Super 8. C'era un ragazzo che come me, "amava Spielberg e i Rolling Stones"...

Creato il 07 agosto 2012 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1

Siamo in Ohio e a far da sfondo un mondo sul finire degli anni '70. Un gruppo di ragazzini con una sfrenata passione per il cinema horror decide di partecipare a un festival, realizzando un film con una "Super 8". L'avventura scritta e diretta da J.J. Abrams inizia nei pressi di una stazione ferroviaria. Proprio mentre i piccoli cineasti girano le loro scene, si ritrovano ad assistere a qualcosa che ha dell'inverosimile...
Il nome di Abrams non rimanda nell'immediato a quello di un "regista" dalla filmografia calcata, anzi. Dietro la macchina il newyorkese ha firmato solamente tre pellicole, tutte piuttosto recenti, Mission Impossible III (2006), Star Trek (2009) e Super 8 (2011). Come spesso accade però, la carriera di un personaggio che sa far parlare di sé ad "Hollywood" non si limita solamente alla direzione di un film. Il nostro regista vanta infatti di un curriculum davvero invitante, considerata la sua fama di sceneggiatore, produttore, attore nonché compositore. Niente male direi. Giusto per citare un paio di titoli, Abrams ha scritto la sceneggiatura di Armaggedon-Giudizio finale (1998) e ha composto le sigle per le serie Alias, Felicity, Fringe e la sigla di Lost. Primo grande successo arriva con la regia e la sceneggiatura dell'episodio pilota, proprio di Lost, di cui è co-ideatore.
Tornando al film di oggi, Super 8 ha tutto quel che serve per poter parlare di uno splendido omaggio al cinema di Spielberg. Il mestro della Fantascienza ha infatti cosparso bene i suoi insegnamenti, tanto da tirar fuori un Abrams che oggi può permettersi persino un pezzo in piena sintonia con la poetica e lo stile di uno che da solo, "ha fatto un genere". E dico questo perché finito di vedere questo Super 8 la nostalgia e quelle sensazioni che ti esplodevano dentro quando avevi dodici anni hanno preso il sopravvento...

Poche macchine per le strade, ad occupare la scena quelle memorabili BMX e l'inconfondibile rumore delle pedalate più belle della nostra vita, quelle dell'adolescenza. Gli sguardi rivolti al cielo nelle sere d'estate e la speranza di veder qualcosa che prima o poi da lassù sarebbe sceso, a prenderci e magari anche a portarci in un altro pianeta. Perché questo si sognava quando avevamo dodici anni, sognavamo di accompagnare sulla luna un amico ExtraTerrestre, con la nostra bicicletta...oppure di nascondercelo sotto il letto.
Questo è quello che è riuscito a fare Spielberg, e sono d'accordo. Ma sfido chiunque a vedere Super 8 (che tra parentesi è prodotto dallo stesso Spielberg) senza avere l'incredibile sensazione di assistere a uno dei più riusciti omaggi a "quel cinema lì". La differenza con un E.T. o con Incontri ravvicinati del terzo tipo è che nella visione di Abrams non c'è lo spirito fanciullesco e quell'ottimismo velato d'ingenuità  sembra aver abbandonato anche i ragazzi, alle prese con un mondo abitato da mostri e da "mostri" vestiti da uomini. Quel che arriva dal "cielo" non porta messaggi di speranza, perché gli uomini sbagliano e i loro errori non meritano clemenza.

Non c'è Barry ad abbracciare la propria madre, qui c'è Joe, solo con un padre assente e rapito dal lavoro di vice sceriffo. C'è Alice, una splendida Elle Fanning, l'attrice protagonista del film fatto con gli amici. Anche lei senza madre, andata via non si sa per quale motivo, alle prese con un padre alcolizzato.
Dunque la visione di Abrams vuole essere più matura, nonostante il lieto fine che tanto piace al nostro Spielberg, in Super 8 non manca mai l'occasione per poter riflettere su quanto di terribile e incomprensibile gli uomini possano arrivare a fare.
Il finale scelto da Abrams in questo senso è significativo, alla maturità del regista viene sovrapposta l'ingenuità e l'ironia dei piccoli cineasti, i quali sigillano il film di cui sono stati protagonisti con il loro splendido debutto cinematografico in Super 8.

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