Piero Angela ci coinvolge nella storia di questo incontro/scontro tra due civiltà completamente diverse, con l’aiuto di una docufiction (“Guerrieri: Cortés” – prodotto dalla BBC), interviste, effetti speciali che danno un ritmo narrativo trascinante, grazie anche alle ricostruzioni grafiche di palazzi e i templi così come esistevano al momento della conquista spagnola.
Una vera occasione di immersione nel passato, quando Cortés, nel ‘500, a capo di un piccolo esercito, invase l’attuale Messico, con la missione di portare la croce cristiana, i simboli del regno spagnolo ma, soprattutto, deciso a sottomettere l’imperatore azteco Montezuma e a portar via tutto l’oro possibile. Un’impresa non facile, per tante ragioni.
Gli spagnoli erano pochi, appesantiti dagli armamenti, il clima ostile, il terreno pieno di paludi dove gli attacchi a sorpresa potevano arrivare da un momento all’altro. Ma, Cortes è forte e determinato a non tornare indietro perché davanti c’è l’oro, molto oro. Marcia verso l’avversario, fatica a capire la lingua, ma trova un’interprete, che svolgerà il ruolo di amante, dandogli un figlio ma soprattutto farà da ponte con gli usi e la cultura del suo popolo.
Gli spagnoli si trovarono di fronte alla capitale più grande d’Europa, metropoli immensa con milioni di abitanti, concentrato di edifici, chiese, baracche, strade, negozi, ponti, canali e persone. Non una tribù, ma una società ben organizzata. Ammutoliti e increduli optano per la diplomazia e chiedono un’incontro con l’imperatore. Hanno la fama di guerrieri invincibili, considerati quasi degli inviati degli dei, secondo una profezia della religione azteca. Montezuma li ospita, trattandoli con importanza, riserva loro un grande onore, salire sulla piramide del sole, nell’immensa area dove risiedono gli dei, una grossa pietra è destinata al sacrificio umano, il cuore viene strappato e offerto agli dei.
Il piano di Cortes sembra funzionare, si è accattivato la fiducia di Montezuma, quindi la sottomissione sarà facile e impadronirsi dell’oro ancora di più.
All’interno del palazzo scopre la stanza del tesoro, cattura Montezuma e lo usa come ostaggio per frenare la reazione del popolo, questa mossa gli permette di ricattare gli atzechi. Si fa consegnare tutti gli oggetti in oro, che vengono trasformati in lingotti, adatti al trasporto. Poco importa se con ciò vengono distrutte le testimonianze dei loro usi e l’arte, l’oro va fuso perché è il suo peso il valore. La cattedrale di Siviglia è stata realizzata con l’oro sottratto al Messico, in nome di Dio non si esita a depredare. Ogni oggetto, paga la guerra contro la Francia, arricchisce i nobili spagnoli e abbellisce gli altari.
L’imperatore si rassegna, il popolo si ribella, lo scontro è violento, su tutto incombe un senso di morte, poi Montezuma viene ucciso, come traditore, lasciando Cortes in gravi difficoltà. E’ chiuso all’interno della città, senza l’ostaggio e deve portare fuori l’oro.
Tuttavia gli spagnoli avevano molti elementi a favore: migliori armi, i cavalli con cui effettuare le cariche, animali mai visti dagli aztechi che utilizzavano armi rudimentali, ma, che erano decisi a sconfiggere quel nemico che gli aveva occupato casa. Costruiscono un ponte e la battaglia segna un punto a favore degli atzechi, gravi le perite dell’eserciro spagnolo.
Cortes è governatore della “Nuova Spagna”, è ricchissimo e tutto diventa storia.
La storia, che conosciamo, quella scritta dai vincitori, quella che tralascia la versione degli sconfitti. Vincitori e vinti che si rinnovano nella storia di ieri e di oggi, solo i nomi cambiano, oggi l’oro si chiama petrolio, ma questa è un ‘altra storia…