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Sul viaggio del Papa in Messico, l’onta indelebile di Marcial Maciel

Creato il 22 marzo 2012 da Eldorado

Sul viaggio del Papa in Messico, l’onta indelebile di Marcial MacielIl papa sarà in Messico venerdì e troverà ad attenderlo non solo le folle dei cattolici onesti e fedeli, ma anche feroci polemiche. José Barba ha scelto proprio questo giorno per presentare il suo libro ¨La voluntad de no saber¨ sugli abusi e le violenze sessuali operate da Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo. Papa Ratzinger non incontrerà le vittime di quegli abusi, forse perché coinvolto in prima persona nella vicenda quando, da responsabile della Congregazione per la dottrina della fede, instò che le denunce sulle pratiche pedofile del potente prelato fossero dirette esclusivamente al tribunale ecclesiastico del Vaticano, impedendo così il coinvolgimento della giustizia ordinaria.  

Padre Maciel è stato per lunghi anni l’uomo forte della Chiesa cattolica messicana. Nato nel 1920 nello stato di Michoacán, con tre zii vescovi (uno diventato santo nel 2006), si appassiona alla causa cattolica durante la guerra dei cristeros, conflitto che opponeva i fautori di uno stato laico e indipendente ai seguaci clericali, i cristeros appunto, che si resistevano agli espropri delle immense fortune ecclesiastiche del Messico. Francisco González Árias, lo zio vescovo di Cuernavaca, è colpito dall’attitudine battagliera del giovane nipote e se lo porta appresso, destinandogli differenti precettori privati perchè possa terminare gli studi. Qualcosa non va già in quei giorni lontani: per ragioni mai spiegate, il ragazzo viene espulso da due seminari e può essere ordinato sacerdote solo grazie all’impegno profuso dall’influente zio. L’altro, quello che diventerà santo, Rafael Guízar Valencia, il giorno precedente la morte, avvenuta nel giugno del 1938, riceve la visita di due donne, vicine di casa di Maciel, che si lamentano con lui dei festini che il diciottenne nipote del prelato organizza in compagnia di bambini. Una situazione grave e penosa, che altera a tal punto il vescovo tanto da provocargli il fatale infarto.

Maciel, peró, non si scompone. Appena ventenne costituisce i Legionari di Cristo con tredici giovani religiosi. È Il 3 gennaio 1941. I giovani sono seminaristi e ragazzi che si interessano di teologia e filosofia. Nelle riunioni si discute del ruolo della chiesa cattolica, della necessità di fondare un ordine capace di difendere il dogma e di contrarrestare l’avanzata del comunismo. In Europa infuria la guerra, ma anche in America Latina la situazione é una polveriera. In Messico, in Guatemala, nel Salvador le rivolte delle masse contadine sono all’ordine del giorno. La risposta dei governi conservatori è la repressione, con massacri oggi scivolati nell’oblio.

Maciel va avanti per la sua strada e riceve il sacerdozio tre anni più tardi, nel tempio per eccellenza del cattolicesimo messicano, la basilica della Vergine di Guadalupe. Il ragazzo, che ha solo 24 anni, è destinato ad una brillante carriera. Quella dei Legionari di Cristo si trasforma nell’opera della sua vita, alla quale dedica anima e, è il caso di dirlo, corpo. Nel 1946 il giovane sacerdote è già al cospetto di papa Pio XII a presentargli il progetto dei Legionari. Al papa piace l’idea e quattro anni più tardi convoca Maciel a Roma, dove il Vaticano gli mette a disposizione i fondi necessari per la formazione del Centro di Studi Superiori della Legione di Cristo. Costantemente in viaggio, il sacerdote inizia la sua opera proprio nel Messico natale, dove i suoi interlocutori sono i facoltosi imprenditori dell’alta società. La prima grande finanziatrice dei Legionari è una ricchissima vedova, Flora Barragán de Garza, con i cui soldi Maciel si compra una Mercedes Benz e fonda nella capitale la prima scuola della Legione, l’Istituto Cumbres. Siamo nel 1952. A partire da questo momento padre Maciel tesse con pazienza e ardore il gioco di amicizie ed influenze che lo terranno sempre in una posizione di prestigio per il resto della vita. Sempre più spesso a Roma, organizza i Legionari che si attestano, con collegi e scuole, in diversi paesi: Argentina, Brasile, Canada, Stati Uniti, Colombia, Cile, Messico e Venezuela in America; Austria, Spagna, Italia, Irlanda e Svizzera in Europa.

