Per avere informazioni su quello che succede in Italia, purtroppo, spesso dobbiamo ricorrere a quanto ci raccontano i giornali stranieri. Per questo riteniamo importante controllarli spesso e scovare articoli che valga la pena conoscere per bypassare il silenzio, per non dire censura, che nel nostro paese si ha su determinati argomenti.
Imparare le lingue straniere, per lo meno l’Inglese, è un enorme vantaggio per le future generazioni, ma spesso è difficile destreggiarsi nel mare dell’informazione straniera ed avere sufficienti competenze linguistiche, per cui riteniamo che tradurre articoli che trattino di argomenti importanti per lo meno da prestigiosi quotidiani stranieri sia un aiuto per agevolare chi queste competenze non le ha, o le sta ancora acquisendo.
Per questo motivo vorrei tradurre un articolo tratto dal New York Times del 16/01/2016:
Sulla carta l’Italia permette l’aborto, ma pochi dottori lo praticano
Di GAIA PIANIGIANI
ASCOLI PICENO, Italia — dopo che Benedetta, 35 anni, ha scoperto all’undicesima settimana di gravidanza che il bambino che voleva “con tutta sé stessa” aveva dei problemi genetici estremamente seri, ha preso una dolorosissima decisione ed ha chiesto alla sua ginecologa di sempre di poter abortire.
Il rifiuto da parte della sua dottoressa – che aveva detto di essere un obiettore di coscienza alla legge che in Italia rende l’aborto legale entro i 90 giorni – ha dato il via ad un disperato tentativo di ricerca di un dottore che l’aiutasse.
In un ospedale i dottori le han consigliato di farsi fare un referto da uno psichiatra dove fosse indicato che aveva tentato di uccidersi, in modo da poter allungare il limite legale di tempo. In un altro le hanno suggerito semplicemente di aspettare.
“ ‘Il feto è incompatibile con la vita, probabilmente lo perderà in ogni modo dopo la ventesima settimana’ – questo è quanto mi ha detto il dottore”, ha riportato Benedetta, ancora arrabbiata ed incredula. Ha chiesto di non usare il suo cognome, in modo da tutelare la sua privacy. “Aspettare che una donna veda crescere la sua pancia, per portare in grembo una vita già condannata, è inumano”
“Mi son sentita come un contenitore, non un essere umano” ha aggiunto.
Dopo una battaglia che ha portato a quello che le femministe in Italia considerano una conquista, l’aborto entro 90 giorni di gravidanza – e più tardi per donne in pericolo per la loro salute mentale o fisica, o in caso di serie patologie fetali – è legale in questo paese da più di tre decadi.
Ma questo non significa che trovare un dottore che lo effettui sia semplice. Il 70% dei ginecologi, percentuale che sale all’83% in alcune regioni meridionali particolarmente conservatrici – sono obiettori di coscienza della legge e, in una nazione che rimane, per lo meno culturalmente, prevalentemente cattolica, non praticano aborti per ragioni religiose o personali.
Questa situazione ha allertato alcuni esperti di salute della donna, secondo i quali la sfida diventerà sempre più difficile negli anni a venire.
“La maggior parte dei non obiettori come me è vicina alla pensione, per cui presto sarà difficile aiutare queste donne”, ha affermato Silvana Agatone, una ginecologa di un ospedale di Roma di 62 anni e fondatrice di un sito web che fornisce informazioni su come e quando poter abortire.
Secondo un report recente, circa il 60% degli ospedali italiani esegue aborti, un numero in costante diminuzione ma “più che soddisfacente”, secondo quanto scritto in una dichiarazione dalla ministra della salute Beatrice Lorenzin.
Gli esperti son d’accordo nell’affermare che un’educazione sessuale ha contribuito a far diminuire il numero di aborti in Europa. L’aborto entro il primo trimestre di gravidanza è legale nella maggior parte delle nazioni europee, anche se con alcune restrizioni.
La principale differenza in Italia, sempre secondo gli esperti, è la mancanza di dottori e centri che eseguano interruzioni di gravidanza. Inoltre l’opposizione a questa pratica da parte della Chiesa Cattolica Romana ha creato uno stigma molto più forte qui che in altri paesi.
In Italia, anche in ospedali che apparentemente eseguono aborti, molti dottori se ne tirano fuori.
