrere dall'alto. Non ci possiamo mettere i piedi dentro, non ne abbiamo neanche voglia, ma lui è lì, che scorre lento lento, verso il mare, verso la libertà, verso la salvezza.
Avevo già assaporato la guerra nella letteratura di Irène Némirovsky con Notte in treno, un breve racconto sulla prima notte del conflitto in cui si mostra come, con l'inizio delle avversità, sembrano essere scomparse tutte le differenze tra le persone. Sembra quasi, in quella notte sospesa, che il più povero sia come il più ricco, distanti anni luce eppure uniti dal fine comune di salvarsi la vita. Il tema in Tempesta di giugno viene ampiamente approfondito: durante la fuga da Parigi le strade si riempono di uomini che sembrano talvolta, non sempre, essere solidali gli uni con gli altri, anche con chi il giorno prima non avrebbero degnato di uno sguardo. Ma quanto è vero e profondo questo altruismo? Poco. Quando il treno del racconto arriva alla stazione, quella notte sospesa finisce e tutti sono di nuovo indifferenti gli uni agli altri; nello stesso modo, passato il terrore iniziale di quell'esodo massiccio, i parigini tornano a essere quello che sono sempre stati, o forse anche peggiori di quello che sarebbero in condizioni normali. Mors tua vita mea, in certi contesti sembra essere questa l'unica legge esistente. Alla fine dei giochi anche la guerra è meno dura per chi ha i contatti giusti, per chi sa vendersi, per chi ha l'automobile, per chi ha i soldi per spostarsi e per comprare.
Sono curiosa di vedere il film, perché trasporre questo pipinaio di vite al cinema immagino sia stata un'ardua impresa, soprattutto per quel che riguarda questa prima parte.