L’opera dei legionari è proprio questa: formare e guidare bambini e adolescenti verso una vita adulta votata a Cristo ed al suo messaggio. Per il pedofilo Maciel le scuole dei legionari sono come un parco di divertimenti. Può scegliere indisturbato i bambini che più gli aggradano, da differenti scuole e di differenti nazionalità; in alcuni casi li perseguita con violenze continuate e, poi, nel caso di proteste, li minaccia di esporli alla vergogna pubblica e di espellerli dall’Ordine. Il sistema di potere interno ai legionari, basato nel silenzio e nell’obbedienza, funziona perfettamente perché nulla trapela.

Nel frattempo, nel 1959 ha dato alle stampe un libro che si vende come pane tra i fedeli: El salterio de mis días (Il breviario dei miei giorni). Nelle sue pagine Maciel narra le persecuzioni che avrebbe subito durante la gioventù, ricercato dai soldati governativi e costretto alla fuga per poter diffondere la parola del Vangelo. Un’opera struggente che gli regala notorietà e la fiducia di quel Messico cattolico e conservatore che crede nella moralizzazione dei costumi. El salterio de mis días diventerà la referenza letteraria dei Legionari, che lo useranno per decenni come una specie di Bibbia interna, modello ed esempio di vita dedicata al sacrificio e alla religione. Sull’onda del successo del libro Maciel fonda il movimento Regnum Christi, un gruppo fondamentalista, fortemente impegnato nella diffusione dei valori morali cristiani.

Solo nel 2009 –cinquantanni dopo- la Agencia Católica de Informaciones rivela che El salterio de mis días è un plagio (¨all’80% nello stile e nel contenuto¨ rivela il documento) di un’opera del politico spagnolo Luís Lucía, scritto nel 1941 durante la dura prigionia nelle carceri franchiste. Lucía non avrebbe mai potuto protestare, perché morto nel 1943, sedici anni prima del plagio. Maciel non si era nemmeno sforzato di cambiarne il titolo: la memoria di Lucía si intitolava, infatti, El salterio de mis horas.

Sul viaggio del Papa in Messico, l’onta indelebile di Marcial Maciel
Nell’arco di mezzo secolo i legionari crescono, diventando la congregazione più ricca e potente dell’intera chiesa cattolica: 145 collegi, 21 scuole superiori, 9 università sotto il controllo diretto, più un numero considerevole di altri istituti che portano l’egida della Legione. Tremila seminaristi e seicento sacerdoti che si mantengono grazie all’appoggio costante di ricchi donatori, la crema dell’oligarchia latinoamericana. È la roccaforte della destra cattolica, intransigente e moralista, che invia i propri pupilli a studiare nei collegi dove si formano non solo seminaristi, ma un numero enorme di laici fortemente coinvolti con la causa della congregazione. Chi, una volta terminati gli studi, decide di dedicarsi all’evangelizzazione riceve, sul modello protestante, un salario ed una destinazione, con il compito sì di aiutare i bisognosi, ma soprattutto di introdursi negli ambienti del potere. Gli stessi Legionari ammettono di aver orientato la loro missione nel formare i pupilli delle elite politiche ed imprenditoriali, insomma i giovani che erediteranno la terra e con essa, il potere e le ricchezze. Sono loro che hanno preso il posto dei Gesuiti nell’istruzione delle classi dominanti, diventando di fatto i confessori dei più prestigiosi nomi dell’America Latina. Il magnate Carlos Slim, l’ex presidente messicano Vicente Fox, sua moglie Marta de Sahagún, José María Aznar, il milionario Dionisio Garza Medina, sono solo alcuni dei più entusiasti finanziatori.

