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Sull'essere inattuali: considerazioni a margine di "Sull'utilità e il danno della storia" di Nietzsche

Creato il 17 novembre 2011 da Bruno Corino @CorinoBruno


Tra me e Sull’utilità e il danno della storia per la vita, la Seconda Considerazione Inattuale di Nietzsche, esiste un rito antico, che risale al lontano 1983, anno in cui acquistai il saggio nell’edizione Newton Compton con introduzione di Sergio Moravia.

Un tempo avevo persino l’abitudine di segnare con delle date la fine della lettura dell’intero saggio o anche di un semplice paragrafo. Cosicché, periodicamente, mi capita di riprendere in mano questo piccolo libro e di rileggerlo. M’è successo anche in questi giorni. Di solito lo faccio perché c’è un’altra lettura ad occupare la mente, oppure perché sono preso da qualche problema di ordine teorico. Dei tanti saggi nicciani che ogni tanto riprendo a leggere, questo è quello che m’ha stimolato più degli altri a riflettere. Non posso neanche dire che sia il saggio da me prediletto. Ad esempio, lo Zarathustra, lo Al di là del bene e del male, l’Ecce homo, oppure il Crepuscolo degli idoli, per non parlare dei Frammenti postumi, sono senza dubbio alcuni dei miei saggi preferiti. Eppure, Sull’utilità e il danno resta il saggio che leggo quasi con cadenza ritmata, quasi che tra me e questo libriccino vi corresse una energia segreta, una reciproca attrazione.

Delle tre Inattuali di Nietzsche, questa è quella che ho trovato la più inattuale. Ed è anche questo il saggio che meglio m’ha chiarito il senso dell’essere inattuale. Nietzsche lo scrive chiaramente nella Prefazione: operare in maniera inattuale nel nostro tempo vuol dire operare “contro il tempo e, in questo modo, sul tempo e, speriamo, a favore di un tempo a venire”.

Cosa vuol dire operare contro, sul e a favore di un tempo a venire? “Tempo” equivale a “condizioni storico-culturali”. Se la lettura è corretta, allora essere inattuali vuol dire operare contro le condizioni attuali, sulle condizioni attuali, a favore di condizioni che non sono attuali nel presente. Nel primo caso vuol dire: non accettare le attuali condizioni; nel secondo caso: prendi posizione sulle attuali condizioni; nel terzo caso, lotta per cambiare lo stato presente di cose.

Non accettare le attuali condizioni: non piegarti sotto il peso della storia passata. Piegarsi sotto il peso della storia induce nell’animo un sentimento di rassegnazione. Tale sentimento conduce l’animo a non creare più nulla di grande, perché tutto è già stato detto, tutto è già stato fatto. Chi è pervaso da questo sentimento di rassegnazione è portato a considerarsi un epigono della storia. Ma conseguenza ancora più grave è quella che conduce questi epigoni rassegnati a non riconoscere nell’altro nessun segno di grandezza. La grandezza, per costoro, è una misura che appartiene al passato. Per questo “sciame danzante”, la grandezza, la forte natura artistica è qualcosa che può essere giudicata soltanto dal passato. Nelle attuali condizioni non possono esistere “spiriti artistici forti”, perciò “respingono qualsiasi cibo nutriente venga loro offerto”. Essere inattuale vuol dire credere nella grandezza ed essere anche nella condizione di saperla riconoscere, malgrado la mediocrità che ci circonda.

Prendi posizione sulle attuali condizioni: la rassegnazione induce all’indifferenza. Non esistono più “Grandi animi”, siamo tutti dei mediocri o degli epigoni, per cui non vale più la pena di lottare per qualcosa di grande, siamo dei saturi, dei sazi. Essere inattuale vuol dire proprio andare contro questo sentimento diffuso, contro questo senso di stanchezza, vuol dire avere delle passioni e farle valere contro tutti contro tutto. Vuol dire, appunto, prendere posizione, schierarsi, non volersi sentire sempre al di sopra della mischia, tanto sono tutti uguali, tanto non esiste differenza tra Caio e Tizio. Prendere posizione, operare sul tempo, vuol dire appunto assumere una precisa posizione, essere pro o a favore di qualcosa. Essere inattuali allora vuol dire avere nel proprio tempo delle passioni forti e vitali, nonostante il mare di indifferenza che ci circonda.

Lotta per cambiare lo stato presente di cose: infine, questa è la terza e la più terribile modalità di essere inattuali, perché chi lotta per cambiare il mondo crede in un mondo migliore contro ogni discorso di buon senso e contro tutte quelle volontà che unite ripetono in coro: il mondo non è mai cambiato, è sempre rimasto uguale. E, intanto, chi unisce la sua voce a questo coro belante fa finta di non vedere come la storia nel suo fluire e divenire sia in realtà cambiata. Chi lotta a favore di un tempo a venire non è né un rassegnato né un indifferente, ma è uno che crede nella grandezza d’animo e nel fatto che i valori non sono un qualcosa di acquisito nei confronti dei quali bisogna inchinarsi, ma sono una costruzione della storia verso la quale occorre impegnarsi con tutte le forze per affermarli.


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