Sull’analogia

Creato il 06 maggio 2015 da Malvino
Opinioni che potremmo stringare in formule del tipo «quella di Carminati è (o non è) mafia» o «quello di Renzi è (o non è) fascismo» sollevano sul piano retorico la questione delluso proprio (o improprio) dellanalogia. A tal riguardo, comè buona regola in ogni controversia, occorre chiarire la natura e la funzione di ciò che è in discussione, rammentando che nel discorso lanalogia «differisce dalla proporzione puramente matematica, in quanto non pone luguaglianza di due rapporti, ma afferma una somiglianza di rapporti, [sicché] mentre in algebra si pone a/b=c/d, [e] ciò consente di affermare per simmetria che c/d=a/b e di effettuare su questi termini operazioni matematiche che daranno luogo ad equazioni come ad-cb = 0, nellanalogia si afferma che a sta a b” come “c” sta a “d”, [e] dunque non si tratta più di una divisione, ma di un rapporto che viene assimilato ad un altro rapporto, [di modo che] fra la coppia “a-b” (il tema dell’analogia) e la coppia “c-d” (il foro dell’analogia) non si afferma un’uguaglianza simmetrica, ma un’assimilazione che ha per fine quello di chiarire, strutturare e valutare il tema grazie a ciò che si sa del foro» (Chaїm Perelman, Lempire rhétorique. Rhétorique et argumentation, 1977). Posta questa premessa, dovrebbero cadere le obiezioni che contestano le legittimità dellanalogia nei casi sopra presi a esempio con controargomentazioni che potremmo stringare in formule del tipo «gli uomini di Carminati non avevano coppola e lupara» o «Renzi non ha squadracce che scorrazzano in lungo e in largo per lItalia con olio di ricino e manganello»: tema e foro non stanno in relazione di uguaglianza, ma di proporzione, la quale, dunque, non cade dinanzi allovvia constatazione che nulla somigli mai del tutto a nullaltro, non fossaltro perché nulla somiglia mai del tutto neppure a se stesso nel corso del suo divenire, come d’altronde è nel caso della mafia e nel caso del fascismo. Lanalogia – sarà il caso di dirlo in modo esplicito – non pretende che sia attestata una peraltro sempre impossibile coincidenza, ma che sia riconosciuta quella serie di elementi che realizzino una puntuale relazione tra tema e foro, conservando per ciascuno una congrua proporzione. L’analogia, insomma, cade solo con la dimostrazione che questo tipo di relazione non abbia sostegno, non già che non sia in grado di comprovare una perfetta coincidenza tra tema e foro. Rigettando la liceità della naturale funzione che l’analogia ha nel discorso, si dimostra di temerne lefficacia. E il tentativo di delegittimarla come strumento improprio rivela lincapacità di contestarne l’uso che una corretta argomentazione non le preclude. 

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