Per anni Maciel non è solo il fondatore, ma il leader indiscusso di questa opulenta comunità. Lo appoggiano i devoti di quattro continenti che non hanno remore a dirigere le loro preghiere e, soprattutto, i loro soldi alle casse dei Legionari di Cristo. La congregazione va protetta perché in America Latina, è l’unica  roccaforte in grado di resistere alle bordate delle sette pentecostali. Risponde colpo su colpo alle massicce campagne di conversione, muovendosi rapidamente nell’organizzazione delle controffensive inviando nei luoghi a rischio di infiltrazione i suoi sacerdoti pronti a reprimere l’avanzata delle altre chiese. Con queste credenziali i Legionari sono praticamente inattaccabili all’interno della rigorosa gerarchia della Chiesa cattolica. Negli anni, il potere si fa così forte che soffoca ogni tentativo di coloro che hanno subito le violenze di padre Maciel e che chiedono giustizia. Si tace, si soffre in silenzio, si preferisce l’anonimato e l’omertà piuttosto che mettersi contro l’ordine stabilito.

Eppure, qualcuno ci prova. Nel 1976 Juan José Vaca denuncia le pratiche omosessuali e, soprattutto, pedofile di padre Maciel e ricorda ad un ambiente ipocrita e dalla memoria incredibilmente corta che dal 1956 al 1958 il suo tutore era stato sospeso dal ruolo di leader dei Legionari per un’inchiesta interna che aveva come soggetto proprio il suo comportamento sessuale. Il Vaticano sapeva, ma a partire dal 1959 decide lo stesso di rincorporare il sacerdote nel suo ruolo di guida e di dargli piena fiducia nell’organizzazione della Legione di Cristo. Eppure Maciel, soprattutto tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta, aveva praticamente fatto della violenza sessuale un rito di iniziazione per coloro che desideravano entrare nel ristretto circolo dei collaboratori più fedeli. Lucido e sereno nel suo agire, tendeva la rete in maniera maniacale, facendo in modo che il suo lavoro coincidesse con l’esecuzione dei propri desideri morbosi. Juan José Vaca è enfatico quando parla con l’inviato del quotidiano spagnolo “El País”: “Maciel mi ha fatto perdere la verginità quando avevo 13 anni e per altri tredici anni mi ha costretto a dividere il letto con lui”. Maciel, che ha un debole per il giovane connazionale, lo fa avanzare nella gerarchia dei Legionari di Cristo, fino a promuoverlo presidente della congregazione negli Stati Uniti. È proprio lui, però, il primo a parlare e a rompere il muro dell’omertà. Nell’ottobre 1976 scrive una lettera toccante, dove racconta di come Maciel lo aveva ingannato quando non era che un bambino, per ottenerne i favori sessuali.

“Sono entrato nei Legionari a 10 anni, ero un bimbo talmente innocente da non sapere nemmeno cosa fosse la masturbazione” continua Vaca, che ha infine lasciato la veste sacerdotale. È Maciel che lo inizia ai segreti del sesso, che lo convince con la scusa di aver ricevuto una dispensa speciale da papa Pio XII per giustificare alla spaventata vittima le sue azioni disoneste. Il ragazzino ci crede, ma entra in una spirale dalla quale non uscirà mai più. Ed è proprio questo il lato più oscuro ed abominevole della violazione, la fiducia tradita e l’innocenza rapita, l’abuso non solo fisico, ma morale e psicologico che compie padre Maciel sulle sue giovani vittime. Per i suoi atti di depravazione ha inventato una storia, assurda per un adulto, ma che funziona con un bambino innocente. Il sacerdote racconta di essere affetto da una strana malattia, per il cui studio c’è bisogno di un campione di seme. Essendo uomo di chiesa e non potendo masturbarsi, ha bisogno dell’aiuto di un discepolo. Le vittime, nella loro innocenza, ci cascano, anche perché la richiesta viene dalla loro guida morale e spirituale.

