In un articolo in cui raccomanda la lettura di Educazione siberiana di Nicolai Lilin, Roberto Saviano pone in apertura un consiglio ricevuto da Goffredo Fofi: “Affacciati alla finestra e raccontami cosa vedi, scendi giù, attraversa cosa vedi.”
Il racconto del vero, la narrazione dell’esperienza e di mondi esistenti più incredibili (sia nel meglio, ma più spesso nel peggio immaginabile) di quelli scaturiti dalla fantasia è un tema ricorrente nelle diatribe tra scrittori.
Nel merito di questa discussione su realismo, verità, e finzione, io mi pongo esattamente nel mezzo: il racconto del reale spunto di una narrazione è qualcosa che mi interessa più dell’inventato fine a se stesso, ma non vedo limiti nel romanzare il vero, finché esso non viene snaturato o caricaturato.
Il fatto è che fare le pulci a Lilin su quanto abbia romanzato i ricordi della sua infanzia e adolescenza (Lilin è appunto nato parte di questo clan) e quanto invece ne abbia fatto una cronaca fedele e puntigliosa non credo abbia molto senso. Il ricordo del passato è uno dei bagagli più fallati e personali che l’uomo porti con sé. Il racconto del passato, invece, passa attraverso così tanti filtri che chi afferma di raccontare “con piena fedeltà” è il più illuso dei narratori.
In Educazione siberiana, personalmente, sono convinta che vero e romanzo coesistano, anche se non so in che proporzione; così come dovrebbe essere fondamentale ricordare che è stato spesso l’occhio di un bambino a osservare. Un occhio vergine, ingenuo, aperto, inconsapevole di ciò che è oltre i limiti fisici del territorio (l’URSS, la realtà geopolitica del mondo). Pronto in tutta la sua pienezza all’Educazione siberiana. Titolo azzeccatissimo, che rimanda a quella che io considero la sostanza del romanzo e, poi, del film.
L’Educazione siberiana è il corpo di regole che guida il clan dei siberiani, quello che va a formare il “criminale onesto”. Rispetto per gli anziani e i matti, ma non per chi non fa parte del clan. Rituali infiniti nell’uso e nel possesso delle armi e nella gestione del denaro, ma omicidio come metodo quotidiano di risoluzione dei problemi. E’ un mondo violentissimo e spietato, impressionante, e al contempo una comunità solida e unita, fondata tanto sul furto quanto sulla condivisione e l’aiuto reciproco. Il protagonista, bambino, viene educato a questo modo di vivere.
[...] in lingua siberiana viene chiamato “intagliare”, per la somiglianza che c’è tra l’educazione di un giovane e la lavorazione di un ceppo di legno
Ma, tornando alla narrazione. Le “cose” che Lilin racconta POTREBBERO essere una calamita. Un mondo quasi mai narrato, a noi sconosciuto. Una realtà portata fuori dalle case in cui è vissuta, allontanata dalle croci sulle armi, dalla sacralità del modo di ammazzare, e che cambia modo di narrarsi: nel clan il racconto non è la scrittura, ma il disegno sul corpo… sono i tatuaggi indelebili sulla pelle che raccontano storie individuali, ricche di simboli, dolori, sentimenti, scelte, non i romanzi.
E c’è un passaggio, quello del “scritto su corpo” che racconta l’inviduo, quello dell’oralità che tramanda valori e storie, che quando si fa libro… fallisce.
Perché se è vero che Educazione siberiana racconta un mondo interessante, è anche vero che, almeno per me, lo fa in un modo che interessante non è per niente. Le storie nascoste dalle giacche e camicie, percorsi di simboli scuri sulla pelle, e il tramandare di voce in voce tipico del rapporto tra generazioni, diviene nel libro una moltitudine di microstorie infinite e disperse, di infinite digressioni che fanno perdere il filo esile della trama.
E così i riti, le sacralità, le leggi non sono il mostrare di un vecchio al giovane, ma uno spiegone pedissequo del narratore. Noioso, poco integrato e funzionante. Educazione siberiana pare più un collage di appunti e note che un romanzo; è il racconto senza coesione di una voce che si rivela in uno stile di scrittura acerbo.
Il problema da molti affrontato è la verità del racconto: Lilin racconta vero o inventato? Per me il problema, invece, è come lo fa: prolisso, programmatico, piatto. Pagine e pagine di spiegazioni senza trama né inflessione. Uno stile talmente didascalico che fin dall’inizio mi ha causato un’irritazione non indifferente. Grado di empatizzazione? ZERO. Pagine e pagine di microstorie che iniziano e finiscono.
Uno straniero che scrive in italiano. E che non viene aiutato da un editing consistente… forse per mantenere un certo tono da “terra terra”? Non so.
E’ solo CONSEGUENTEMENTE allo stile e alla voce narrativa che si accende, per me, la questione della verità dietro il racconto: perché il tono di cronistoria piatto e freddo, senza arte né parte in termini scrittori, ha senso forse forse solo su un racconto estremamente autobiografico. Nel qual caso sarebbe, almeno, un racconto autobiografico pessimamente raccontato. Altrimenti è una collezione di baggianate pessimamente raccontate.
Se sono arrivata in fondo, con estrema fatica, è solo perché avevo deciso di leggerlo prima di vedere il film che Gabriele Salvatores ne ha tratto. Non volevo rinunciare a far la saccente che “io il libro l’ho letto!”.
E’ meglio perché pur se ha una trama debole, spezzettata dai continui salti temporali, e con una gestione affrettata e superficiale, si fa vedere. Sia per la fotografia, bella, che per quell’educazione siberiana che dicevo, che qui non è più spiegone palloso, ma è mostrata, è raccontata con episodi e scene, e ha spesso la voce di John Malkovich, e rappresenta decisamente la parte più interessante del film. Armi e tatuaggi esaltano l’io tamarro.
Non è un capolavoro e all’uscita dalla sala in molti, io per prima, portavano espresso in viso un “mah” poco convinto e rimuginante, ma decisamente ci si arriva in fondo, a differenza del romanzo, senza costringersi sulla sedia.
——-
Gabriele Salvatores ospite a Che tempo che fa parla del film Educazione siberiana; un caffé con Lilin per parlare del suo ruolo nella trasposizione cinematografica.
Educazione siberiana
Nicolai Lilin2010
Super ET
pp. 348
€ 12,50
ISBN 978880620256
Film di Gabriele Salvatores.
Con Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Eleanor Tomlinson, Jonas Trukanas, Vitalji Porsnev.
Drammatico, durata 110 min.
Italia 2013. – Uscita: giovedì 28 febbraio 2013