Sull'acqua chiedete un voto o un atto di fede?

Creato il 08 giugno 2011 da Zfrantziscu
Decine di amici, sia in Facebook sia con mail dalle loro liste, continuano a chiedermi non un voto ma un atto di fede sulla bontà dello statalismo e la nefandezza delle privatizzazioni. E benché sia universalmente noto che la privatizzazione dell’acqua non è all'ordine del giorno, insistono con la formula sacra, appunto, del “No alla privatizzazione dell'acqua”. Qualcuno, però, lasciando il mantra al suo destino, si è convertito ad un più laico rifiuto della obbligatorietà della gestione mista, privata e pubblica, dell'acqua e della obbligatorietà della remunerazione del capitale investito per una sua buona gestione.Se agli atti di fede richiesti non posso che rispondere no, ad un ragionamento su quesiti laici certo non mi sottraggo, soprattutto se questi non riguardano i massimi sistemi e le credenze ideologiche ma la realtà delle cose, come, ad esempio, quella riguardante la convenienza di una gestione pubblica o mista dell'acqua per la generalità dei sardi. E meglio ancora se questa convenienza riguarda anche gli italiani, gli europei, la popolazione mondiale. Qui da noi, la realtà dei fatti è che la gestione dell'acqua è pubblica, essendo in mano a una società i cui azionisti sono la Regione e 342 dei 375 comuni sardi.Di buono c'è che Abbanoa, la SpA sarda, dà lavoro a circa tremila persone e garantisce la sopravvivenza di trecento aziende collegate. Di male c'è che Abbanoa ha accumulato debiti che si aggirano intorno ai 400/500 milioni di euro, 235 euro per abitante l'Isola, che la Regione dovrà ripianare, un giorno o l'altro. Il che significa, detto alla grossa, che in media ognuna delle 634.037 famiglie sarde dovrà pagare per i buffi di Abbanoa da 630 a 790 euro. Quale società privata (ma nel caso dell'acqua si tratterebbe di società miste) oserebbe chiedere il ripiano di debiti? E c'è poi il problema delle bollette e degli aumenti che – ne sono certi i sostenitori del sì al referendum – i privati certamente farebbero: “Una volta dentro, prima o poi questi avvoltoi farebbero comunque la voce grossa dei padroni e si metterebbero subito a tartassare la gente, soprattutto quella che sta peggio” come leggo in una dichiarazione marx-leninista di un portavoce del Comitato per il sì. Al contrario della gestione pubblica, al cui confronto la Charitas apparirebbe un arcigno padrone delle ferriere. Ma i dati non dicono così. “Finora la Spa pubblica ha provocato soltanto disastri. I costi per gli utenti sono aumentati, da 0.95 centesimi a 1,46 euro per ogni metro cubo in cinque anni. Nel frattempo, il servizio non è migliorato e Abbanoa si è indebitata all’inverosimile” dice il presidente della Provincia di Nuoro, Roberto Deriu, del Pd.Insomma, come si può capire, la questione è un po' più complicata dello schemino pubblico/buono, privato/carogna. Il sì e il suo carico da novanta in materia di furore ideologico e di misinformazione credo vincerà. Lo slogan “No alla privatizzazione dell'acqua” è molto più efficace di qualsiasi ragionamento sul merito. E sono abbastanza certo che succederà quel che prevede l'ex ministro dei governi Prodi e D'Alema, Franco Bassanini: “I comuni non sono in grado di far fronte alla gestione diretta, non hanno le risorse. Quindi, siccome il quorum ci sarà e vincerà il sì, penso che tempo un anno e si farà un tacito accordo per fare finta che il referendum non ci sia mai stato. Ricordate quello sui finanziamenti ai partiti? Ecco...sarà così”.
PS – Opera di convincimento, involta questa nell'aut berlusconiano aut antiberlusconiano, tertium non datur, anche sul referendum contro il legittimo impedimento che continua a non interessarmi. La Consulta ha già detto in merito quel che, si parva licet, avrei volentieri detto anche io. La prova muscolare dipietrista è davvero l'ultimo dei miei pensieri. Ma un sì, dicono ora alcuni convinti della inutilità funzionale del referendum, sarebbe “un altolà a un modo di legiferare in materia di giustizia”. Perfetto; se questa fosse la domanda fattaci, non esiterei un momento. Ma non è questa e la democrazia non funziona parlando a nuora perché suocera intenda.

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