Le uscite di qua, le altre uscite di là, il giubbetto sotto, lo gonfiate così, le maschere per l'ossigeno che saltano fuori come gli scherzi di carnevale...
Ecco. Le maschere per l'ossigeno. Pensateci un'attimo. Gli assistenti dicono sempre qualcosa del genere: indossate prima la vostra maschera e solo dopo prestate soccorso a chi è in difficoltà.
C'è una logica in questo. C'è una logica che va oltre l'amore materno, di coppia o l'istinto di fratellanza.
C'è una logica legata all'ancestrale istinto di sopravvivenza. E c'è una logica legata semplicemente alla logica secondo cui se noi che stiamo bene, durante una situazione di emergenza, non tuteliamo innanzitutto noi stessi, rischiamo di non riuscire a prenderci cura in nessun modo di chi è in difficoltà.
Avrei dovuto pensarci lunedì pomeriggio.
Avrei dovuto pensarci quando, dopo aver recuperato Princi dall'asilo ed essermi completamente infradiciata, invece di prendermi cura di innanzitutto di me, ho pensato a sistemare lei, che d'altronde era perfettamente asciutta, ho pensato a preparare il caffè per il maritino e ho pensato a scaricare la lavatrice.
Avrei potuto pensarci quando finalmente ho deciso di togliermi abiti, scarpe e calze fradici e ho sentito quel friccicorino in fondo alla gola che mi avvertiva che qualcosa stava cambiando nel mio stato di salute.
Avrei potuto pensarci anche nei due/tre giorni successivi, quando il friccicorino si è trasformato in una tosse squassante e a poco sono serviti lo sciroppo per la tosse o l'actigrip. Avrei potuto, appunto... ma a che sarebbe servito, a quel punto?
Ci ho pensato questo pomeriggio. Quando ho iniziato a sentire la prima tonsilla dolorante.
Ci ho pensato e mi sono insultata ben bene.
Non infierite quindi.
E pensatemi, stasera, quando prenderò l'antibiotico.
Foto presa qui