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SUNDAY POST. La folla del Pd ma l’Italia non si schioda

Creato il 12 dicembre 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
SUNDAY POST. La folla del Pd ma l’Italia non si schioda Era stata annunciata come una manifestazione della “massa” pidina e tanto è stata. Piazza San Giovanni piena è un bel risultato in termini organizzativi e di residua capacità di attrazione, quella che resta ai manovratori del Partito Democratico in piena era berlusconiana. Il problema secondo noi non è “rottamare” la classe dirigente che in questo momento sta governando il Pd, un po’ perché quello che dovrebbe farlo, il Renzi da Firenze non ci è mai piaciuto, non ci piace, non ci piacerà mai (quel poco di simpatia se n’è andata dopo il pellegrinaggio ad Arcore), è quello semmai è quello di far capire a questa classe dirigente che il loro compito è finito, che i tempi sono cambiati e che le loro facce iniziano ad essere come quella di Andreotti, figlie di un mondo vecchio, arcaico, desueto. Avendo nelle ossa il “senso dell’apparato” più che dello Stato, i vari D’Alema, Veltroni, Fassino, Violante e compagnia cantando, in un contesto sociale che volesse davvero mettere le mani su un’Italia putrefatta dopo la cura di Silvio, dovrebbero avere la decenza di farsi da parte, ma per fare posto a chi? A cosa? A quale teoria? A quale senso della collettività? A quale regime? A quali sensibilità? Il punto fermo nel momento peggiore della storia di questo paese è: chi dopo Berlusconi? Non ci sentiamo di rispondere chi, ma forse “cosa” sì. Occorrerebbe qualcuno che in pochissimo tempo togliesse di mezzo il berlusconismo, quel cancro chiamato “logica del profitto” che ha ridotto in povertà un paese tutto sommato solido, fatto fuori il ceto medio, intaccato il medio alto e costretto la Caritas ad aprire nuove mense. Occorrerebbe qualcuno che avesse il senso dello Stato inteso come “bene di tutti noi” e non di una casta, di clan, di amici degli amici. Occorrerebbe qualcuno che fosse in grado di ridisegnare una prospettiva partendo dal rispetto delle regole in attesa di cambiarle, di abbatterle, di modificarle. Vorremmo poter votare per qualcuno e non contro qualcuno, vorremmo poter scegliere le idee e non un campo dove giochino solo gli altri. Occorrerebbe qualcuno che comprendesse appieno cosa significa “cultura” perché di mezze seghe e di intellettuali “organici” ne abbiamo piene le palle. Vorremmo che la parola “precario” non diventasse un mestiere e anche che la Divina Commedia si trasformasse al’improvviso in pane...per la mente ma sempre di pane si tratta. Vorremmo qualcuno che sapesse che questo paese ha il 78 per cento del patrimonio culturale mondiale e non lo mandasse in frantumi. Vorremmo, ma sappiamo che è impossibile, poterci alzare la mattina ed essere convinti di trovarci in un posto che ci rispetti per quello che siamo e non per quello che “contiamo”. Il discorso sarebbe lunghissimo e di analisi occorrerebbe farne a decine ma siamo sempre più convinti che o questo paese smette di farsi rappresentare dai portavoce dei poteri “altri” che si chiamano Fini, Casini, Bondi, Tremonti, Bossi, Bersani, D’Alema, Veltroni, Binetti, Rutelli, Di Pietro sottobraccio a Capezzone e via dicendo, o non ne verrà fuori mai. Per cui, alla fine, non ne verremo fuori mai e auguri a Fini (quanti amici pirla gli credono!) che sta trattando ancora con Berlusconi. Così funziona.

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