Sul ritorno della Dimora
Da Ellisse
Bene, il blog di Francesco Marotta, uno dei luoghi più significativi
della poesia in rete e non, ha riacquistato la sua piena visibilità,
dopo essere stato oscurato da Wordpress per qualche giorno. Ne sono
particolarmente felice.
Non vorrei farla lunga, ma mi andava di buttar giù qualche
considerazione in margine alla vicenda dell'oscuramento de "La Dimora
del tempo sospeso". Ne ignoro le ragioni, certo, ma la cosa è di per sé
irrilevante, stante il fatto che l'azione di Wordpress è stata tanto
stupida (in quanto probabilmente "meccanica", o legata a qualche astrusa
regola di policy) quanto sproporzionata e del tutto
ingiustificata. Quindi le ragioni non sussistono, a prescindere.
Comunque l'effetto immediato è stato che parecchi di noi (Francesco dice
centinaia, e mi piacerebbe davvero conoscere i numeri) hanno messo in
moto su Facebook un tam tam, avviato se non sbaglio da Viola Amarelli, e
hanno bombardato Wordpress di email di protesta. Questa in breve la
storia. Credo che sia la prima volta che capita, almeno in questa
nicchia digitale.
Dunque una comunità poetica e sociale esiste? Direi di sì, almeno in
una accezione più vasta, non quella di addettucci ai lavori, ma quella
di gente che legge, scrive, commenta, a vari livelli e con vari esiti,
la poesia. Gente che si incazza se gli chiudono uno dei siti poetici
preferiti. Quindi un numero indefinito di persone interconnesse e
intrecciate, come se tutti i giorni, in tutte le librerie d'Italia e per
parecchie ore al giorno, parecchi lettori, scrittori, critici e
semplici curiosi si incontrassero, scambiandosi una massa di
informazioni di sicuro non quantificabile ma certo cospicua. Forse un
mare magnum, certo, spurio e multiforme, e tutto sommato niente di
eccezionale, se si guarda la situazione internazionale. E non mi sto
nemmeno a chiedere che percezione hanno di tutta questa faccenda le
majors editoriali, i canali tradizionali, le università. Una storia di
mondi paralleli, ma così è.
I social network, se li spurghi da tutte le fanfaluche che vi
proliferano, si confermano uno straordinario strumento (come tutti gli
strumenti quindi vanno usati "bene", non solo per le foto del gatto o i
pensierini del mattino), a maggior ragione in questa occasione in cui
Facebook ha di fatto operato una bella sinergia a favore di uno
strumento oggettivamente più anziano ma infinitamente più ricco e
"letterario" come il blog. E' per questo forse che bisognerebbe
rimeditare questa bella esperienza, o almeno dovrebbe farlo chi ritiene
la poesia una forma di "resistenza" artistica. Senza ovviamente deliri
di potenza.
In questa realtà che possiamo chiamare digitale sembrano attivarsi
dinamiche appunto "sociali" impensabili altrove, ad esempio
nell'editoria tradizionale o nei rapporti accademici. Voglio dire,
questa mobilitazione spontanea non sarebbe stata forse possibile da un
punto di vista, per così dire, puramente ideale, solo legato all'idea,
magari romantica, della poesia come bene assoluto. Ma certamente essa è
stata invece sostenuta dal punto di vista affettivo. Insomma,
all'interno di queste realtà, il termine "amicizia" ne è uscito per una
volta molto meno impoverito. Un fatto di una certa importanza. Evviva. (g.c.)
Approfitto dell'occasione per ricordare (ma non ce n'è bisogno) che
Francesco non è solo il generoso gestore di un blog importante, ma anche
un eccellente poeta. Perciò ecco tre testi in cui è centrale la fede di
Francesco nella purezza di una parola etica e poetica, Sono tratti da
"Per soglie di increato", un bel libro credo ormai introvabile
(l'editore, "Il crocicchio", non esiste più). Andrebbe ristampato. Vi
invito inoltre a leggere, se non lo avete già fatto, questi altri due
post QUI e QUI, sempre di e su F. Marotta.
a Nanni Cagnone
non tremano le parole
nella grafia invecchiata
delle nostre vite - alcune
si dispongono
in ibridi di carne,
cesellano malìe sui nastri
incisi nella traversata
o tardano
senza risolversi al ritorno
nelle acque rauche
di stagni memoriali,
nella vertigine innevata
di una foto segnata di polvere,
col sole bambino,
le vele distese
come campane al vento
e poche piume d'angelo
irrequieto
disposte in gomitoli di cielo: -
non trema
l'illusione spenta di rime
che curva il sillabario dei pensieri
verso immobili foglie
di sillabe malate -
anche il giorno che indossa
squarci d'acqua
ha occhi franati sotto il peso
di orizzonti troppo calmi,
lacere trasparenze
negli specchi
che mancano alla voce
lascia alla parola l'aura
incantata delle origini,
il lume che le compete
per nascita e destino,
il fondo oscuro
matrice d'ogni luce,
la luce viva
che inclina all'ombra
per rovesciare gli orli
della fiamma e
leggersi notte nel lampo
che l'annuncia —
oppure colma la mano
nel buio della voce
e riportala, satura di ferite,
fino alle labbra, al vuoto
lasciato dalla prima
sillaba: -
ci sono gesti augurali
che danno corpo e
suoni
all'invisibile,
all'increato che migra
tra due accenti —
un solo sguardo è luce,
lo stesso sguardo tenebra
nel varco
stimmate di un verso
covato nell'assenza,
levigato al lume del mattino
col sale di cui sono gravide
le ombre quando lontanano
oltre margini d'abisso
e il cielo è già una pagina
del libro senza sonno delle ore: —
solo una sillaba
attraversa le acque e si offre
all'altra riva del giorno,
scivola portando in bocca
la rotta per il vento,
nelle mani il crepuscolo
dove si spoglia il mandorlo
del suo mistero tagliente,
dell'acerba curva di sorgente
che respira inavvertita
nel suo nocciolo di tenebra -
reliquia di corpi
in divenire
o soglia possibile d'eterno
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