Alla Game Developers Conference, il game designer di SUPERHOT, Piotr Iwaniki, ha parlato del processo creativo che ha portato allo sviluppo di uno dei più sorprendenti indie di inizio 2016.
Nato dal prototipo 7days FPS, sviluppato in due settimane di lavoro di dieci persone in una gamejam nel 2013, SUPERHOT è diventato - grazie anche a una riuscitissima campagna di crowdfunding su Kickstarter - un serissimo candidato al podio nella classifica dei giochi dell'anno 2016, pur essendo uscito appena lo scorso 25 febbraio. Siccome evidentemente si tratta di un gioco precoce e voglioso di lasciare un segno, già alla GDC di San Francisco il game designer di SUPERHOT Piotr Iwaniki ha tenuto un galvanizzante pseudo-postmortem, nel quale ha raccontato (sbracciandosi come neanche il buon Stan di Monkey Island) i punti che hanno reso la creatura del suo team un folgorante instant classic.
Chi è in controllo?
Per chi non lo sapesse, SUPERHOT è uno sparatutto in prima persona in cui il concetto principale è " Time moves only when you move", ovvero "il tempo si muove quando il giocatore si muove". Questo, secondo molti, lo rende un puzzle game, sebbene per stessa ammissione di Piotr si tratti di un gioco basato sul flow, sulla fluidità di movimento e sulla velocità di reazione e di azione. Una volontà, quella di puntare sull'immediatezza e sulla risposta immediata, avvalorata anche dall'interfaccia minimale, che non mette in scena texture e grafica d'avanguardia ma bensì sfrutta tre colori per rendere tutto leggibile fin dal primo sguardo.
Così come il level design è pensato per valorizzare la spettacolarità del flow, dell'azione coreografica estremamente fluida e sinuosa che solitamente viene portata nei videogiochi attraverso i quick time event, o attraverso delle cutscene negli sparatutto in prima persona più tradizionali. Per altro, il level design così chiuso e incentrato sull'azione spiega perché, di fatto, in SUPERHOT non ci sia esplorazione: con degli ambienti più grandi si sarebbe dovuta rivoluzionare la meccanica del movimento, che funziona proprio perché il tempo va avanti solo quando ci si muove, permettendo di schivare i proiettili, raccogliere le armi e, sostanzialmente, sopravvivere. Che poi è l'unica cosa che conta. Anche perché, come fa notare lo stesso Piotr, sparare in SUPERHOT è la cosa meno figa: tutti possono sparare, mentre solo il giocatore può muoversi come un provetto Neo, lanciando la pistola in faccia alla prima sagoma rossa che passa per raccoglierne l'arma e finirlo con un colpo in faccia... in effetti, lo stile è l'unica cosa che conta.
Senza contare poi che, come spesso accade nelle grandi opere, è l'immaginazione che riempie i vuoti: proprio come nei classici roguelike in ASCII, in cui una lettera bianca su sfondo nero può rappresentare letteralmente qualsiasi cosa -dalla risorsa più preziosa al mostro più pericoloso- il design pratico di SUPERHOT è sì molto leggibile e immediato, ma lascia spazio a molti vuoti che vengono prontamente riempiti nelle maniere più cool. Là dove la logica vedrebbe una semplice camera capsule per la visuale e un sistema di gestione delle collisioni, il nostro cervello ci vede saltare un tavolo da biliardo con un movimento arioso e spettacolare, una scena super coreografica uscita per direttissima da film di John Woo. Il potere della mente! Lo stesso discorso vale anche per quanto riguarda la valorizzazione di un'intelligenza artificiale dei nemici, che è semplice ma estremamente reattiva. I nemici, in effetti, una volta colpiti esplodono nei modi più bizzarri, ma con uno stile così minimale e caratteristico l'effetto è sempre pazzesco.
Dal punto di vista pratico, inoltre, SUPERHOT per certi versi funziona come un gioco mobile: propone diversi eventi "indipendenti", condensatissimi, pensati per tenerci incollati allo schermo in brevi periodi di tempo. SUPERHOT è concepito per tenerci sempre in tensione e ci lascia l'idea di essere sempre in controllo della situazione... anche perché il team di sviluppo ha notato che, quando lo sviluppatore prende il controllo della situazione in un gioco così fluido e ritmato, di solito si finisce per rovinare il flusso di azione con filmati e altre amenità, finendo per fare arrabbiare molto il pubblico su forum e board varie.
D'altronde, SUPERHOT è un gioco nel gioco che si vanta di dare al suo pubblico quello che vuole, di dare una droga alla sua vittima, di instaurare un rapporto malsano con la propria preda fino a portarla alla conclusione inevitabile, in cui noi stessi diventiamo degli spambot insopportabili almeno quanto quelli degli idle game, dei giochini free to play e delle notifiche fastidiose che infestano il nostro smartphone ricordandoci di giocare e di dare una dose anche ai nostri amici più cari. Sharing is caring!
Prima di concludere, Piotr ci ha svelato un piccolo segreto dietro alla conclusione dei vari quadri che compongono il gioco: avete notato che uccisa l'ultima sagoma rossa del livello il nostro personaggio lancia via l'arma? Beh, è praticamente l'equivalente del "mic drop", come a sottolineare la propria galvanizzante performance. Un'idea semplice, curiosa e allo stesso tempo geniale, proprio come SUPERHOT nella sua interezza. SUPER. HOT. SUPER. HOT. SUPER. HOT.
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