Sull’utilizzo di Arnica nel morso di un cane e del perchè è ormai opportuno un cambiamento di paradigma rispetto alla Scienza predominante.

Da Olikos

Leon è stato morso vicino all’occhio. Il morso ha provocato una infiammazione e infezione dei tessuti tanto che l’edema infiammatorio impedisce a Leon di aprire l’occhio. I sintomi sono i classici di una infezione-infiammazione: dolore della parte, calore, arrossamento, edema. Leon sta abbastanza bene nonostante la ferita, ha un lieve rialzo termico, ha un lieve calo dell’appetito.

Il paradigma attuale della Scienza Medica più consolidata in Occidente ci suggerisce un tipo di trattamento. Non c’è un protocollo fisso: le buone pratiche veterinarie suggeriscono l’utilizzo di un antibiotico più o meno specifico o ad ampio spettro. In questi casi non c’è tempo di effettuare un esame batteriologico per aspettare l’antibiogramma specifico che sarà indicativo di un antibiotico sensibile per quel tipo batterio che si è sviluppato. Questo dovrebbe essere in buona misura sufficiente a contrastare l’infezione causata dal morso. In questi casi si usa spesso , se non sempre, associare anche un farmaco antiinfiammatorio per ridurre gli effetti infiammatori causati dall’infezione. Ci sono molti antiifiammatori che posso essere somministrati, tra i più comuni ci sono i Fans e gli antiinfiammatori steroidei (cortisone). Anche per l’utilizzo di questi farmaci ci sono una miriade di protocolli.

Solitamente nel giro di pochi giorni l’infiammazione e l’infezione scompaiono, lasciando solo una piccola cicatrice che porterà ad una guarigione totale. Questo succede se non emergono altre complicazioni.

Questo modello terapeutico è un modello mutuato dal pensiero riduzionistico della Scienza Medica consolidata. E’ un modello che ritiene il batterio la causa dell’infezione, che funziona appunta per un determinismo causa-effetto e per il quale esiste un protocollo d’azione standardizzato del quale ne è stata dimostrata l’efficacia in test di laboratorio (sperimentazione).

Applicare alla cura questo modello scientifico è efficace e in buona parte i sintomi causati dal morso scompaiono in breve tempo. E’ un applicazione terapeutica abbastanza recente basti pensare che il primo antibiotico messo in commercio fu la penicillina nel 1943. Anche la terapia antiinfiammatoria è recente, infatti il più antico ha appena compiuto 100 anni ed è un derivato di sintesi dell’acido salicilico, la famosa aspirina.

Se si pensa al proprio animale che subisce un trattamento del genere non emerge nulla di preoccupante. Ma se si ragiona nella totalità degli interventi sanitari che ogni medico veterinario attua quotidianamente in tutto il pianeta, comprendendo tutte le altre specie animali interessate da cure veterinarie di cui i pet (animali da compagnia) sono una minima parte, il fenomeno assume una grandezza rilevante. Nonostante vi siano in Italia circa 10 milioni di pet, a questo numero già ragguardevole si devono aggiungere tutti i cani e gatti rinchiusi nei canili e nei gatti, gli animali non censiti anche se credo davvero pochi, e il numero più ragguardevole di animali di altre specie che sono destinate all’alimentazione umana (bovini, equini, suini, polli, tacchini, conigli, quaglie, pesci…) e quelli destinati alla sperimentazione farmacologica. Il numero degli animali coinvolti diventa enorme, così anche il numero dei trattamenti terapeutici di cui tra i primi farmaci coinvolti troviamo gli antibiotici, gli antiinfiammatori steroidei e non steroidei, farmaci ormonali e poi i chemioterapici e gli anestetici. Si pensi di addizionare a questo numero anche tutti i trattamenti farmacologici sugli uomini, quelli che facciamo in modo autonomo in casa, quelli che ci prescrive il nostro medico quando nn stiamo bene e tutti quelli che vengono utilizzati e dispensati negli ospedali. Pensate questo in scala mondiale. I numeri diventano davvero esorbitanti.

