“Tu! Che illudi le persone dicendo di andare all’estero, la fai facile! Ti sbagli, c’è crisi e non si trova lavoro in tutta Europa!”
“Hai mai provato a cercare lavoro all’estero?”
“No! Ma questo che vuol dire?”
Vuol dire che è il caso che ti racconti una storia.
A 10 anni ascoltavo in sottofondo i cugini parlare di un mondo del lavoro impermeabile a chi non avesse una raccomandazione.
A 19 anni entravo all’università con un test a numero chiuso arrivando 49esimo su 50. Mi iscrissi tra gli amici che parlavano di un sistema universitario corrotto.
A 21 cominciavo il mio primo stage in agenzia di pubblicità. Non ero raccomandato, non ero neanche pagato; ma per qualcuno già un punto di arrivo.
A 26, ad un mese dal giorno di arrivo a Londra, cominciavo a lavorare presso Groupspaces, una startup londinese.
Poco prima di partire avevo superato il solito attentato alla mia salute psichica: vedrai che clima, vedrai che persone, vedrai che crisi.
Ci sarebbero altri mille episodi da raccontare, ma penso di aver reso l’idea.
Col tempo ho capito una cosa.
Siamo portatrici di piccole, microscopiche verità che ci affrettiamo a chiamare “tutti, mai, nessuno, giusto, sbagliato, mondo”.
Beh, lascia che ti dica una cosa sul mondo.
La gente non sa come va il mondo.
Per questo ho cominciato a interessarmi delle esperienze, non dei punti di vista.
La gente non lo sa, cos’è il mondo.
Figurati se riuscirà mai a prevedere il tuo.