Siamo sul Grande Raccordo Anulare, per tutti ormai Sacro Gra, dal titolo del documentario di Gianfranco Rosi vincitore del Leone d’Oro alla Mostra di Venezia, da domani nelle sale.
In particolare, siamo ospiti del ristorante Anaconda, costruito a mo’ di palafitta sul Tevere, con travi di legno azzurre che affondano nel verde intenso dell’acqua. Accanto a noi, Cesare l’anguillaro gioca con il Leone e sospira perle di saggezza popolare: “Dopo Venezia a me non è cambiato niente, io amo il Tevere e rimango sempre dentro il Tevere. Niente può cambia’ la vita mia“.
Poco più in là Roberto il barelliere scherza con il nobile piemontese Paolo, mentre il principe Filippo sorride con la consorte Xenia e sua figlia, il palmologo Francesco osserva compiaciuto e Gaetano, attore di fotoromanzi, posa per i fotografi. Sono gli indimenticabili protagonisti di un film che mostra come il reale possa essere più straordinario, speciale, imprevedibile della finzione.
Durante la conferenza spunta una notizia: da domani sui pannelli a messaggio variabile del Grande Raccordo Anulare sarà visualizzato il pittogramma del Leone d’Oro. “Vedete? Anche il Raccordo esce bene dal film“, commenta ridendo il regista.
Gianfranco, l’emozione di vincere un Leone d’Oro?
Un’emozione direttamente legata alla sorpresa: mai avrei pensato di ricevere un premio così importante. Essere in concorso era già un premio per me.
Quali sono stati i “tempi” di questo film? Di ricerca, di ripresa, di lavorazione?
Tre anni di lavorazione complessivi, un percorso lungo di ricerca: i primi otto mesi neanche avevo idea di dove potesse arrivare il film. Ogni ripresa di fatto durava max 5 minuti, perché poi arrivava la polizia, si segnalavano a vicenda che stavamo girando sul Raccordo a bordo del nostro camioncino.
Come si è regolato con le storie da raccontare?
L’idea iniziale è stato non dare una trama ma cogliere frammenti di vita in un attimo. Un attimo che è durato mesi e mesi di frequentazione: bisogna frequentare a lungo una storia per capire qual è la verità e l’essenza da raccontare.
Ha tagliato fuori molti personaggi?
No, tutti i personaggi che ho seguito sono nel film. Ho tagliato altro: essendo privo di trama e dunque privo di un inizio, ho optato per un’astrazione che non fosse un elemento negativo, tutto con una forma che avesse un senso e una forza. E ad oggi non ho rimpianti su scene rimaste fuori.
Il film è dedicato a Renato Nicolini: come mai?
Doveva essere la guida narrativa e il fil rouge del film, un architetto che girava il Raccordo a piedi, poi si é ammalato e da lì ho deciso di smembrare il film da ogni mappatura di luogo, secondo il suo consiglio: “Apri il cerchio e fallo diventare una rete infinita”.
Sacro Gra esce domani nelle sale: è pronto per la sfida del pubblico?
Maltese ha scritto che gli italiani non andranno a vedere il film, la trovo una cosa spiacevole. Finora abbiamo riscontrato un entusiasmo immenso, in generale la sfida è portare il documentario sul grande schermo. Speriamo che i romani possano amare questo film.
di Claudia Catalli per Oggialcinema.net