Questo tipo di pratica sanitaria ha fatto emergere gravi problematiche già solo 100 anni di utilizzo e ha ottenuto statisticamente pochi vantaggi: la spesa sanitaria pro-capite è sempre maggiore, ci sono sempre più ammalati, ci sono sempre nemo patologie infettive ma ci sono un enorme numero di persone che soffrono di malattie croniche o per le quali serve la chirurgia. Questo è estendibile anche in campo veterinario tanto che l’allarme dell’OMS coinvolge sia gli umani che gli animali. Le 4 emergenze veterinarie attuali sono:

  • farmaco-resistenza

  • impatto ambientale

  • benessere animale

  • sicurezza alimentare

Se queste sono le criticità, si evince che il modello che le doveva risolvere è fallito, o quanto meno sta facendo acqua da tutte le parti.

E’ TEMPO DI SACRIFICARE LE NOSTRE VACCHE SACRE.

E’ TEMPO DI CAMBIARE PARADIGMA SCIENTIFICO.

Non è tempo di cancellare ciò che di buono ha il paradigma scientifico preponderante, ma è arrivato i tempo di condividere i saperi e di accettare nella nostra visone del mondo e quindi anche della cura, un nuovo modello scientifico, o nuovi modelli scientifici.

Affermando questo non mi pongo in contraddizione con l’approccio della scienza riduzionistica, della scienza imperante (o sarebbe meglio dire pseudo-scienza), dico solamente che è arrivato il momento di fermarci e riflettere assieme sui risultati che questo di modello ci ha donato. Recentemente sono stato ricoverato per un intervento chirurgico e mi sono sentito proprio fortunato ad incontrare un bravo chirurgo ce mi ha accompagnato in tutto il percorso delle analisi pre-operatorie, per la preparazione all’intervento, nell’eseguire lui stesso l’intervento chirurgico e nel seguirmi nei giorni seguenti. Ne riconosco il valore, come quando nella mia professione si ricorre alla chirurgia per risolvere temporaneamente o definitivamente una problematica di salute oppure il suo utilizzo nella medicina preventiva o contenitiva (per esempio: ovariectomia, orchiectomia, gastropessi…).

Il modello scientifico e di pensiero che lo supporta (filosofia) non prevede confronto perchè si assurge alla verità, negando anche le evidenze scientifiche avanzate da altri saperi. Un caso recente di negazione di evidenze è il recente caso del Metodo Di Bella il cui fenomeno non è stato neppure considerato e quindi non degno di alcuna investigazione scientifica. Oppure da ciò che si è messo in evidenza dallo studio più completo sull’alimentazione descritto in The China Study di Colin Champbell.

Eppure esistono modelli scientifici che ci propongono un modo nuovo (nuovo perchè non lo conosciamo, ma in realtà antico perchè pone le sue basi metodologiche che anno più di 2000 anni – medicina tradizionale cinese oppure più di 200 anni – omeopatia).

Questi approcci oltre a proporre un approccio terapeutico senza l’utilizzo di farmaci chimici di sintesi, propongono attivamente e concretamente dei programmi di MEDICINA PREVENTIVA, cosa che il modello scientifico preponderante non propone più perchè troppo concentrato sull’effetto della cura delle malattie piuttosto che nella sua prevenzione.

La tipologia di gestione dei pet con particolare accento all’alimentazione industriale, ai protocolli vaccinali esasperati senza un gran senso logico, alle medicalizzazioni eccessive e alla snaturazione del ruolo etologico specifico della specie. Ormai anche la tipologia di allevamento industriale rappresenta un ecosistema che favorisce lo sviluppo e la diffusione di malattie infettive e parassitarie tale da condizionare l’esigenza di una medicalizzazione spinta e sistematica per garantire livelli di produttività accettabili . Nel corso del tempo questa situazione è divenuta sempre più critica investendo molteplici aspetti della produzione con ricadute e implicazioni sistemiche non più trascurabili. Non solo sul piano economico ma anche sul piano del benessere animale, sulla salute umana e animale, ambientale e bioetica. Nonostante le conoscenze scientifiche questo sistema produttivo e terapeutico richiede una applicazione tecnologica spinta ben oltre la sostenibilità stessa del sistema e dunque deve avvalersi di pratiche farmacologiche sempre più problematiche (ad esempio: farmaco-resistenza). Ma nonostante queste emergenze e le conoscenze scientifiche acquisite si propone continuamente di mantenere lo status quo.

