Alcune persone ci restano impresse per la loro capacità di mantenere le distanze e di escluderci da ogni comunicazione. Sono perlopiù colleghi che amano celarsi dietro a una sorta di superomismo. Al loro comparire, hanno la capacità di ingenerare nei presenti un silenzio di rispetto come se, in fondo, di fronte a loro ci si sentisse come di fronte a degli esseri divini.
Non parlano mai con nessuno, non salutano nemmeno quando incontrano a un metro di distanza , e non importa se tu sei più giovane o più vecchio, più esperto o meno esperto di loro; non è nemmeno una questione di ‘lunaticità’: loro si sentono superiori a tutti, e basta.
Senonchè, quando sono toccati sul vivo da alcuni problemi che scoprono di poter condividere con il gruppo di colleghi, forse (ma solo forse!) iniziano a scendere dal loro fulgido piedistallo e, nell’esatto momento in cui si avvicinano e cercano il contatto umano, a noi poveri mortali capita di renderci conto che quell’aurea divina da saccente cela in realtà un’obruta (scusatemi il termine, ma proprio è così!) dicevo un’obruta grettezza.
Eh sì, perchè in fondo credo che ci voglia molta più intelligenza a confrontarsi con gli altri, specie quando sono antipatici ed hanno opinioni diverse dalle nostre, che stare soli nella propria bolla di sapone, convinti che tutto il resto sia niente. Certo, il sapersi mettere a confronto con gli altri richiede la grande umiltà di accettare che vengano posti in luce i propri difetti…
Credo fermamente che si imaara (e non uso il congiuntivo perchè per me è una certezza!) si impara solo dagli altri, e si impara solo condividendo con gli altri ciò che si sa. Non certamente nascondendo il proprio sapere ( specie se presunto) dentro a un’ostile barattolo di vetro a chiusura ermetica impossibile da servire con salsa simpatia.