Speciale: Superman: speciale 75° anniversario
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Parte II – Superman secondo Bryan Singer
Il successo dei film sui supereroi Marvel (e non solo, basta pensare al Batman di Burton e oltre) riporta all’attenzione cinematografica anche il re dei supereroi. Ma i problemi e le indecisioni sono tante, le circostanze cambiano continuamente e le ipotesi si accavallano. C’è stato un periodo in cui pareva certo un progetto con Nicolas Cage nel ruolo dell’Uomo d’Acciaio (vi lascio immaginare: il regista avrebbe dovuto essere Tim Burton, comunque). Alla fine, dopo circa dieci anni di “development hell”, gli sforzi si coagulano grazie al nome garanzia di Bryan Singer, che ha ottenuto un grande successo con la versione filmica degli X-Men.
Singer si pone in una linea di continuità con la serie precedente, quella con Christopher Reeve, al punto da recuperarne anche la contagiosa sigla musicale di John Williams, oltre a qualche riflesso di Marlon Brando nel ruolo di Jor-El. Quello che cambia in primo luogo è il tono, al passo – almeno così si pensa – con i nuovi tempi. Perché trasformare un supereroe solare e positivo come Superman, portatore di valori morali conclamati («truth, justice and the american way», va be’…), in qualcosa di cupo e tormentato? La risposta sta appunto nei tempi, che ormai non consentono più alcuna speranza, evidentemente, nemmeno nei supereroi, che devono essere tutti amletici, problematici e pieni di dubbi. Questo nei casi migliori: negli altri sono psicopatici, farabutti, esibizionisti (e ti credo, con quel profluvio di calzamaglie attillate) e via dicendo. Come ho già detto, continuo a preferire L’Uomo Mascherato. Ma comunque prendiamo quel che viene.
Luthor (Kevin Spacey), uscito di galera perché Superman non è andato a testimoniare (era fuori sede, come abbiamo visto), ha un piano criminale e c’è lui dietro al black-out. Il suo piano è quello di creare un nuovo continente grazie al potere dei cristalli kryptoniani opportunamente trafugati nella Fortezza della Solitudine di Superman. La creazione del continente causerebbe la distruzione di gran parte del Nord America, ma questo è un dettaglio che, lungi dal preoccupare Luthor, in fondo lo stimola. Lois Lane scopre assai facilmente che c’è Luthor dietro il complotto e questo è già un dettaglio che appare poco credibile: come può un giornalista con solo qualche telefonata scoprire una cosa del genere quando, si presume, polizia e FBI stanno tentando inutilmente di farlo da giorni? Secondo dettaglio poco credibile: può una madre, sia pure giornalista, introdursi di nascosto nella casa-barca del presunto responsabile del
Ogni tanto ritorna il sottotesto messianico con Jor-El che sembra aver mandato Superman sulla Terra per salvare i terrestri. Questo però è un travisamento populista melodrammatico della realtà dei fatti come, con tutta semplicità e notevole efficacia narrativa, erano stati presentati nel fumetto sin dall’inizio. Superman non è un Salvatore, ma semmai un salvato. In sostanza, è un immigrato giunto sulla Terra per salvarsi da una situazione disastrosa nel paese d’origine, come un qualunque profugo. Jor-El l’ha mandato via per salvarlo, non perché salvasse altri. Solo che adesso le cose semplici e logiche non bastano più e bisogna complicarle con aloni mistici di dubbia congruità. Inoltre, un’altra cosa mi sfugge: se Superman è tale perché è capitato su un sistema solare con un sole giallo ed è per questo che ha i suoi super poteri, com’è che li mantiene ovunque vada? Poiché è stato via cinque anni per vedere i resti di Krypton, questi resti erano dentro o fuori il sistema solare? Se erano dentro, è credibile che solo Superman e non un milione di astronomi terrestri li abbiano visti? Peraltro, è comunque interessante che Superman si renda conto della globalità della sua missione e della responsabilità che gli dà l’avere i super poteri: questo richiama in parte la premessa di Superman IV, anche se non arriva al punto da riprenderne lo spunto totalitario.
Brandon Routh (“memorabile” anche come Dylan Dog) è un Superman solo relativamente carismatico, con un’aria un po’ troppo da furbetto, mentre come Clark Kent è meno goffo e pasticcione di Christopher Reeve, ma sostanzialmente incolore. Difficile capire perché un direttore di giornale dovrebbe dare un posto a una nullità come lui. Kate Bosworth è forse la più bella tra le Lois Lane del grande schermo (Teri Hatcher a parte, quindi), ma il suo ruolo e la sua recitazione sono troppo da soap-opera per convincere del tutto. Parker Posey è una partner di Luthor fin troppo caricaturale e priva di vero significato narrativo se non come malinteso “comic relief”. Frank Langella è un Perry White meramente funzionale, con ben poco da fare, mentre James Marsden è un classico “magazine husband” di pura facciata. Interessante da notare la presenza di Noel Neill, la vecchia Lois Lane dei serial, in un piccolo ruolo.
Il film è dedicato con amore e rispetto a Christopher e Dana Reeve. E su questo siamo tutti d’accordo.