Nonostante la legislazione stia tentando di arginare le emergenze critiche del sistema, l’ applicazione farmacologica razionale è resa problematica per motivi culturali, economici e tecnologici che sono direttamente correlati al modello di sviluppo produttivo proprio dell’allevamento industriale. Significativo a tale proposito è pure l’interesse dell’industria per lo sviluppo di questo tipo di medicalizzazione nel settore degli animali da compagnia. La situazione crea la necessità per l’industria di rivolgersi ad altri contesti merceologici per poter arginare la crisi e procrastinare mutamenti evolutivi tesi alla sostenibilità generalizzata. La produzione di proteina di origine animale, alla quale si attribuiva il valore di risolvere la fame nel mondo, ha già da tempo evidenziato limiti e criticità per quanto riguarda il valore nutrizionale umano (nel mondo occidentale – vedi The China Study) senza per altro aver risolto, per ora , problematiche legate alla malnutrizione globale (iponutrizione e ipernutrizione). Le ricadute ambientali e le esternalità dovrebbero inoltre essere valutate coerentemente nel computo della sostenibilità dello sviluppo.

Ormai queste questioni sono sono più controverse. Lobby farmaceutiche e un modello di pensiero impregnante sia dal punto di vista culturale che scientifico, una politica inadeguata e inadempiente, impediscono di fatto un cammino verso il cambiamento, auspicato in tutti i Forum mondiali sul cambiamento climatico e sull’ecologia.

Se da una parte emergono le criticità del modello imperante che parlano dell’impatto ambientale e sanitario dell’utilizzo spropositato di farmaci e della pochezza delle misure da adottare perchè il paradigma non ha soluzioni alle sue criticiatà e non riesce o non vuole guardare ad altri saperi, dall’altra parte ci si predispone a vendere sempre di più farmaci, non si sa per far fronte alla attuale crisi economica o cosa: la libera cessione del farmaco da parte dell’operatore sanitario – medico o veterinario – potrebbe essere una forma di contenimento anche se sappiamo che forme di comparaggio con vanno a braccetto con l’etica professionale e la preoccupazione rispetto alla farmaco-resistenza, neppure capisco come si possa sostenere di andare a comprare in farmacia una scatola con un numero eccezionale di compresse da tenersi in casa per ogni evenienza perchè non si sa mai… sapendo che ormai ci sono più farmacie che bar e che sono aperte fino a notte fonda più delle discoteche. Eppure nelle nostre case, infilati nei cassetti o raccolti nelle scatole dedicate abbiamo un numero ragguardevole di farmaci umani e veterinari scaduti o che stanno per scadere di cui nessuno si occupa e che spesso finiscono nella spazzatura normale rientrando nella catena che contribuisce alla farmaco-resistenza.

E’ ormai opportuno un cambiamento di paradigma.

Le evidenze scientifiche hanno dimostrato che altri modelli scientifici sono efficaci, che la cura migliore della malattie è la loro prevenzione. La scienza imperante è fortemente miope in questo senso. Nel campo dei pet, di cui mi occupo come professionista, non conosce e addirittura ostacola il cambiamento del paradigma alimentare nutrizionale continuando a perpetuare e consigliare l’utilizzo di alimenti industriali. Succede spesso che molti colleghi ai quali dei clienti si rivolgono per problematiche acute critichiamo in maniera pesante, assurda e senza una base scientifica il modello nutrizionale che attuo nei miei pazienti mediante l’uso di alimento fresco e crudo. Lo status quo è mantenuto in modo più o meno consapevole (sigh!) che dalle istituzioni veterinarie: recentemente è stato pubblicato un articolo sulla pericolosità dei cibi crudi sia per la salute animale che umana, ponendo l’accento sulla possibile diffusione batterica in caso di conservazione inappropriata (“FDA’s Advice: Know the Risks of Feeding Raw Foods to Your Pets” FDA Consumer Update, June 30, 2014), come se i cani non leccassero ogni tipo di schifezza quando li accompagniamo in passeggiata. Facendo questa semplice e banale considerazione dovemmo dare un peso relativo alle considerazioni alle quali giunge questo articolo, oppure decidere di chiudere il nostro cane dentro cane per il resto della sua vita.

