Piangere dalla paura e dalla tristezza per giorni e giorni.
Guardare i tg ininterrottamente e ringraziare dio che a noi è andata bene.
Tornare a casa, con un pò di paura.
E dopo due giorni tornare nuovamente dai miei in via definitiva, fino alla data del trasloco.
E di nuovo scosse, forti, lunghe, disarmanti.
Andare avanti e indietro a caricar scatoloni con la paura che da un momento all'altro si blocchi l'ascensore per una scossa.
Nel frattempo, finire i lavori nella casa nuova con un misto di gioia e di dolore.
Aver voluto lasciare la vecchia casa con uno spirito diverso.
Traslocare.
Sistemare.
Mettere a posto un pò di roba nei pochi momenti liberi ritagliati, tra gli asili chiusi, il lavoro, e la piccola malata.
Entrare nella casa nuova e non sentire più le scosse, come se fosse un nuovo inizio.
Pensare che purtroppo tanta gente non è così fortunata.
Riempire armadi, sistemare piatti e bicchieri, montare tende, impialare libri.
Vedere per puro caso un caro amico che non vedevi da tanto (una delle poche cose positive causate da questo terremoto), e uscirci una sera a bere vino come ai vecchi tempi.
E scoprire che i rapporti veri, sinceri, stretti, non li spezza niente e nessuno.
E volergli ancora più bene e pensare che ci vediamo troppo poco.
Vedere la distruzione e provare tanta rabbia e tanto dolore.
Vedere lo spirito di noi emiliani e provare tanto orgoglio.
Questo è più o meno tutto quello che è successo dalle 4.03 del 20 maggio 2012.
Una notte che doveva essere una normalissima notte di riposo, tra sabato e domenica,
quando uno và a letto un pò più tardi perchè la mattina può sonnecchiare un pò più a lungo.
C'era stata anche la notte bianca a Modena. Si era sentita musica fino a tardi.
Invece quella notte ha cambiato profondamente le nostre vite,
ha cambiato il nostro modo di rapportarci alla vita, ci ha psicologicamente tramortito.