Sul viaggio del Papa in Messico, l’onta indelebile di Marcial Maciel
Maciel, protetto e sicuro di sè, va avanti nella sua prestigiosa carriera. Paolo VI nel 1965 concede ai Legionari il riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa; Paolo Giovanni II lo vuole al suo fianco nei suoi viaggi in Messico del 1979, 1990 e 1993. Ottiene riconoscimenti e cariche, mentre dispensa per i suoi Legionari quantità di fondi che permettono alla congregazione di aprire nuove e lucrative attività. Quando, a partire dal 1995, le denunce di abuso sessuale si moltiplicano, nel Vaticano fanno scudo. È proprio il cardinale Ratzinger a prendere le difese di Maciel. Quando il vescovo di Coatzacoalcos, Carlos Talavera, consegna gli atti che denunciano Maciel, Ratzinger minimizza. Non era prudente, secondo l’allora cardinale, aprire una causa verso una persona gradita al Santo Padre e che aveva fatto tanto per la Chiesa.

Di fronte al disinteresse del Vaticano gli abusati tornano alla carica e dirigono una missiva diretta al Papa. Sono in sette, oltre a Vaca, a firmare la lettera di denuncia che viene inviata a papa Wojtyla: un sacerdote, Félix Alarcón Hoyos; tre professori universitari, José de Barba Martín, Arturo Jurado Guzmán e Saúl Arrales; un avvocato, José Antonio Pérez e suo fratello ingegnere, Fernando Pérez; un allevatore, Alejandro Espinosa Alcalá. Tutti sono entrati nei Legionari da bambini e tutti hanno da raccontare la stessa storia. Cattolici devoti, si aspettano una ferma condanna da parte di Giovanni Paolo II, al quale si rivolgono con il cuore aperto. La sentenza, però, non arriva. A fare da filtro c’è Joseph Ratzinger, il potente prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, l’organismo che è succeduto alla Santa Inquisizione. A nulla valgono le circostanziate accuse, le testimonianze precise, la provata rettitudine dei personaggi coinvolti: Maciel è un intoccabile.

Nel 1999 il procedimento contro Maciel viene dichiarato sospeso. Il Papa crede fermamente nell’opera dei Legionari e la presenta agli altri ordini come un come esempio da seguire. Probabilmente, appesantito dagli anni e dalla malattia, non è nemmeno al corrente della piega che hanno preso gli avvenimenti nei confronti del suo fedele collaboratore. Nel 2001, in occasione del quarantesimo anniversario della fondazione dei Legionari, si riunisce con loro e rinnova le sue manifestazioni di stima e di affetto verso Maciel. 

Dal Messico, però, si insiste. La denuncia è arrivata ai mezzi di comunicazione e la reputazione del sacerdote comincia a vacillare. Già nel 1997, Canal 40, una televisione privata messicana, aveva dedicato un lungo reportage alle denunce contro Maciel. Al canale, però, la pagano cara. Non contano infatti che le ramificazioni dei Legionari sono ovunque e la televisione si vede a un passo dal fallimento quando più della metà dei suoi grandi clienti pubblicitari non rinnova i contratti. Maciel, che non ha mai rilasciato interviste, si difende ora anche sulla carta stampata e pubblica un libro, una lunga chiacchierata con il giornalista Jesús Colina, “Mi vida es Cristo”. Soldato di Gesù Cristo, Maciel ripercorre la sua vita come una missione compiuta in forma irreprensibile, dai giorni dell’adolescenza nel suo paese natale in Messico quando, fulminato come san Paolo sulla via di Damasco, decide che la sua vita dovrà essere nel seno della Chiesa, fino ad oggi, quando già anziano e soddisfatto, può tracciare un bilancio più che positivo sul suo operato. Naturalmente, nemmeno una riga è dedicata alla sua preferenza deviante per la pedofilia o al consumo di oppiacei di cui viene accusato da vicini collaboratori.

