“5 storie di ordinaria follia: un uomo che durante tutto il film uccide continuamente la moglie, la seppellisce nel bosco e tornato a casa la trova viva e vegeta ingaggiando una lotta all’ultimo sangue. Un trio di ladri di cui 2 di loro si scoprono gay. Un uomo che, portando la famiglia ad uno show, viene ipnotizzato irrimediabilmente e crederà di essere un uccello. Un pubblicitario che passa il tempo a immaginare bizzarre scenette per i suoi spot. Due assassini di professione, di cui uno ossessionato dalla funzione che le vittime riconoscono alla propria vita”
Il fedele sceneggiatore Taku Tada disegna, è il caso di dirlo, una rosa di personaggi davvero originali e curiosi, caratterizzati da ossessioni e debolezze fondamentalmente umane, che nonostante la propria natura dai contorni fumettistici permettono allo spettatore un’identificazione diretta, complice di sventure e situazioni dai risvolti imprevedibili.
Sekiguchi lavora sul resto con una messa in scena di rara sensibilità cinefila, che attinge esplicitamente al rigore di Kubrick passando per i cromatismi esagerati del primo Almodovar; dai ridondanti dettagli scenografici di Wes Anderson all’ironia pop di John Waters. Il risultato, seppure fiaccato da un’evidente prolissità nella seconda parte, è intrigante ed appassionato: sembra di assistere ad un reboot apocrifo di Pulp Fiction, impreziosito di goliardia e depauperato dei dialoghi illuminati di Tarantino.
Di autentica genialità i caroselli visionari della commercial executive Yoko (la bravissima Kyôko Koizumi), perle di istantanea bizzarria che irrompono nelle già folli vicende dei cinque protagonisti.
Un’opera di innegabile valore, tra le più fresche e riuscite nella recente produzione nipponica, che lascia ben sperare in un giovane regista talentuoso e, cosa affatto scontata, genuinamente originale.