Parte III – L’uomo d’acciaio
Sul pianeta Krypton è vietato mettere al mondo i figli in modo naturale. Bisogna seguire un particolare protocollo che – tramite il cosiddetto Codice – perfeziona il patrimonio genetico dei nascituri in modo da determinarne il destino e il ruolo sociale. L’eminente scienziato Jor-El (Russell Crowe) fa invece nascere in modo naturale suo figlio Kal-El, in dispregio a leggi che non condivide. Sapendo inoltre che lo sfruttamento intensivo delle fonti energetiche ha reso instabile il pianeta rendendolo prossimo alla distruzione, Jor-El chiede al Consiglio il Codice (genetico) per salvare la razza kryptoniana e farla sopravvivere in altri pianeti più ospitali. Il crudele generale Zod (Michael Shannon), però, prende per sé il potere esautorando il Consiglio con la forza, stufo degli interminabili – secondo lui – dibattiti che hanno condotto il pianeta alla fine. Imprigionato da Zod, Jor-El si libera e, mentre il pianeta collassa, si impadronisce del Codice, carica Kal-El a bordo di una navicella spaziale e lo manda nello spazio verso il pianeta individuato come più adatto, la Terra. Zod, furente, uccide Jor-El, ma ormai è tardi per fermare la navicella. Catturato dalle forze lealiste, Zod è condannato alla Zona Fantasma, ma giura vendetta a Lara, moglie di Jor-El: troverà Kal-El ovunque sia finito.
La natura messianica di Superman non viene mai messa in evidenza quanto in questo film. A lungo Clark resta nascosto tra gli uomini ed emerge solo quando è un uomo maturo (non c’è spazio per Superboy in questo “universo”) e lo fa per dare guida e speranza agli uomini, che senza di lui sarebbero perduti. Il film si prende quindi molto sul serio ed evita ogni concessione alla commedia per perseguire una linea quanto più realistica e drammatica.
Ogni cosa è raccontata prendendo il tempo ritenuto giusto, senza fretta. Il ritmo è piuttosto languido e i concetti ripetuti perché entrino bene in testa. Il problema principale è che Superman, come personaggio, è piuttosto conosciuto, mentre un reboot come questo comporta la necessità di raccontare di nuovo tutto, origini comprese. Questo viene fatto senza troppe scorciatoie e perciò si arriva comodamente a occupare la prima ora di film con cose ben note, se non ai più, a molti.
Un punto debole della storia è che, a meno che io non sia stato distratto, non spiega perché mai Zod abbia voluto portare anche Lois nella sua astronave. Dal punto di vista narrativo è uno snodo importante perché è proprio la presenza di Lois (con la micro-S) a permettere a Jor-El di rivelarle il segreto per battere i kryptoniani e a liberarla perché torni a terra. Se Lois non fosse salita sull’astronave questo non sarebbe stato possibile. Chiaramente, Zod potrebbe essere stato interessato ad avere Lois con lui perché sa che lei è importante per Superman, ma è un motivo un po’ debole: avrebbe potuto prenderla in qualsiasi (altro) momento.
Superman non viene mai chiamato così se non quando manca poco più di mezz’ora alla fine (e sono i soldati a battezzarlo così) e il tema della doppia identità viene totalmente bypassato. Il che non è nemmeno un male, soprattutto se vogliamo tener fede alla visione messianica. Il messia rivelato non mantiene una identità segreta. Le cose, inoltre, non sono mai facili per Superman: ogni vittoria è da conquistarsi con fatica, con difficoltà. Anche la fiducia e l’appoggio dei terrestri non sono scontati. Il consenso e la semplicità d’azione che caratterizzavano il Superman dei serial, dei telefilm e dei primi film sono lontani. Tutto va conquistato attraverso sofferenza e spirito di sacrificio.
Gli effetti speciali sono sontuosi e garantiscono uno spettacolo di prima qualità. La quantità di distruzioni è imponente e mantenuta su un buon livello di realismo, stile film catastrofico. La lotta finale è, alla vecchia maniera, risolta prevalentemente a sganassoni tra superesseri, ma resa in modo tale da essere verosimile quanto più possibile. Il look alieno sa un po’ già visto, ma alcuni dettagli sono esteticamente interessanti, come i velivoli a forma di moscone. Zack Snyder è interessato soprattutto a mantenere il pathos del racconto, a non lasciare mai che le digressioni debordino e rovinino la compattezza drammatica degli eventi. E, soprattutto, a evitare come la peste che tocchi di commedia possano ridurre l’impatto degli avvenimenti. Un atteggiamento, quindi, del tutto diverso da quello di Lester e, in fondo, anche da quello di Donner che, pur privilegiando la magniloquenza (evitata, per quanto possibile, da Snyder), apriva a larghi brani di commedia, se non proprio di “comic relief”.
Co-prodotto da Christopher Nolan e scritto da lui e da David S. Goyer, il pedigree del film è quindi garantito. Il successo arriva e gli incassi (2) fanno pensare che questo possa essere l’inizio di una nuova serie. Vedremo.
Note
- L’incasso lordo mondiale è di circa 391 milioni di dollari, ma il budget è di ben 270 milioni di dollari: tenete presente che degli incassi lordi alla produzione resta in genere meno della metà [↩]
- Al momento in cui scrivo, l’incasso lordo mondiale è intorno ai 650 milioni di dollari lordi, a fronte di un budget di 225 milioni [↩]
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