Nel 2002 torna alla carica la televisione e questa volta a diffondere un dibattito che resterà storico è la stessa Televisa, la più importante catena televisiva dell’America Latina. A condurre il programma è la coraggiosa Carmen Aristegui, che ha invitato negli studi Vaca, José Barba –l’autore del libro dato alle stampe in questi giorni-, José Antonio Pérez e Óscar Sánchez, un altro degli offesi, che intanto sono aumentati di numero. Tutti iniziano la loro testimonianza con una frase che fa accapponare la pelle al pubblico a casa: “Sono uno dei bambini violentati da Maciel”. Davanti a milioni di spettatori, i quattro raccontano le loro esperienze, le tristi e squallide scuse che il sacerdote trovava per convincerli ad avere relazioni con lui. Dolori addominali, sofferenze urologiche, la giustificazione che l’atto sessuale con i suoi pupilli trasforma il dolore in virtù, le crisi di astinenza provocate dalla mancanza della Dolantina, il farmaco derivato dell’oppio che consumava in continuazione.

Appare anche una donna, Blanca Estela Lara, che afferma di essere la madre di due figli di Maciel. Lo ha visto proprio in televisione e scopre che quel signore che pensava un commerciante e con cui ha avuto una lunga relazione è un prete. Per lei, Maciel aveva assunto una identità differente, quella di José Rivas. Come non bastasse i due bambini raccontano di essere stati violentati da quel padre misterioso che appariva a Tijuana ogni tanto solo per commettere abusi. Blanca Estela –che quando fu raggirata aveva 19 anni, mentre Maciel 56- non sará l’unica donna a reclamare. Negli anni Novanta, Maciel mette in cinta una ventiseienne, Norma Hilda Baños. Dopo le indagini rispettive, alla curia locale non resterá che confermare la affermazioni delle due donne.  

Intanto, Maciel è una sfinge. I suoi Legionari lo difendono a spada tratta e le gerarchie della Chiesa seguono la corrente. La congregazione è troppo potente perchè il suo fondatore venga gettato nella polvere. L’insistenza dei media è però soffocante. L’elezione di Ratzinger al soglio pontificio trasforma il caso Maciel in un boomerang per il neo pontefice e lo pone in una situazione ambigua e politicamente pericolosa. Benedetto XVI, con lungimiranza, riapre il caso e, con un’inaspettata rapidità, giunge ad un verdetto nel maggio 2006. La sentenza, all’acqua di rose, invita Maciel a ritirarsi dalla vita pubblica, a non celebrare più la Messa e dedicarsi alla preghiera. La Congregazione per la dottrina e la fede archivia il caso, per l’avanzato stato di età e di salute dell’accusato, mentre i Legionari diramano un insulso comunicato stampa: “La Legione di Cristo e il movimento Regnum Christi, di fronte alla tempesta, rinnovano il loro compromesso di servire la Chiesa”. Maciel è vecchio. È malato e non gli resta molto da vivere ma anche così, nonostante l’imminente incontro ultraterreno con Cristo, continua a mentire: “Sono innocente” dichiara “ma accetto con totale serenità la decisione”. Segue l’esempio di Gesù Cristo, dice, che di fronte alle accuse decise di non difendersi. Ed è proprio l’accostamento che fa Maciel il pedofilo, il ladro di innocenza, lo stupratore di bambini con Gesù, simbolo di pace, amore e speranza, a rivoltare su tutto il caso un alone di ripugnanza e di immenso dolore per chi nella Chiesa ha riposto tutta la propria fiducia. Maciel muore nel 2008 nella pace e tranquillità del suo ritiro texano, a quasi 88 anni: alla fine, nonostante tutto, è riuscito a farla franca alla giustizia degli uomini.

Nel maggio 2010, finalmente la Chiesa cede: ammette che Maciel ha violentato decine di bambini e che, inoltre, ha avuto tre figli da due donne diverse. Ne condanna l’immoralità e fa cadere la colpa di quanto accaduto alla Legione, che ha creato ¨meccanismi di difesa¨ tali per cui alle autorità vaticane era quasi impossibile investigare gli atti depravati di Maciel. ¨La Legione ne ha fatto un intoccabile¨ recita il testo della Commissione. Ciononostante, la Legione non viene messa sotto accusa, dato che ¨le attuali dirigenze non risultano coinvolte nei fatti¨. Un capolavoro di diplomazia, firmato dall’uomo che, dopo aver protetto a oltranza Maciel, per non essere travolto dallo scandalo, lo ha condannato all’oblio: Joseph Ratzinger.


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