Sul diritto d’autore

Da Ayameazuma

Sul diritto d’autore

Posted by Guest of Honor on ott 4, 2011 in Blog, Consigli scrittevoli | 0 comments

Per legge, chiunque crei una qualsiasi opera di ingegno – un romanzo, un racconto, una poesia, una canzone, una traduzione etc. – acquisice, automaticamente – nel momento stesso della creazione ed anzi, addirittura durante la creazione stessa, si pensi ad es. alle opere incompiute – , il diritto ad essere considerato il solo autore della sua opera. Fin qui siamo tutti d’accordo. Sto parlando del diritto morale d’autore, che comprende anche altre facoltà. Il diritto morale d’autore è un diritto indisponibile. L’autore non può alienare, a titolo gratuito o oneroso, e neppure dismettere la sua qualità di autore a terzi. Oggi persino la Disney ha riconosciuto che non tutti i suoi disegni animati furono opera del fondatore Walt, ma di decine e decine di anonimi collaboratori sottopagati.

Ma il diritto d’autore ha anche un aspetto patrimoniale: il diritto di sfruttamento economico dell’opera. E si tratta di un diritto disponibile, come per tutti i diritti di natura patrimoniale. Sia in vita che per testamento. In genere, l’autore ha la titolarità fin da subito anche del diritto di sfruttamento economico delle sue opere. Non sempre. Salgari aveva firmato un contratto che cedeva i suoi romanzi futuri e una simile transazione è perfettamente legale anche al giorno d’oggi (che poi Salgari si sia suicidato (anche) per questo, è un’altra storia); si deve ritenere che, nella stragrande maggioranza dei casi, uno scrittore, soprattutto se alle prime armi, è il contraente cd. debole rispetto all’editore, nel senso che è disposto ad accettare di cedere il suo diritto economico d’autore sull’opera per il tempo massimo consentito dalla legge – vent’anni – senza praticamente nessuna vera contropartita o garanzia. So che questo problema, per molti di voi, sembrerà passare in secondo piano rispetto a quello di, innanzitutto, trovare uno straccio di editore, non eap, che vi pubblichi, ma non per questo è di poco conto. Firmare un contratto con, ammettiamo, una grande e seria casa editrice non vi assicurerà necessariamente soldi – ho visto Eco per strada due volte negli ultimi dieci anni e giuro che aveva sempre la stessa giacca – e diffusione dell’opera. La grande casa editrice vi farà firmare un contratto editoriale che vi vincolerà per vent’anni, dove non assume l’obbligo di un tot di edizioni e magari in seguito si disinteresserà dell’opera e dovrete ricorrere alla scappatoia prevista dal codice del diritto d’autore: chiedere all’editore, con raccomandata a/r, se ha intenzione di procedere ad una nuova pubblicazione da qui ad un anno e, in caso contrario, liberarsi dal contratto.

Il diritto patrimoniale d’autore si estende per tutta la vita dell’autore e per settant’anni dalla sua morte. Ovviamente, a beneficio dei suoi eredi, testamentari o legittimi che siano. Sembrerebbe – e lo è – una norma di civiltà. é giusto che l’autore e i suoi eredi beneficino dei proventi dell’opera. In realtà, il 90% o più dei proventi andranno all’intermediario, l’editore. Credete dunque che il diritto patrimoniale d’autore vi renderà ricchi? Allora siete senza speranza. Credete che il diritto patrimoniale d’autore non ostacolerà la diffusione della vostra opera – una cosa che dovrebbe starvi molto a cuore – , da vivi come, corna facendo, da morti? Datevi voi una riposta, ma se avete in corso vari download dai vs. muli e torrenti vari siate quantomeno coerenti. In un’epoca di scambi peer to peer, dove l’unico vero valore è il tempo e la scelta di cosa vedere/leggere/ascoltare, nuove forme di remunerazione, morali ed economiche, dovrebbero essere pensate. Hanno senso ancora il ruolo dell’editore e del distributore, intermediari che non solo fanno da diga ai proventi, ma che aumentano esponenzialmente i costi ed impongono dictat su cosa pubblicare e cosa no, quando i dati possono essere smaterializzati? Ed ha senso inquinare per produrre beni, i libri, bellissimi oggetti feticci, ma pur sempre, appunto, feticci? Leggere ebook è forse contrario alla vostra religione? Il codice del diritto d’autore – e relativo regolamento attuativo – sono del 1942, più antichi della Repubblica Italiana.  È stato scritto da un regime dittatoriale, alleato dei nazisti, mentre l’Italia era una monarchia e c’era una guerra in corso.
Non sto offrendo soluzioni e se sembra che stia parlando da un pulpito, chiedo venia, ma possibile che non siamo in grado di pensare a qualcosa di meglio, o almeno di più moderno? 70 anni dalla morte dell’autore. A chi giova veramente? é poco o è molto? Pensate che il Mein Kampft diventerà di pubblico dominio il 30 aprile 2015. Fino ad allora arricchirete gli eredi di Hitler, da qualche parte in Austria, e soprattutto i suoi editori. Dal 1 maggio 2015 sarà disponibile gratis. Anche se vi consiglio di leggere cose più interessanti.

Avvocatospadaccino dice di sé: tempo fa persi tutti i miei ideali, come Secco dei Simpson e iscrissi a giurisprudenza. Forse a qualcosa è servito. Di certo sono servite le lezioni di scherma! So, you are on the advise.