SUPERACCELERAZIONI NELL’INIFITAMENTE PICCOLO | Il Cern di Ginevra inaugura un nuovo ciclo di collisioni

Creato il 21 giugno 2015 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia

di Cecily P. Flinn

Sono in molti a definire il Superacceleratore Lhc del Cern (l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare) il più grande strumento scientifico realizzato dall’uomo, uno strumento perfettibile che va potenziandosi e ottimizzandosi di anno in anno, un’arma potentissima brandita dall’eroica audacia dell’umana conoscenza. Nel giugno 2015 il Superacceleratore – come hanno riportato a gran voce i media di tutto il mondo – è entrato in una nuova fase operativa raddoppiando l’energia impressa ai protoni, con l’obiettivo di innescare collisioni di altissima entità. A soli tre anni di distanza dall’identificazione dell’ormai celebre “bosone di Higgs” ora i ricercatori del’avveniristico laboratorio sotterraneo ginevrino hanno aperto la caccia a nuove misteriose sfuggenti microparticelle.

A visualization of proton-proton collision events recorded by the Large Hadron Collider’s (LHC) Compact Muon Solenoid (CMS) detector at the European Organization for Nuclear Research (CERN)

Lhc sta per “Large Hadron Collider”, ed è un lunghissimo tunnel circolare installato nel sottosuolo a oltre 100 metri di profondità, con un diametro di 8.6 km per una lunghezza complessiva di ben 27 km. Nell’anello gli scienziati sono in grado di ricreare le condizioni fisiche del vuoto, con valori più bassi di quelli dello spazio siderale, ed è in questo vuoto che viene indotta l’interazione tra i protoni. All’interno dell’anello i protoni subiscono per l’appunto un’accelerazione, vengono cioè “sparati” e fatti scontrare, il tutto sotto l’obiettivo voyeuristico di quattro sofisticati rivelatori che fotografano le collisioni e immagazzinano dati e ogni sorta di osservazioni. Nel Large Hadron Collider si verificano circa un miliardo di collisioni al secondo. I protoni – divisi in due distinti fasci che viaggiano in opposte direzioni – subiscono un’accelerazione pari al 99,9% della velocità della luce. Gli esperimenti attualmente in corso imprimono ai protoni un’energia pari a 13 teraelettronvolt (TeV), esattamente il doppio di quella impiegata precedentemente. Questi numeri astronomici (mai parola fu più appropriata) dicono poco o nulla al profano, ma certo contribuiscono a rendere l’idea. Sotto sotto però la domanda è una sola: cosa stanno cercando i superscienziati del Cern? Quale mistero cosmico stanno tentando di svelare? Su quale buio stanno facendo luce?

Si è parlato impropriamente di “particella di Dio”, ma il mistero risiede tutto nel cuore complesso della materia (nelle invisibili particelle che la compongono). Stando alle stime diffuse pare che la scienza contemporanea conosca solo il 4% dell’intima struttura e natura del cosmo (ed è sul restante 96% che si stanno concentrando gli esperimenti avveniristici del Cern), ed è come dire che sappiamo poco o nulla di quello che ci circonda, solo pochi sparuti tasselli, davvero troppo pochi per comporre e comprendere il quadro d’insieme. L’universo è formato prevalentemente da quelle che abbiamo significativamente definito materia oscura e energia oscura (o antimateria o energia invisibile). La chiave sembra nascondersi nella relazione problematica tra energia e materia, ed è in questo territorio oscuro che il Cern sta puntando il suo raggio luminoso; le potentissime esplosioni all’interno dell’anello tentano di simulare le condizioni del Big Bang, e ora, dando maggiore energia ai protoni, i ricercatori sperano di ottenere dalle collisioni dei frammenti con una massa maggiore. Detto in parole più semplici, la speranza è quella di poter individuare microparticelle sconosciute.  Gli esperimenti sono in corso, ma come è facile dedurre ci vorranno anni, forse decenni, prima di poter pervenire a una qualche risposta.

L’infinitamente piccolo è per la quasi totalità inaccessibile come lo è l’infinitamente grande. Da un verso come nell’altro ci sono distanze (troppo ravvicinate o troppo dilatate) che non possiamo coprire, almeno con gli strumenti di cui disponiamo finora. Le due dimensioni (il micro e il macro) – noi siamo emblematicamente nel mezzo – sotto molti aspetti si equivalgono, sono i due estremi in cui si divide e si rispecchia la vita, ciò che esiste (esisteva ed esisterà) nella curva dello spazio-tempo. Fa un certo effetto considerare che questi esperimenti cosmici si verifichino sotto terra, e che questi piccoli Big Bang non vedano mai il cielo, ma per questioni legate alla sicurezza si è scelto di operare con ogni possibile cautela. Il Superacceleratore – orgoglio della più avanzata tecnologia umana e misura di quanto la nostra curiosità possa arrivare a spingersi – ci permette di intravedere nell’invisibile e dischiudere via via nuove frontiere della fisica al fine di decifrare sempre più informazioni sulla struttura sottesa alla materia. Non siamo che ai primi timidi passi ma, come dice il grande astrofisico Stephen Hawking “Per la scienza è solo questione di tempo”.

Cecily P. Flinn


Cover Amedit n° 23 – Giugno 2015 “Il ragazzo dagli occhi di cielo” by Iano

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