La questione in Italia non è così apertamente controversa come avviene invece negli Stati Uniti. Alcuni movimenti anti aborto organizzano raduni in qualche piazza cittadina ogni tanto e i governi locali, sulla carta, non ostacolano l’ostacolano
Nella pratica però alcune donne affrontano grosse difficoltà nell’accedere a strutture che garantiscano l’aborto nella loro regione, cosa che secondo il CEDS (Comitato Europeo per i Diritti Sociali) ha dichiarato come “dannoso” per la loro salute.
“Le donne alle quali viene negato l’accesso alle strutture per l’aborto nelle loro regioni di residenza potrebbero, in effetti, essere private dell’effettiva opportunità di esercitare il loro diritto legale e questo, così come lo scarso tempo a disposizione, potrebbe portarle a cercare soluzioni alternative”, riporta il comitato.
Come Benedetta, molte donne italiane potrebbero raccontare storie simili riguardanti diagnosi in ritardo e difficoltà a trovare un ospedale con un medico disposto ad eseguire l’aborto.
“Abbiamo una legge nazionale, in realtà l’abbiamo dal 1978 – ha la stessa età di mio marito – e dobbiamo viaggiare attraverso due regioni per avere un aborto?” ha detto Silvia Brandimarte, 34 anni, al cui feto è stata diagnosticata una seria malattia genetica quando era a 12 settimane di gravidanza.
Anche per lei la diagnosi ha significato una caccia disperata attraverso vari ospedali nelle regioni del centro Italia di Abruzzo e Marche prima che trovasse finalmente un dottore che volesse mettere fine alla sua gravidanza in Settembre.
“Delle dottoresse da altre parti mi han semplicemente detto che non offrivano questo servizio – te lo immagini?” Ha detto. “Non sono una teenager. Sono cresciuta in un famiglia cattolica, una di quelle dove ‘ti tieni quello che Dio ti dona ’, ma credo che abbiamo comunque il diritto di scegliere”.
Anche l’aborto non invasivo può essere una vera e propria sfida. Le autorità nelle Marche, per esempio, non hanno mai trasformato le direttive nazionali per l’aborto attraverso la pillola RU486 in protocolli e linee guida regionali. Inoltre, la pillola a cui le
L’insufficienza di opzioni per molte donne di quella regione ha portato l’Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, o A.I.E.D., che svolge servizi ambulatoriali per questioni di salute femminile, a provvedere da sola. Una volta alla settimana manda dottori che praticano aborti ad Ascoli Piceno, nell’italia centro orientale, da città lontane come Milano o Roma. L’ospedale cittadino non ha alcun ginecologo che pratica interruzioni volontarie di gravidanza.
Bendetta ha visitato diversi centri prima di trovare i dottori dell’ A.I.E.D. ad Ascoli Piceno. Una donna di 39 anni, già madre di una figlia di 18 e non nella posizione di avere altri figli, ha girato per due ospedali nelle Marche prima di trovare un dottore dell’A.I.E.D.
“Ho pianto per tutto il tempo dell’intervento ed oltre”, ha detto, chiedendomi di non usare il suo nome per preservare la sua privacy. “E mi sento ancora una buona cattolica”
In una nazione a predominanza cattolica il senso di colpa per le donne che abortiscono è ancora molto forte, come riportano dottori e operatori sociali di Ascoli Piceno.
“E viene reso ancora più difficile da policy sbagliate” ha detto Laura Olimpi, pediatra e presidente dell’A.I.E.D. di Ascoli Piceno. “Non vi è l’intenzione di fare qualcosa per ridurre questo fenomeno in nome della salute delle donne”.
Papa Francesco ha annunciato che tutti i preti della Chiesa Cattolica hanno la possibilità di assolvere per il “peccato di aborto” durante l’anno del Giubileo, che è iniziato in dicembre. Senza cambiare l’orientamento della chiesa sulla questione, Francesco ha descritto “la cicatrice di questa decisione piena di dolore” nel cuore di molte donne che ha incontrato.
Per alcune donne le sue parole son state una fonte di consolazione nel labirinto emozionale e terapeutico che han dovuto affrontare.
“La prima cosa che ho pensato quando l’ho sentito è stato ‘Bene, finalmente qualcuno mi assolverà’” ha detto la trentottenne madre di due bambini adottati che ha deciso, senza che lo sapesse il marito, di abortire per ragioni economiche e personali. Ha viaggiato per più di 50 km, o 31 miglia, per ottenere l’intervento.
“Non era il momento giusto e lo sapevo” ha detto riguardo all’avere un figlio. “Chi sono loro per giudicarmi?”
(Cliccando qui potete trovare l’articolo originale)
Jenny