Un altro argomento delicato per cui ormai le controversie sono risolte, ma permangono ancora dei veri e propri baluardi antiscientifici anacronistici come vere e proprie posizioni preconcette, riguardano i protocolli vaccinali. Anche qui la confusione regna sovrana e vien da pensare che sia costruita volontariamente: ormai tutti i manuali e libri di immunologia veterianria raccomandano la prima vaccinazione almeno dopo le 12 settimane di vita dell’animale e un richiamo almeno triennale e se non con intervallo maggiore, invece i bugiardini dei vaccini ne raccomandano l’intervento annuale, corroborato dalla diffusione di articoli specialistici su riviste di settore che un mese sostengono il richiamo vaccinale triennale o quinquennale, e il mese successivo pubblicano un articolo che sostiene la vaccinazione annuale. Molti studi si contraddicono a vicenda e questo è successo e succede lungo tutta storia scientifica. Sappiamo bene come vanno queste cose per le quali basterebbe un po’ più di buon senso, basterebbe osservare le evidenze e lasciare entrare anche po’ di energia cosmica per cambiare l’aria viziata che spesso ci confonde le idee. Oppure accettare semplicemente l’integrazione dei saperi.

Leon è stato trattato per 3 giorni consecutivi con Arnica 200CH 3 granuli sciolti in poca acqua 2 volte al giorno. Arnica è un rimedio omeopatico la cui diluizione ultramolecolare è ben oltre il numero di Avogadro, quindi non convoglia una molecola chimica ma un messaggio fisico. I rimedi omeopatici in genere non hanno tossicità alcuna, non danno problematiche residuali e non incidono nell’inquinamento ambientale. Sono farmaci sicuri perchè prodotti secondo le GMP, le buone pratiche produttive e soprattutto sono efficaci. Per non parlare dell’economicità nel loro utilizzo. In poche parole sono ecologici.

A partire dalle prime osservazioni pionieristiche in campo omeopatico e secondo alcuni studi ed esperimenti più attuali della ricerca di base pare sia possibile trasmettere informazioni elettromagnetiche all’acqua. Gli stessi studi recenti (2009)di Mountagner su ultrafiltrati batterici rilevano frequenze elettromagnetiche del DNA in soluzioni che non contengono più il batterio di per se . Dunque teoricamente è possibile trasmettere informazioni all’acqua . La stessa omeopatia si fonda su un principio di questo tipo. Delle diluizioni secondo la metodologia omeopatica non conosciamo l’esatta frequenze elettromagnetiche ma si conoscono e si possono determinare in laboratorio caratteristiche chimiche e fisiche (pH, il calore di mescolamento , termo luminescenza (Luys Ray et al.) , la conduttività ,l’evoluzione temporale delle variazioni dei caratteri chimico fisici (v, Elia) ecc. E. Del Giudice -G.Preparata ).

Concordo sul fatto che la medicina dell’uomo e degli animali sia una sola e trasversale nell’ecosistema sanitario.

The One Health concept: is a worldwide strategy for expanding interdisciplinary collaborations and communications in all aspects of health care for humans, animals and the environment.”

Per curare gli animali al pari degli esseri umani bisognerebbe allora ricomprendere anche il concetto di salute così come inteso dall’OMS che sancisce quanto segue: “la salute è lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”. Dunque che gli animali potessero vivere da animali , compatibilmente con le proprie caratteristiche ed esigenze etologiche, a partire dall’alimentazione per passare dalla immunizzazione e arrivare alla medicalizzazione, oltre che dalla dignità di esseri senzienti.

Difendere ad oltranza questi livelli di medicalizzazione per mantenere questo stato di cose è oramai banalmente insostenibile.

Quindi più che opporsi ai mutamenti sarebbe meglio esserne gli artefici.


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